Colgo l’occasione della presenza di Ivano Fossati domani pomeriggio (venerdì) ad Arezzo (presenta il suo primo romanzo “TreTreCinque” alle 17.45 presso il Cinema Eden, intervistato da Andrea Scanzi) per un personale omaggio al mio cantautore italiano preferito, che poi è quasi l’unico che tollero. Con dieci canzoni vi spiego perchè secondo me è meglio di tutti gli altri italiani, invitando all’ascolto chi non l’ha mai sentito e all’approfondimento chi già lo conosce, con un grazie speciale ai miei genitori che me l’hanno fatto conoscere sin da bambino e a chi finalmente l’ha portato nella nostra terra. Buona lettura… e ci vediamo all’Eden
Ma si, ok, è la prima canzone di successo di Ivano, era ancora un ragazzino e giocava a fare il figlio dei fiori. Niente di paragonabile alla sua produzione successiva, ma presentarsi a Sanremo nel 1972 con quel look allucinante non era roba da poco. E’ anche grazie a quella comparsata che l’Italia nazional-popolare ha scoperto, come sempre in colpevole ritardo, l’esistenza degli hippies. Non è un capolavoro, ma il ritornello trascina e se la fate sentire alla casalinga di Voghera lei se la ricorda di sicuro.
L’album che scaturisce dall’esperienza dei Delirum, sempre quelli di Jesahel. Il pezzo del titolo è un’ascesa strumentale prog di grande effetto, col flauto alla Ian Anderson (dei poveri, forse, ma i brividi li dà lo stesso) che ci guida fino al finale in cui il vocione di Fossati entra, sovrasta tutto e posa di prepotenza, da Master of Ceremonies ante-litteram, la proverbiale ciliegina sulla torta
Scritta per Patty Pravo nella carriera della ragazza del Piper suona come una sorta di versione colta di Pazza Idea. Perchè anche gli intellettuali possono essere un po’ perversi e immaginarsi un amore a 3, ma lo sanno dire molto meglio.
Bistrattatissima e maldigerita dal suo stesso autore contiene in realtà uno dei suoi testi migliori. Come tanti successoni da hit parade e karaoke ha patito lo scotto classico: l’hanno cantata in tanti (troppi), ma nessuno ha mai provato ad ascoltare le parole. Fatelo, scoprirete un attacco feroce e quanto mai vero al provincialismo italiano, al nostro arrivare sempre in ritardo, al penoso scimmiottare modelli esteri piuttosto che provare a fare le cose a modo nostro
L’apoteosi del Fossati bello e maledetto. Vi sarà capitato di pentirvi per una scelta sbagliata. Vi sarete sentiti tutti, almeno una volta, come quel giovane comandante di belle speranze finito a guidare una disastrata e puzzolente chiatta verso il buco del culo del mondo. Con tanto di esplosivo sotto ai piedi di strani passeggeri che ballano aspettando che il viaggio-incubo finisca
Forse il suo testo più bello, come sempre interpretato con ineguagliabile intensità. L’amore è la cosa più difficile del mondo e in pochi sono stati capaci di spiegarcelo così bene
L’inno nazionale di un’altra Italia. Fuori da ogni retorica e piagnisteo Ivano ci regala un racconto per immagini del nostro paese, fatto di straordinario potenziale e di infinite mancanze. Un omaggio disilluso che finisce in una sana bandiera bianca. Perchè davvero è tutta musica leggera, ma come vedi la dobbiamo imparare
Si può fare grande musica anche se si è cantautori. Un brano (e un album) che grazie ai suoi arrangiamenti di sopraffina ricerca ed equilibrio suona come schiaffo in faccia a quelli della chitarrina con due accordi e voce. Siete musicisti, ricordatevelo ogni tanto… altrimenti andatevene a fare i poeti
Perchè a tutti è capitato un viaggio verso le agognate vacanze… le valigie, l’attesa fatta di Km e Km macinati con la fretta di arrivare, poi dietro una curva improvvisamente…il maaaaareeeeeee. Con le ragazze di Milano che han quel passo di pianura e la gente di riviera che non sa ballare, ma sa aspettare
“Io sono di sinistra, non della sinistra“. Pare l’abbia detto in un’intervista e non c’è bisogno di aggiungere altro per questa che è la summa del Fossati ‘politico’. Un altro testo cantato (e usato) da troppi, senza sforzarsi di capirlo
Extra
Non ce la facevo a stare nelle dieci. Perciò una menzione speciale, fuori classifica, l’ho lasciata a La Musica che gira intorno. Un testo che racconta un modo d’essere e prova (consapevolmente invano) a dargli una spiegazione. Meglio di tanti altri brani della produzione di Fossati può valere come sua autobiografia in musica. Orgogliosamente a modo suo, molto poco allineato, a volte quasi ottuso nel suo essere testardo, troppo spesso sfuggente. Ma libero… e per questo unico e capace di emozionarci come pochi altri
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