Bastian Contrario ha ragione: l’onda dell’antipolitica è forte e la voglia di non andare a votare ha contagiato molte persone, “non in mio nome” è l’estrema forma di protesa. Protesta che non mi convince, perché è come dire fate quel che vi pare ma non con la mia complicità.
Questa soluzione può dare soddisfazione alle viscere ma non paga, il non-voto produce un vuoto che qualcuno inevitabilmente riempie. Non ci sarà mai il 100% di astensioni e quelli che vanno a votare scelgono, giustamente, chi gli pare. Non ci si può poi lamentare se non ci piacciono sindaci, presidente di regione, capi di governo, per non parlare di altri riempitivi ben più pericolosi, non a caso riemerge, in alcuni, la nostalgia dell’uomo forte.
Per questo anche le elezioni locali possono diventare, nonostante la loro specificità, un test interessante, in questo senso non va sottovalutato il “grillismo che avanza”. Le semplificazioni, come insegnava qualche antico filosofo, non sono un male anzi talvolta diventano necessarie per governare la complessità, il successo dell’estrema destra francese è un esempio significativo di questa tendenza.
La ricetta forse sta proprio nella semplicità delle soluzioni, quella cosa facile facile ma che gli interessi di casta, categoria, ceto non consentono mai di applicare in questo bellissimo paese. La cosa dovrebbe risultare più agevole su scala locale, il problema è che il confronto appare più sulle persone che non sulle ricette di governo. E non basta appellarsi al fatto, per giustificare l’aridità dei programmi, che le comunità locali dipendono dalle scelte a livello nazionale, e che queste sono legate a quelle europee e quelle europee da quello che decidono al Fondo Monetario Internazionale.
Troppi alibi, infatti la capacità dei futuri amministratori, non sarà solo quella di parare i colpi della crisi ma di rilanciare le carte sul tavolo dello sviluppo. I temi non mancano: unione dei servizi, semplificazione delle procedure, sostegno al lavoro, valorizzazione in chiave economica dei beni culturali, l’ambiente come leva di crescita. Per questo non sono d’accordo quando si dice votate il meno peggio. No! Qui bisogna votare chi ha più idee, consapevoli che governare non è una cosa facile, improvvisatori e macchiette, simpatici quando salgono sul palco, diventano assai nocivi quando hanno in mano le leve del potere.