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Indignato. Si, anche io

Indignazione è un termine molto di moda di questi tempi. Gli indignados di Spagna, gli „indignatos” di una recente manifestazione della CGIL aretina, gli Indignati italiani che scenderanno in piazza nel prossimo weekend. Ma aldilà di questi fenomeni estremi è vero che l’indignazione è il sentimento che sto provando da molto tempo a questa parte.

In poche righe, perchè non voglio annoiare i lettori, voglio esprimere la mia rabbia, la mia frustrazione, il mio schifo…. rabbia, frustrazione e schifo che non appartengono solo a me, ma a tanti altri giovani e meno giovani LAUREATI!

Sì, perchè io scrivo credendo di poter esprimere sensazioni comuni a tutti i laureati d’Italia che non hanno uno straccio di lavoro, neanche un lavoro precario. A volte, nel mercato del lavoro d’oggi, pare quasi che avere una laurea rappresenti un handicap.

 

Anni buttati via, i nostri genitori che hanno fatto sacrifici enormi per farci studiare, per vederci realizzati. E adesso con questo pezzo di carta in mano che ci facciamo? Io una risposta ce l’avrei, ma qui è meglio non scriverla. Mandiamo curricula dappertutto, ma nella migliore delle ipotesi ci liquidano con il classico ” Le faremo sapere “, mentre nella maggior parte dei casi lo cestinano. Poi scopriamo che in quei posti ci finiscono persone molto meno preparate e capaci di noi.

Questo nei lavori per così dire „generici”, non specializzati. In quelli specializzati è richiesta esperienza e, quindi, viene assunta gente che ha già svolto quei determinati lavori.  Ma uno senza esperienza come fa a farsela? Ecco quindi che alla fine lavorano sempre le solite persone.

Il mio appello ai datori di lavoro è quindi questo: cercate di prendere in considerazione anche noi laureati perchè con un pezzo di carta in mano, per quanto bello, per quanto arzigogolato, non si mangia. Però è un pezzo di carta ottenuto per un motivo, cioè perchè abbiamo studiato, un elemento che nei lavori che vorremmo essere chiamati a svolgere si rivelerebbe senza dubbio utile. Noi laureati abbiamo bisogno di lavorare e non accampiamo NESSUNA pretesa economica in più rispetto a chi la laurea non ce l’ha. Semplicemente avremmo voglia di lavorare, e di essere trattati come tutti gli altri

Stefano Bertini

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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  • Caro Stefano, comprendo la tua frustrazione, ma bisogna secondo me fare qualche precisazione. Faccio un discorso generico, non so in cosa sei laureato.
    Io penso che da qualche decennio in Italia ci sia una sorta di 'presunzione' da parte di chi ha studiato. Sono almeno 20 anni che il mercato richiede in modo abbastanza chiaro certe figure professionali mentre i giovani si ostinano a studiare tutt'altro dando poi la colpa ai politici, alla società, al sistema se poi nessuno crea un posto di lavoro per loro.
    In italia c'è una forte domanda di ingegneri informatici, civili, periti industriali, manodopera ad alta specializzazione mentre i giovani continuano ad ignorare i corsi di formazioni e le lauree richieste volendo fare tutti gli architetti e i filosofi per dirne un paio a titolo di esempio.
    Allora se c'è una colpa dei politici e della società, questa non sta nel non creare posti lavoro che non servono, bensì nel non investire adeguatamente in informazione e nell'orientamento ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro e/o all'università.
    E qui tiro in ballo anche le famiglie che purtroppo ragionano come 50 anni fa senza rendersi conto che il mondo e l'economia sono cambiati.
    Bisogna che i giovani si rimbocchino le maniche, che riscoprano lavori che considerano 'degradanti' che abbiano la concretezza di rendersi conto che in un mondo globale ci vuole molto di più di un pezzetto di carta per avere successo nella vita.
    Comprendo i problemi in più che abbiamo in Italia, ma è tempo di un approccio diverso anche da parte dei giovani ed un pò più di responsabilità.
    Oggi sappiamo che se fai una scuola professionale per elettricista probabilmente guadagnerai con facilità, mentre se studi architettura hai 8 possibilità su 10 di arrivare a 40 anni campando di espedienti per cui basta scuse. Bisogna informarsi e poi prendersi anche le proprie responsabilità. Se fai una scelta contro mercato devi esserne consapevole e non prendersela con gli altri se poi a nessuno serve la tua qualifica. Il discorso del clientelismo è altra cosa a parte che riguarda laureati e non.

