{rokbox title=| :: |}images/checcozalone.jpg{/rokbox}Pronuncio questa frase con lo stesso compiacimento che provava Fantozzi quando definiva la ‘Corazzata Cotiomkin’ (peraltro senza il coraggio di offendere la vera Corazzata, che era Potiomkin…) ‘una cagata pazzesca’. In fondo criticare Checco Zalone in giornate come queste, ormai che è divenuto una specie di eroe nazionale riempiendo i cinema e demolendo il record di incassi di Avatar, ha lo stesso effetto che poteva avere nei seventies parlar male dei grandi maestri del cinema sovietico. L’equivalente di bestemmiare.
E nemmeno i critici di professione osano ormai opporsi a questo fiume in piena, come non osavano opporsi allora.
Ma proprio la differenza fra allora e adesso mi fa pensare che preferivo nettamente l’epoca precedente, quella dei cineforum pieni di fumo e dei dibattiti obbligatori, dei film che più lunghi erano più erano belli e soprattutto più stranieri, contorti e incomprensibili erano più erano frutto dell’opera di maestri.
Li preferivo perchè nessuno o quasi ci capiva nulla, ma tutti uscivano contenti e convinti di aver fatto un’opera buona. Gli spettatori rimanevano con la positiva convinzione, forse illusione, che esistessero persone da cui imparare, con un livello culturale alto e di conseguenza, pur se nebuloso, affascinante. Si finiva insomma per pensare (forse sbagliando, chissà?) che ancora avevamo tanto da imparare, che imparare era bello e utile e allora si comprava un libro, oppure si tornava in sala a vederci un altro polpettone.
Zalone è invece un maestro di questi anni 10. Re del qualunquismo degno erede di Celentano, ma con una retorica più al passo coi tempi rispetto al molleggiato, Checco interpreta il peggio della nostra epoca e compiace con i suoi sketch l’Italia più mediocre, a cui lancia il subliminale messaggio che alla fine, anche se non va bene niente, ci possiamo tranquillamente tenere tutto com’è. In questo paese basta campare e tutto il resto, tutto ciò che potrebbe nobilitarci lo spirito e renderci migliore, è superfluo. State tranquilli, non vi affannate, va tutto bene, uscite pure col sorriso dalla sala.
Da buon Alberto Sordi dei tempi peggiori il comico pugliese, infilandoci dentro anche un buffo Caparezza (unico momento in cui ho riso), accontenta chi è in sala fingendo di volerlo mettere in difficoltà, così come faceva coi suoi ‘ospiti’ sul palco di Zelig a cui storpiava la canzoni. Un prendere in giro che diventa lisciare il pelo: così Zalone liscia il pelo all’Italia peggiore, cavalcando col presunto anticonformismo la volgarità e il cinismo tanto di moda in questi anni.
Insomma: Zalone, come un qualsiasi Martufello o come una qualsiasi scureggia di Boldi o Alvaro Vitali, non dà fastidio a nessuno (se non alla decenza) e per questo non mi fa ridere.
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