In principio fu il magnare. Le sagre, appuntamento che certo era sempre stato molto seguito, iniziarono a diventare qualcosa di più. Divennero qualcosa di imprescindibile. A esse non si poteva mancare, e allora si moltiplicarono con nuove e nuove sigle e soluzioni fino a riempire tutti i vuoti rimasti, perlomeno nei mesi da Maggio fino a Novembre. Poi seguì la seconda fase: l’aumento esponenziale di appassionati delle manifestazioni folkloristiche. Anch’esse sono sempre esistite, ma mai seguite con l’interesse di adesso.
Con orgoglio abbiamo ospitato gli interventi del sempre ottimo Luca Trippi che ci ha raccontato in lungo e in largo il Palio dei Rioni di Castiglion Fiorentino, ma manifestazioni come la Maggiolata, l’Archidado e ovviamente il Saracino sono ormai divenute uno dei pezzi forti della stagione, con una presa fortissima specialmente sul pubblico più giovane. Tutti ormai girano col foulardino del rione/quartiere/quintiere/terziere, e se non hai il foulardino non sei nessuno: insomma, il folk tira, il folk è moda come mai prima
Perchè tutto questo?
Qualcuno me l’ha chiesto in questi giorni ponendomi il quesito in termini negativi, sostenendo cioè che si tratti di un ritorno indietro negli anni, un attaccamento a valori poco più che medievali, il ritorno a un mondo microscopico di paese e a divisioni fuori dal tempo
Pur non essendo un appassionato del folk e non venendone granchè colpito, provo a vederla in maniera diversa. Probabilmente lo stesso negativa, forse un po’ più tollerante. Quello che credo è che si tratti più che altro di un’occasione per divertirsi e stare insieme spendendo poco, una delle pochissime rimaste.
La crisi impone a tutti, giovani compresi, di rispettare certe regole e contenere certe spese rinunciando a tante cose. Come si reagisce a questa privazione? Ridimensionando le proprie pretese, oppure dimenticandone l’esistenza stessa. E allora si fa con quel che c’è, e ci si fa bastare appassionandosi anche a qualcosa che comunque il suo fascino ce l’ha.
Qualche anno fa si poteva fare qualche vacanza in più, si poteva più spesso uscire dal paesello e andare a respirare aria nuova lontano. Fino a non troppo tempo fa c’erano eventi gratuiti, concerti importanti che si potevano seguire senza spendere in modo esagerato, occasioni di socializzazione diverse. Purtroppo, adesso, tutto questo è scomparso o quasi, insieme con la sostanziale scomparsa di compagini sportive (calcistiche o altro) impegnate a livello alto, altra forma di passatempo che un tempo c’era e ormai non c’è più (l’Arezzo è in D, il Cortona Volley è tornato in C ecc. ecc.). Manca quindi un qualcosa che crei aggregazione, che ci faccia sentire parte di qualcosa, e ci diverta
Le varie manifestazione rionali, organizzate peraltro dai cittadini stessi con encomiabile impegno, diventano l’occasione per dieci o quindici giorni di allegria nel proprio paese. Molto intelligentemente poi rioni e quartieri inseriscono l’elemento del magnare all’interno delle loro iniziative e a quel punto il dado è tratto: acquistano presenze, forza economica e elettorale e si candidano nel giro di qualche anno a somigliare, in quanto a influenza, alle contrade del Palio di Siena
E’ poi certamente vero che con le manifestazioni folk si recuperano anche valori come “l’orgoglio di essere x o y o di appartenere a x o y” che nel terzo millenno fanno sinceramente un po’ ridere, ma tant’è. La gente, in qualche modo, si deve divertire e se l’alternativa non c’è o è improponibile per costi o valore di interesse reale…è inevitabile che dilaghino le magnate col foulardino (o fazzoletto). Anche perchè nessuno sa proporre nulla d’alternativo, e ugualmente attraente