E’ con viva e vibrante soddisfazione …che posso vantarmi di aver azzeccato il pronostico sull’elezione Presidente della Repubblica. O meglio… ho azzeccato che ciò che la logica più semplice rendeva quasi automatico, cioè l’elezione di Rodotà coi voti di 5 stelle, Sel e PD, non sarebbe andato in porto e che sarebbe stato fatto di tutto per eleggere un Presidente “di conservazione” con la scusa di rispettare il dettato costituzionale e il riflesso immediato di affossare ogni residua ipotesi di “governo del cambiamento” aprendo le porte a una qualche forma di “governissimo”.
Certo non mi aspettavo che si sarebbe arrivati a tanto, con due giorni di figure barbine seguite dagli italiani con la stessa passione dei mondiali di calcio a cui è seguito un patetico pellegrinaggio di gruppo nella casa di un 88enne certo vispo e lucido come pochi, ma che aveva già in testa di fare il nonno eppure era incredibilmente rimasto l’unica soluzione possibile a un empasse clamorosa
Napolitano, come una mamma premurosa, ha accolto le frignatine dei figli inetti e ancora una volta, come fece ai tempi di Monti, ha deciso di sobbarcarsi lui la soluzione di un problema che altrimenti non si sarebbe potuto risolvere.
Tirando i bilanci è chiaro che nell’evidente ennesima sconfitta generale del parlamento italiano il vincitore principale, o perlomeno colui che esce meno a pezzi, è il centrodestra che è riuscito a raggiungere il suo obbiettivo, ovvero un Presidente non ostile, riuscendo a comportarsi anche in modo coerente dall’inizio alla fine.
Grillo certo non ha vinto, è rimasto ridotto in un ruolo marginale, ma i 5 stelle con la scelta di Rodotà hanno attirato simpatie trasversali nell’opinione pubblica più progressista, hanno votato sempre in modo compatto e non sono caduti in trappoloni. Per loro c’è ancora speranza: quella di Napolitano è una toppa della disperazione e il possibile nuovo “governissimo” del Presidente, se non riuscirà a fare i miracoli di cui il paese ha bisogno, potrà essere una nuova occasione per Grillo per guadagnare consensi.
Lo sconfitto principale è ovviamente Bersani, lui nel trappolone c’è caduto mani e piedi. Purtroppo l’ormai ex segretario PD è rimasto vittima dello storico male della sinistra in Italia: il “senso di responsabilità” per il quale, piuttosto che far votare ai suoi Rodotà e chiuderla in poco tempo, ha deciso di essere fedele alla Costituzione avventurandosi in un’intesa col PdL fatta in 5 minuti, senza le necessarie spiegazioni alla sua base, proponendo un nome (Marini) che ha aperto la strada ai franchi tiratori. Sbagliata la prima mossa il partito è andato in mille pezzi e a quel punto tutto (compreso il tradimento a Prodi) è diventato lecito.
Questa dèbacle è la fine del PD? Forse. Sicuramente è la fine del PD di Bersani, ma con Renzi la sigla (almeno quella) potrebbe trovare una riabilitazione. Gli italiani dimenticano presto e lo stesso Renzi ha bisogno di un contenitore partitico da cui lanciarsi ed è riuscito anche stavolta a uscirne benino: non ha avuto un ruolo decisivo come forse sperava, ma è riuscito a non prendersi la responsabilità di nessuno dei disastri.
Di sicuro il concetto storico di sinistra di governo in Italia è andato a farsi friggere. Rinascerà forse una sinistra forte, magari da Barca, Vendola e qualcun altro, ma sarà di opposizione mentre a lottare per le vittorie elettorali saranno altri: Renzi, Berlusconi e Grillo che sicuramente ieri notte sono andati a letto sereni.