E siamo di nuovo al 16 Marzo. Qualcuno di voi ricorderà che 35 anni fa, alle 9 e qualche minuto, si compiva in Via Fani a Roma una delle pagine più nere della storia della Repubblica Italiana: il massacro della scorta di Aldo Moro e il rapimento del Presidente della Democrazia Cristiana, ucciso poi il 9 Maggio. Stamani, come sempre avviene, un qualche Sottosegretario si recherà proprio in quella strada del quartiere Trionfale, Roma Nord, all’incrocio con Via Stresa, a depositare una qualche corona in ricordo della tragedia.
Qualcuno ha detto che in quel sanguinoso 1978 si combinarono 2 fattori: l’apice della forza del terrorismo, rappresentato in quel caso dalle Brigate Rosse, e il punto più basso del nostro Stato, corroso da inefficienze e debolezze mai viste prima.
Tutto vero. Su un terzo fattore, la forza raggiunta in quel 1978 da poteri “altri” nella gestione del nostro Stato, non si è mai indagato abbastanza nonostante anni e anni di processi, commissioni parlamentari, inchieste giornalistiche e centinaia di libri. Forse ha ancora senso farlo, oltre che per le 6 persone uccise (i cinque della scorta e lo statista DC), anche perchè gli eventi di quel periodo, il rapimento Moro e quei poteri “altri” hanno condizionato irreversibilmente l’evolversi della storia politica e sociale italiana con conseguenze tuttora vive e vegete.
E’ però comprensibile, anche se non giustificabile, il disinteresse per una storia vecchia di 35 anni, mentre in Parlamento proprio oggi si discute dei destini futuri del paese, eleggendo i nuovi Presidenti delle Camere e ponendo l’avvio alla nuova legislatura.
Proprio in questo 16 Marzo, a 35 anni da Via Fani, c’è da sperare che la nuova legislatura parta col piede giusto, in direzione di un recupero della fiducia dei cittadini e che già dai primi atti (appunto l’elezione dei Presidenti) si voglia segnare un decisivo cambio di passo e di stile, volto al recupero del giusto senso delle istituzioni e della vita parlamentare. Quello che a Moro, e a tanti della sua generazione, pur con tanti limiti e difficoltà, certo non è mai mancato.
La coincidenza di oggi, quindi, più che per un orribile inciucio (l’ennesimo) o un clamoroso fallimento sintomo (ennesimo anch’esso) di irresponsabilità potrebbe essere usato per porre una prima importante base per un cambiamento forte, e un recupero di dignità. Speriamo.
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Esiste un'altra parola, compromesso, che è una parola nobile, che esprime dignità. Non si dovrebbe definire, come invece ultimamente ogni volta accade, qualsiasi compromesso inciucio.
C'è molta dignità nei compromessi che, anziché correre dietro alla volontà di una sola parte, trovano punti di incontro per perseguire l'interesse comune a tutti, così come si è espresso nelle urne che hanno rappresentato un paese diviso.
Tra dignità e inciucio pare invece che si sia profilata la terza via, quella della prova di forza... se questa è la dignità.
Le alte cariche dello Stato sono di tutti.
Mi pare che almeno in questa occasione la politica abbia espresso il meglio di se. Boldrini e Grasso rappresentano l'Italia che vuol cambiare.