“Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato“.
Metto subito le mani avanti: questo sarà un articolo un po’ scellerato, da maniaco del caso Moro quale sono (lo studio dal 1988) e forse nessuno ne capirà il senso. Chiedo immediatamente venia a chi si sentirà offeso. Ad ogni modo, per via della mia passione maniacale per quel “mistero d’Italia” non riesco a non ricollegare quel gerundio (“eseguendo“) contenuto nell’ultimo comunicato BR prima della barbara uccisione dello statista democristiano al gerundio che sta vivendo Castiglioni in queste ore. Castiglioni infatti sta andando al Commissariamento. Questione di ore, di minuti. Certo, si tratta di due casi ben diversi, ma anche in questo caso una vittima (nel senso metaforico) c’è ed è la cittadinanza (e la città) nel suo complesso.
Lì c’era da salvare Moro, un uomo prima che un politico, ma c’era anche da salvare lo Stato. Qui ci sarebbe da salvare i castiglionesi, ma c’è anche da preservare l’esistenza di un sistema politico e amministrativo che da anni va avanti, molto meglio che altrove, anche per i cittadini.
Nel caso delle BR passarono alcuni giorni prima che la sentenza annunciata fosse eseguita. Il paese restò appeso a quel gerundio. Ci fu chi, sempre meno velatamente, suggerì di abbandonare la linea della fermezza provando a intavolare qualche trattativa. Comunisti e Democristiani restarono saldi nella posizione iniziale, aldilà (forse) di qualche posizione lievemente diversa di Fanfani (lo zio). I Socialisti provarono qualche (timido) tentativo di porsi dall’altra parte, ma non si spinsero troppo in là. La “trattativa” se mai fosse partita e andata in porto avrebbe forse condotto, con una via non proprio del tutto regolare (ci voleva un magheggio) al rilascio di Moro in cambio della liberazione di qualche terrorista carcerato.
Si sarebbe salvato Moro, ma lo Stato forse avrebbe perso credibilità e le conseguenze del magheggio sarebbero potute essere pesanti negli anni a venire. Chissà, magari non avremmo chiuso la storia con gli anni di piombo così velocemente.
Della trattativa non se ne fece nulla, salvo poi nei dibattiti alla Vespa di 30 anni dopo, archiviare la cosa con un quasi generale “forse la linea della fermezza fu un errore“, affermazione appoggiata anche da qualche reduce che all’epoca era su tutt’altra posizione e da qualche discendente dei comunisti e democristiani d’un tempo.
Con un parallelismo certo fantasioso si potrebbe dire che anche a Castiglioni si è deciso di non farne nulla. E infatti ormai si aspetta solo il Commissario.
La sfiga dei castiglionesi è stata quella della nomina del loro ex-Sindaco a Estra (voluta da chi???), che ha trasformato un caso potenzialmente di clamore medio in uno di clamore altissimo, con le opposizioni e la stampa appostata a tutt’orecchi.La questione, quindi, da castiglionese e al massimo chianina (o aretina, toh…) è diventata Regionale.
Non mi permetto di giudicare se il niet al possibile salvataggio della Regione con l’acquisto del Santa Chiara (che certo sarebbe stato un mezzo magheggio) sia stato giusto o sbagliato. Ormai si aspetta solo (col gerundio) il Commissario e di certo non morirà nessuno, e anzi sono certo che il Commissario stesso farà benone il suo lavoro e in poco tempo rimetterà tutto a posto. Diciamo pure, quindi, che è stato giusto far così.
Però è bene scrivere adesso due cose per eventuali posteri.
La prima è che non vorrei sentire fra qualche anno, per non sentirmi preso in giro, qualcuno (di qualsiasi colore politico) dire “forse era meglio se la Regione avesse acquistato il Santa Chiara“.
La seconda è che spero, fra 30 anni, che la vicenda dei conti in rosso castiglionesi sia ricostruita in modo più chiaro e sicuro rispetto a quanto visto per il caso Moro. Insomma: che il caso-Castiglioni non diventi un insoluto “Mistero di Chiana“