A dieci anni dal G8 di Genova accendiamo la Tv e ci ritroviamo di fronte ad una scena molto simile, stavolta a Roma. Una protesta di piazza dai caratteri indubbiamente forti che viene da un fenomeno di protesta internazionale (gli “indignati“) in cui i partiti tradizionali anche di estrema sinistra hanno un ruolo solamente marginale, un gruppo di black bloc avulso dalla manifestazione vera e propria che crea devastazioni, la Polizia che carica, il dilagare del disordine e le contemporanee reazioni di condanna in tempo reale del mondo politico a cui, stavolta, si uniscono i giudizi di tutti gli italiani attraverso la più democratica e innovativa forma di democrazia verbale: gli status di Facebook e i “tweet” di Twitter. Sono ben poche, davvero, le differenze.
Tutto simile a parte, come detto, Facebook. Lì le prese di posizione puzzano di partito preso. Proprio come nel 2001, ma se dieci anni fa le si potevano dire al bar fra amici stavolta le si condividono col mondo. Pare di stare allo stadio. Pare di essere a un derby. E come quando si tifa la Lazio o la Roma si tifa e basta, non si ragiona troppo. Il bello è che le tifoserie, numericante parlando, sono le stesse del 2001. E la gente intellettualmente onesta che sa porsi anche domande scomode prima di “sparare” è sempre in minoranza.
Anche stavolta, come fu nel 2001, a sparire totalmente sarà il contenuto della protesta, della manifestazione che di fatto non è stato possibile svolgere. Perchè gli indignati sono indignati? Cosa vogliono? Cosa chiedono? Non sarà semplice saperlo. Ci mostreranno per ore le immagini degli scontri e poco altro.
A quei tempi (Luglio 2001) l’oscuramento dei contenuti della protesta no-global ebbe l’effetto, sicuramente imprevisto, di renderla affascinante agli occhi di tanti. E scattò una moda giovanile, quella del no-logo, che perdurò grazie anche ad altri eventi internazionali come l’11 Settembre (sempre 2001) e la guerra in Iraq che scossero gli animi facendo rivalutare il valore dell’impegno. Milioni di bandiere della pace popolarono i davanzali. Anche il nostro Jovanotti ebbe una breve fase impegnata, cantò “Salvami” a Porta a Porta litigando con Sgarbi e disse male della Fallaci.
Quella post G8 genovese ebbe i limiti di tutte le mode, ma fu anche utile. Aprì gli occhi sul mondo a tanti ragazzi. Finchè tutto si spense progressivamente, i ragazzi tornarono disimpegnati ma certo conservarono qualcosa di quel periodo di eskimo fuori tempo massimo.
Ma se tutto si riaccende adesso, certo su basi diverse ma con tante caratteristiche simili, se la gente torna in piazza in modo semi-spontaneo e anche in Italia ci sono “indignati” significa che qualcosa non va e che in questi dieci anni davvero si è riusciti a combinare poco per mettere in pace i conflitti sociali nel nostro paese.
Stiamo meglio adesso rispetto al 2001? Sarebbe bello sentire tutti i nostri lettori, uno ad uno. Credo che in molti rimpiangerebbero quell’estate di dieci anni fa. Troppo comodo dare tutta la colpa alla crisi.
La cosa assurda è che non si riesce a capire come mai, se poco è cambiato in meglio e se tutti ci siamo impoveriti, le facce della politica e dell’establishment debbano essere sempre le stesse. C’erano tutti già nel 2001, e sono tutti ancora lì a commentare e condannare.
Lì, davvero, non è cambiato niente.
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Caro Direttore,assisteremo ora al solito balletto d politici ke si dissociano,ke "si ma con distinguo"etc.etc.. Ma mi chiedo e ti chiedo:se chiamo la gente in piazza contro il sistema,ci sarà chi pensa sia il segnale della rivolta? Se veramente si vuole la rivolta,bene si fà così. Si spacca,si brucia,in una parola si usa violenza. La verità è che siamo governati da inetti,puttanieri,orgogliosi,froci altrettanto,ladri entrambe preoccupati solo x la loro pensione...verrà il giorno in cui nn si potrà patteggiare col destino. Dopo tutto siamo solo uomini...
Solo due brevissime considerazioni. la prima relativa alla manifestazione degli indignati, che ritengo essere non solo legittima, ma sicuramente necessaria nel momento in cui chi ci governa sta portando il Paese verso il baratro; la seconda è che non basta condannare le violenze dei cosidetti black block, bisogna indagare a fondo sui mandanti, sugli scopi che si vogliono raggiungere attraverso essi. Sono sicuro che quando la verità verrà a galla ne vedremo delle belle. I provocatori pagati per screditare le manifestazioni, anzi per criminalizzarle ci sono sempre stati, sarebbe l'ora di sapere chi li paga.