Sul tema del Consorzio di Bonifica (l’ente chiamato a occuparsi della manutenzione di una parte del reticolo idrico della nostra vallata) prosegue la scarsa informazione, ma nel frattempo sta arrivando a compimento la fusione fra Consorzio della Valdichiana, Unione dei Comuni Pratomagno, Unione dei Comuni Casentino, Unione dei Comuni Valtiberina e Unione dei Comuni della Valdichiana Senese che formeranno il nuovo Consorzio di Bonifica n.2 “Alto Valdarno” (che ha già un sito provvisorio, questo). Un mega-accorpamento nel nome della “razionalizzazione” che quadruplica i km di rete idrica da tenere sotto controllo rispetto a quelli di cui si occupava il Consorzio della Valdichiana.
Il nuovo “Consorzione” avrà un Presidente, una triade come esecutivo e un consiglio che avrà al suo interno in parte la rappresentanza dei soci privati, ma anche una parte pubblica, eletta dagli utenti con elezioni. La tornata elettorale, a cui potranno partecipare fra i cittadini tutti coloro che pagano la deprecata “bolletta” (in gergo tecnico: contributo consortile) sono state indette per il prossimo 30 Novembre e in tutti i Comuni, nella quasi totalità dei casi presso i palazzi dove hanno sede le amministrazioni comunali, saranno approntati seggi
L’accorpamento è il risultato di una decisione presa a livello regionale alcuni mesi fa, appunto nell’ottica di razionalizzare cercando di contenere i costi di gestione dell’ente stesso diminunendo l’incidenza di essi sul totale dei soldi sborsati dai contribuenti. Più interventi di manutenzione, meno apparato: questa l’idea di fondo che si cerca di perseguire
Con l’arrivo della doppia cartella del 2012 e 2013 del Consorzio della Valdichiana e dopo i ricorsi dei contribuenti, moltiplicatisi nei mesi e per ora andati a buon fine, si è però scatenata nuovamente la polemica politica con anche una raccolta firme, mentre intanto il percorso di fusione andava avanti.
Aldilà del trovar facile palcoscenico nel far polemiche sparando su quello su cui ormai sparano tutti e fermo restando che è assolutamente necessario trovare una soluzione migliore rispetto alla forma consortile (ma comunque qualcuno del reticolo idrico deve occuparsene) in questo momento al dibattito mancano essenzialmente due elementi:
– un impegno politico in sede nazionale e soprattutto regionale, perchè è lì che nasce l’organizzazione attuale (ovviamente in recepimento di disposizioni nazionali) poichè è stato deciso in quelle sedi che “alla Regione spetta l’indirizzo, il coordinamento, il controllo e l’attuazione delle opere strategiche; alle Province la gestione tecnica e amministrativa delle opere, l’attività di programmazione comune, il servizio di polizia idraulica, la realizzazione delle nuove opere di seconda e terza categoria, mentre i nuovi Consorzi si occuperanno della manutenzione delle opere idrauliche e della realizzazione delle nuove opere di bonifica“
– una proposta alternativa che, abolendo i consorzi, collochi in mani sicure lo svolgimento delle attività attualmente attribuite a essi
Il problema è che non esiste soluzione se non andando comunque a chiedere soldi ai cittadini. Si potrà cambiare la formula, ridurre i costi al massimo possibile, ma i fondi per i corsi d’acqua ci vorranno sempre e comunque, qualunque sia il soggetto che se ne occuperà: i consorzi, la Provincia, i Comuni, le Regioni, lo Stato o chissà chi.
Ecco quindi che nell’auspicare che l’occasione delle elezioni del 30 Novembre divenga un momento buono per una discussione più sensata e completa sul tema si consiglia a tutti di tenere gli occhi aperti: qualunque sia la nuova formula i soldi da qualche parte dovranno entrare e inevitabilmente, in un modo o nell’altro, più o meno esplicito e più o meno alla luce del sole, usciranno dalle nostre tasche.
A noi far sì che tutto quello che esce vada poi a buon fine, traducendosi in risultati reali e non perdendosi, tanto per restare in tema idrico, in qualche “rivolo” inutile
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Caro Lupetti,
Apprezzo molto il suo sforzo di riportare la discussione sui consorzi di bonifica all’interno di un serio dibattito sulle politiche di difesa del suolo. Naturalmente non concordo sulla necessità di abolire i consorzi, ma fa piacere che ci sia qualcuno che si sforza di ragionare su cosa si debba e possa fare per rendere più sicuro il territorio toscano.
Butto lì qualche spunto di riflessione, partendo dai problemi che abbiamo di fronte. Il nostro territorio è sempre più fragile, per le mutazioni climatiche, ma soprattutto per lo stress a cui è sottoposto. La pervasività dell’urbanizzazione ha fatto sì che i movimenti naturali (esondazioni, erosioni, frane) debbano essere contenuti in maniera artificiale per non compromettere gli assetti creati, spesso in maniera scriteriata, dall’uomo.
