I comuni d’Italia bloccano oltre 33 miliardi di euro di pagamenti. Si chiamano residui passivi, ma nella realtà sono spese già impegnate che non sono state ancora onorate. In questa voce sono comprese le spese per le forniture di beni e servizi (dalla cancelleria alla manutenzione strade) e quelle in conto capitale (costruzione di strade, parcheggi, scuole, impianti sportivi ecc.). Tale somme restano nelle casse comunali in virtù delle disposizioni previste dal patto di stabilità interno che, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, non consentono, se non vengono rispettati i vincoli di bilancio imposti dallo stato, il pagamento di lavori o di forniture ricevute.
Il paradosso è che in questa condizione di insolvenza si trovano molte realtà comunali che, pur avendo i soldi, non possono saldare le spettanze.
Questi dati sono stati comunicati dallo studio CGIA di Mestre che aggiunge ai 33 miliardi, calcolati nei comuni capoluogo di provincia, altri 7 miliardi relativi ai comuni non capoluogo e ben 35/40 miliardi di euro di crediti che le imprese avnazano dalle Regioni in materia di sanità, sempre a causa dei vincoli previsti dal patto di stabilità.
Il comune di Arezzo al 31 Dicembre 2009 presentava 68,4 Milioni di Euro di residui passivi, il comune di Siena sempre alla stessa data ben 118 milioni di Euro.
In una fase di grave crisi economica mettere in pagamento queste cifre sarebbero una boccata di ossigeno non indifferente per migliaia e migliaia di piccole imprese. Per queste ragioni è urgente che il governo intervenga subito e, in sede di approvazione della manovra bis, riveda questa situazione per il bene delle piccole imprese e dei loro occupati.
Lo sciopero generale di queste ore potrebbe servire per dare sostegno a questa richiesta in difesa degli enti locali e delle economie dei territori: una richiesta che deve vederci tutti uniti, lavoratori, imprenditori, amministratori ed amministrati, rossi o neri che siano
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