{rokbox title=| :: |}images/piazzapd.jpg{/rokbox}…e fa pure rima. Riassumo in breve. Dopo una lunga fase di distacco e perdita di fiducia, in cui ho pensato principalmente per me e per il mio futuro chiudendomi in un abisso personalistico alquanto deprimente, l’annuncio della manifestazione del PD a Roma mi aveva provocato una sorta di ‘rigurgito’ di voglia di attivismo politico. Improvvisamente sentivo la volontà di riprendere in mano una qualche bandiera e andare ad urlare qualcosa in piazza, come a 15 anni quando si fece lo sciopero contro la guerra in Iraq. Ci rivedevo mio nonno, mi dicevo che non potevo più restarmene a casa con le mani in mano.
A quei tempi, quelli dello sciopero contro la guerra, avevamo la bandierina della pace e ce la prendevamo con imprecisate ‘multinazionali’, stavolta poteva pure andar bene una bandiera del PD, per quanto bruttina e dura da digerire per uno come me, sulla carta non moderato, ma comunque strumento utile per dire No a questi anni di destra, alla soffocante cappa culturale di questi mesi, ad un paese sempre più grigio, nervoso, pure un po’ violento, comunque senza speranza.
Ho preso il treno e sono andato, in compagnia di un amico. Mi sembrava giusto.
Per farla breve il divertimento e un po’ di luce io ce l’ho vista, ma solo durante il corteo. La mia impressione è quella che nella base del PD, che poi continuo a considerare la base della sinistra (sinistre radicali e dipietristi a parte…), l’entusiasmo ci sia, e ci siano pure le idee e la volontà di stare con quell’Italia che vuole cambiare che si leggeva negli slogan promozionali. Magari non si sa cosa fare e come, ma si vuole rinnovare, tornare a respirare aria fresca. Nel corteo c’era da divertirsi, gente allegra, bandiere, trombette, corettini, sberleffi. C’era vivacità, c’erano i giovani, e aldilà di qualche soggetto appartenente alla categoria del giovane vecchio l’atmosfera era sostanzialmente disinteressata e vivace. Nessuno, o quasi, era lì per la poltrona, ma solo perchè si era veramente rotto di anni di umiliazioni e sconfitte, non ne poteva più di Berlusconi e sperava una volta tanto, andando a Roma, di dare un contributo per una svolta.
Il problema, e non scambiatemi per un rottamatore alla Renzi, è che a parte Neffa tutto il resto della gente salita sul palco era sempre il solito vecchiume. Gente pluri-sconfitta, senza idee nuove, stantia, lenta, quasi fuori dal tempo. Specialmente Bersani, che mi è simpatico, ma mi ha letteralmente addormentato. E dire che non avevo nemmeno la scusa di essermi alzato troppo presto. Sensazione, la mia, che credo si sia diffusa quasi a tutti: arrivati lì con tanto ardore ed entusiasmo, siamo ripartiti con la faccia assonnata. Una specie di sabato del villaggio (globale).
Insomma, verrebbe da dire ‘Viva la base, via i dirigenti’, ma non so quanto abbia senso dirlo.
La colpa del sonno, probabilmente, non è di Bersani che cerca, col suo stile retrò attaccato alle buone radici della terra, di raddrizzare il timone di un paese che va in direzione opposta. Ormai temo sia accaduta una cosa: il mediaticismo post-Berlusconiano, la politica fatta di slogan, frasi a effetto e colpi sensazionalistici orchestrati ben bene in collaborazione con la stampa, ci ha conquistati totalmente. Tutto il resto ci fa dormire. Accade così: piano piano, anche se la cosa ti fa schifo, ti ci abitui, e tutto ciò che è diverso ti suona strano e ti diventa noioso. Sono arrivato perfino a dire che l’esperienza della Woodstock grilliana è stata molto più divertente di questa. E se lo dico io mi sa che la sinistra è messa veramente male.
Speriamo in martedì, davvero l’ultima occasione per tornare ad essere normali.
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