  • Penso che l'amico Stefano, ma qui semmai sarai lui a dirmi se sbaglio o meno, si riferisse ad altro rispetto ciò di cui parla il sig. Padovani. Credo si riferisse al mercato del lavoro, dove molto spesso le aziende preferiscono assumere per ruoli generici in cui non serve una laurea ad hoc gente non laureata semplicemente perchè non serve avere gente preparata, ma solo gente che svolga una mansione, possibilmente chiedendo meno possibile e si pensa forse che uno, in quanto laureato, abbia più pretese. Poi non so se sbaglio, e ripeto lo dirà Stefano. Personalmente credo che ovunque debba prevalere il merito e le capacità, indipendentemente da lauree e titoli vari. Però un'azienda, al momento di assumere,l dovrebbe forse cambiare logica, scegliendo chi è più bravo e potenzialmente utile rispetto a chi semplicemente si è sicuri che ingoierà ogni rospo gli si chiederà di ingoiare e stop. Credo questo sia un grande limite a tutto lo sviluppo economico ed occupazionale. Quando la laurea diventa un quasi-handicap per chi cerca un lavoro, un lavoro qualsiasi pur di lavorare e portare a casa qualche soldo, allora qualcosa veramente non funziona

  • Sono laureato in scienze politiche e sono giornalista pubblicista. La sola cosa che vorrei che tutti capissero è che noi laureati ci adatteremmo a qualsiasi tipo di lavoro, anche il più umile. Ho mandato centinaia di curricula a centri commerciali, a supermercati, ad agenzie di viaggi, ad alberghi, agriturismi, etc etc....come ho scritto, non ho ricevuto nessuna risposta o mi hanno detto " Le faremo sapere " oppure " Il suo curriculum è interessante ma non è in linea con la posizione da noi richiesta "....io ho quasi 37 anni, non ho un lavoro e come posso fare per costruirmi una famiglia.....dovrei andare fuori a cercare lavoro? Ci potrei anche andare se avessi la certezza di avere il posto sicuro, ma posti sicuri, duraturi ce ne sono? Il mio sogno era di quello di fare il giornalista, ma ormai lo faccio per hobby e ringrazio chi mi ha dato la possibilità e chi me la sta dando tuttora e sono, come detto, giornalista pubblicista ma non diventerò mai professionista perchè mi sono accorto che non mi servirebbe a niente. Ho mandato non so quanti CV all'Outlet Valdichiana e lì ho raggiunto la percentuale più alta di non risposte: il 100%. Potrei sapere perchè per certi lavori la Laurea non solo non conta, ma addirittura rappresenta un handicap? Quello che vorrei far capire è che noi laureati non abbiamo intenzione di passare avanti a nessuno e se facciamo domande per magazziniere o per cameriere o per addetti alle casse dei supermercati o per centri commerciali vorremmo che almeno fossero lette , considerate e non cestinate. Faccio un esempio? Tempo fa ho saputo che ad un negozio di un grande centro commerciale cercavano personale e il giorno dopo mi sono precipitato a portare il CV, mi è stato detto che mi avrebbero sicuramente chiamato almeno per un colloquio, sono tornato lì una decina di giorni dopo senza che mi avessero chiamato e mi è stato detto che avevano già provveduto perchè dovevano fare in fretta. Cosa bisogna pensare a questo punto? Che si va avanti solo a forza di raccomandazioni? Spero proprio di no....

  • Il problema Michele è che le due cose sono strettamente correlate.
    Per una impresa che assume, la laura vale se è specifica alla posizione ricercata altrimenti nella maggior parte dei casi non vale nulla essendo contrariamente a quanto si pensa fonte di cultura specifica e settoriale, non generale.
    Un laureato non è detto che sia un commesso migliore di un non laureato. Non fornisce nessuna abilità in più per vendere jeans conoscere il diritto costituzionale per esempio nell’ottica di chi ti assume.
    In conclusione se ci si laurea in materia non richiesta fortemente dal mercato del lavoro, non si deve rimanere delusi se quei 4-5 anni impegnati a studiare cose ‘di settore’ non danno nessun vantaggio rispetto ai non laureati nei ruoli per cui non sono richieste nozioni specialistiche.
    Se dovessi assumere un commesso assumerei molto più volentieri uno che ha già fatto il commesso rispetto ad un laureato che non ha fatto mai il commesso.
    Non è questione di discriminazione o di handicap. Non credo, al di la del problema clientelismo, che nessun imprenditore di buon senso sceglierebbe una persona meno qualificata e con meno esperienza scartandone una più preparata e/o con maggiore competenza semplicemente perchè è laureata. Questo francamente mi sembra una rappresentazione della realtà che non corrisponde al vero.
    La mia esperienza personale è diversa.
    Io credo che Stefano abbia avuto il problema di affacciarsi al mondo del lavoro in un momento drammatico dove per ogni posto di lavoro ci sono centinaia di candidati, tutto qui.
    Quello che posso condividere è che in un mondo di piccole imprese a carattere familiare, molti imprenditori ‘poco razionali’ si fidino ancora più della persona segnalata invece di valutare obiettivamente i candidati.
    Ma di nuovo questo non ha nulla a che fare con la questione laurea o non laurea. Non mi risulta francamente che ci sia la tendenza generalizzata a scegliere candidati peggiori perchè privi di laurea come se questa condizione desse qualche garanzia in più al datore di lavoro in termini di stipendio e/o fedeltà all'azienda.

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Michele Lupetti

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