Non ci resta che magnare (La grande pappatoria s’è mossa)

{rokbox title=| :: |}images/pappatoria.jpg{/rokbox}Ho scelto di parafrasare Pascoli e la coppia Benigni-Troisi per qualche considerazione, amara, dai risvolti pseudo-sociologici. Coi Mercatini ad Arezzo della settimana scorsa è andato in scena l’ennesimo grande capitolo popolare delle ‘abbuffate’ (o ‘pappatorie’, termine a mio avviso più adeguato) di massa che ormai contraddistingue sempre più la nostra realtà locale, in particolare quella della Valdichiana. Un numero altissimo di persone ha riempito le vie aretine, dandosi allegramente ai prodotti tipici internazionali e al panino col rocchio.

E che file, che spinte ai botteghini per raggiungere l’agognato oggetto del desiderio, peraltro venduto a prezzi non certo bassi (da 4 a 5 euro)…. Nel complesso una bella iniziativa, l’ennesima di tante buone iniziative viste quest’anno, ma poi se si pensa a tirare dei bilanci finali cominciano ad affiorare i primi dubbi.

Le recenti lamentele delle associazioni di categoria dei commercianti sul clamoroso proliferare di sagre e eventi gastronomici nascono da qualcosa di sicuramente reale. Ripensando alle settimane e ai mesi scorsii e a come abbiamo passato i nostri weekend, ci vuole poco a realizzare che in questo 2010, in Chiana e non solo, la forma di socialità più diffusa, anzi probabilmente l’unica rimasta, sia stata quella del MAGNARE (e lo scrivo alla chianina, perchè ha una resa migliore).

Porchette, salsicce, prosciutti, caci, trippa, crostini, oli, vini: le grandi pappatorie popolari sono iniziate in primavera, ammesso che fossero mai finite, hanno caratterizzato a ritmo incessante i mesi estivi e proseguono tuttora, anche se l’estate è passata. Ma poco importa: si allestiscono gazebi, si noleggiano maxi-stufe: il mangiare è la regola, se non si mangia non si fa niente e se non si dà da mangiare la gente non viene.

E così sagre, buffet, aperitivi, banchetti di vario genere si moltiplicano così come proliferano le pseudo-pappate mascherate da evento culturale, quelli in cui la gastronomia entra anche nella cultura, pervadendola con nuove redditizie modalità in cui al ‘culturale’ di memoria-Berlinguer ti voglio bene si combina sempre e comunque il ‘pappare’.

In questa logica, davvero, ci resta solo il ‘magnare’. Ma davvero si può vivere solo di quello?

Non voglio, sottolineando queste esasperazioni recenti, risultare snob e contestare sia la sagra e la ‘pappatoria’ come forma di socialità, sia l’opportunità, per una terra come la nostra, di valorizzare le tipicità derivanti dall’agricoltura e dagli allevamenti e puntare sui buoni sapori della nostra tavola. Però credo che le nostre tipicità e le nostre risorse siano anche tante altre, e che sia la Valdichiana che più in generale la Toscana abbiano tanto in più da ‘vendere’ rispetto al cacio, all’olio e al vino. Peccato che invece tutto si riduca sempre più ad una tavolata piena di buoni sapori, e tutto il resto vada a farsi friggere (e qui qualche ultras delle magnate potrebbe chiedersi se quel ‘resto’, una volta fritto, si possa mangiare!).

La Toscana e la Valdichiana non possono puntare solo sul cibo e non possono vivere solo di cibo, esportando un’immagine nel mondo legata soltanto a una piccola fetta della nostra reale identità. Siamo il paese della chianina, del Chianti e dell’olio extravergine, ma siamo anche altro.

E allo stesso modo in Valdichiana e in Toscana non si può campare soltanto di ritrovi nei weekend con l’obbiettivo di una grande mangiata. C’è un bisogno assoluto di alimentare anche altro oltre allo stomaco, perchè poi sennò ci si infila in esistenze piatte, in cui ci si diverte e si mangia bene con gli amici, salvo poi rinchiudersi in palestra durante la settimana nel tentativo di dimagrire, ma si resta fermi ad un punto di mediocrità dal quale non ci si stacca mai, riproducendo in un certo senso modelli di vita che potevano appartenere ai nostri bisnonni. Ma loro, i nostri avi, avevano la scusa di essere semi-analfabeti, di essere poveri, di non avere modo di comunicare col resto del mondo. Noi non abbiamo scuse, e ridursi così è un affronto al senso stesso della vita.

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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Michele Lupetti

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