Il CONI puntava a 25 medaglie, ne abbiamo raccolte 28 nelle due meravigliose settimane olimpiche appena concluse. Ciò non significa che la situazione dello sport in Italia possa considerarsi rosea, nè tantomeno in ripresa. A scorrere bene la lista dei medagliati si nota infatti che vi sono alcune discipline, assolutamente ‘minori’ nel nostro paese in termini di seguito e numero di praticanti (es: il tiro a volo), in cui riusciamo a tenere una posizione di comando mentre altri sport scendono, spesso drammaticamente. In alcuni frangenti, addirittura, proprio non esistiamo.
Aldilà delle tante belle emozioni, della benevolenza della Tv di stato e dei commentatori e del grande entusiasmo di noi spettatori / tifosi a Rio è andata più o meno come andò a Londra (e fu una delusione) e i problemi di 4 anni fa sono ancora tutti al loro posto: siamo ancora un paese calcio-centrico in cui è difficile praticare gli altri sport, specie nelle realtà periferiche
Esattamente come 4 anni fa sappiamo bene che il calcio riprenderà velocemente il sopravvento su Tv e giornali, che dimenticheremo in fretta i nomi dei nostri medagliati (i quali torneranno velocemente alle loro vite assolutamente ‘normali’ fatte di grandi sacrifici e normalissimi stipendi) e rimuoveremo dal nostro patrimonio di abitudini la trepidazione per qualcosa di differente dal rincorrere una palla
Eppure, dopo Roma 1960, l’Italia visse un periodo di espansione della pratica sportiva, di crescita del numero di impianti che fu capace di produrre effetti perlomeno fino all’inizio degli anni ’80. Era stato un primo step, figlio del ‘boom’ economico, che aveva fatto nascere un ‘modello Italia’ nello sport. Differente sia da quello americano che da quello dei sovietici e dei loro derivati, ma con le proprie peculiarità, ragioni di esistere e grandi eccellenze. L’Italia aveva tecnici preparati, impianti giovani, atleti di talento, una buona rete locale di amatori, strutture e società sportive, una promozione sportiva che partiva in modo efficace sin dalle scuole. Il sistema, insomma, funzionava bene
E’ stato proprio verso la metà degli anni ’80 che non c’è stato il ricambio, l’aggiornamento di mentalità, la ripresa degli investimenti necessaria per mantenere il passo. Le scuole si sono dimenticate del loro ruolo, l’impiantistica non è stata aggiornata e spesso distribuita senza logica, le società sportive hanno proliferato ma riuscendo di rado ad abbinare al ruolo ‘sociale’, che di sicuro svolgono bene, quello di vivaio di talenti. Ogni buon risultato, in questo contesto, sembra più il frutto di qualche isolato episodio di buona volontà ed eccellenza (privato o, talvolta, pubblico), ma non di un sistema che funziona
A questo punto è assurdo ragionare di Roma 2024 senza porsi minimamente una serie di questioni. Aldilà dei rischi economici di un’Olimpiade, elemento ben snocciolato da Pietro Mennea nel suo imprescindibile libro “I costi delle Olimpiadi”, c’è da chiedersi che senso abbia pretendere le Olimpiadi quando siamo uno dei paesi meno Olimpici del mondo, nel quale per garantirsi una carriera bisogna fare centinaia di Km sin da piccoli, a spese della propria famiglia, e poi appoggiarsi necessariamente a qualche gruppo sportivo delle forze dell’ordine e/o forze armate o rassegnarsi al ruolo di atleti magari con medaglia d’oro olimpica, ma part-time
Menzione d’onore, comunque, per i nostri 2 chianini: la realtà della nostra vallata (così come quella di Arezzo, che ha schierato il judoka Matteo Marconcini) è migliore di molte altre, ma certo non perfetta. Ho scritto più volte che senza la piscina di Camucia (e senza un bravo allenatore come Gazzini) un campione come il nostro Michele Santucci avrebbe probabilmente fatto altro nella vita. Anche Chiara Bazzoni ha dovuto fare diversi Km per potersi allenare degnamente. Entrambi hanno posto il suggello definitivo a una carriera di grande rilievo, fatta di Olimpiadi e perfino di medaglie: Michele è stato il migliore dei 4 italiani nella semifinale in cui la qualificazione è sfuggita per un soffio, Chiara ha dato una lezione di stile quando, appena saputo che non avrebbe corso, ha evitato ogni polemica o lamento invitando a tifare le azzurre e assicurando, come poi è stato, che sarebbe stata in prima fila a sostenere le colleghe. Un comportamento da campionessa.
Bravi tutti e 2, quindi, siete il nostro orgoglio!