Nei secoli questo sforzo si è concretizzato con una miriade di opere, alcune imponenti, come la realizzazione del Canale Maestro della Chiana, altre modestissime, ma fondamentali come le migliaia di piccole briglie, soglie, muretti lungo i torrenti di collina. Con l’abbandono delle campagne avvenuto nel secolo scorso, non solo si sono lasciate andare in malora queste opere, ma se n’è persa la memoria e ci si è dimenticati di quanto sia delicata l’interazione tra dinamiche naturali e attività umane. Questa perdita di coscienza ha portato (le istituzioni a decidere e i cittadini ad accettare) ogni tipo di assurdità come la costruzione di quartieri e città in aree golenali, il tombamento di interi fiumi, l’assenza di ogni tipo di manutenzione.
Dal 1994 la Regione ha deciso di affrontare il problema anche con lo strumento della bonifica. Con una lettura originale e innovativa delle leggi statali, ha dichiarato territorio di bonifica l’intera regione, creando 41 comprensori e affidandoli a 13 consorzi e a 13 comunità montane. I consorzi di bonifica, fino a quel momento confinati a aree molto ristrette, si sono trovati a dover gestire metà regione e le comunità montane hanno dovuto attrezzarsi per svolgere un nuovo compito nell'altra metà. Va detto che dappertutto ci siamo trovati di fronte a territori “vergini”, zone abbandonate da decenni dove è stata dura persino ritrovare i corsi d’acqua.
Come da legge dello stato, i consorzi fanno la manutenzione ordinaria delle opere idrauliche e di bonifica, finanziandosi con il tributo di bonifica, imposto ai proprietari di immobili che ottengono un beneficio da tali lavori.
Gli elementi che la Regione ha trovato sul tavolo al momento della riforma dell'anno scorso sono questi:
- un territorio con enormi problemi, bisognoso di una manutenzione costante e puntuali;
- risorse pubbliche inesistenti;
un sistema di competenze farraginoso con - una pletora di attori (Comuni, Province, Geni Civili, Regione, Consorzi e Comunità Montane);
È abbastanza evidente per chi non è abbacinato dal chiacchiericcio sull’”odioso balzello” che i consorzi di bonifica sono la risposta più efficiente a queste domande.
I consorzi sono enti operativi, con l’unica missione di gestire i corsi d’acqua; sono strutturati e attrezzati per far questo e solo questo e quindi hanno tecnici e personale operativo specificamente formato. Il tributo di bonifica è probabilmente l’imposta più trasparente e controllabile che c’è in Italia: chi è in grado di dire dove e come viene spesa la propria IRPEF? Quali iniziative finanzia l’IMU? L’IVA dov'è che va? Il tributo di bonifica, al contrario, ha confini territoriali e funzionali assolutamente definiti. In una società matura, questo dovrebbe essere visto come un grande valore: pago e sono in grado di controllare dove sono andati i miei soldi e con quale grado di efficienza sono stati spesi.
Con la riforma, la Regione ha semplificato molto il quadro, togliendo molte funzioni alle Province e ai Comuni e lasciando unicamente ai consorzi l’operatività sui corsi d’acqua. È appena il caso di notare che se la Regione ha deciso di valorizzare i consorzi il motivo è perché questi enti hanno dimostrato sul campo di essere il soggetto più efficiente. È in ogni modo evidente che se si vuole semplificare e ridurre la frammentazione di competenze, si deve abbandonare la logica del livello amministrativo. Che senso ha gestire corsi d’acqua e versanti sulla base di confini politici? Come si fa ad invocare la gestione dei Comuni senza pensare che questi dovrebbero mettere in piedi meccanismi di gestione associata dove i bisticci tra assessori e uffici tecnici sarebbero all'ordine del giorno?
Piuttosto, semplifichiamo ancora! Non è possibile che un consorzio debba fare una DIA in Comune per riparare un muretto!!!
Diamo infine uno sguardo fuori Toscana. La nostra Regione è arrivata ultima nel riformare la bonifica. Prima di noi, l’hanno fatto il Veneto, l’Emilia, la Puglia, la Lombardia (per citare solo le regioni più grandi). In tutti i casi, i consorzi sono stati ridotti di numero, ma accresciuti nel ruolo e nelle funzioni e ovunque si è riconosciuta l’importanza di avere un soggetto che opera sul territorio, governato dal territorio stesso (nel resto d’Italia la presenza degli enti pubblici nei consorzi è pressoché simbolica) e fortemente voluto dai soggetti economici, come gli agricoltori, che il territorio lo vivono e lo lavorano.
I Consorzi di bonifica da soli non sono la soluzione; servono istituzioni in grado di pianificare in maniera sostenibile e risorse pubbliche per nuove opere e interventi straordinari. Senza tutti questi elementi non ci potrà mai essere sicurezza idraulica e, di certo non è con la propaganda che potremo migliorare la situazione.
Sono in massima parte in accordo con lei Salvaodori,anche perché penso che senza una scelta civile e lungimirante di salvare ciò che rimane del nostro bel territorio,non andremmo molto lontano.Sono anche disposta nel mio piccolo ad un versamento unatantum più cospicuo,ma solo dopo che lei si faccia una passeggiata lungo il torrente San Pietro,(un esempio per tutti)e vedere in che condizioni si trova,da piccola i miei genitori mi hanno insegnato che prima di pretendere bisogna dare,noi viviamo invece da cittadini che danno,danno,è ricevono poco.Le chiedo.lei pensa che se il consorzio funzionasse almeno un po' di più ma i contribuentisarebbero così avvelenati?La saluto