Disfide, singolar tenzoni, inviti accettati o respinti: gli ultimi giorni pre-ballottaggio si sono caratterizzati, in tutta Italia e di riflesso anche nella nostra provincia, per la centralità del tema del “duello”, specie televisivo, fra i due candidati in lizza. L’accettare un “duello” ha assunto quasi il significato di una prova di coraggio e una dimostrazione della genuinità dell’impegno politico. Se uno rifiuta il duello vuol dire che non è un candidato serio e non merita la fiducia dei suoi cittadini Ma servono davvero a qualcosa i duelli TV?
La spettacolarizzazione del confronto fra candidati giova al bene comune e all’interesse degli elettori o solo all’auditel?
Si obbietterà che è molto meglio un duello rispetto a un monologo infinito e che lasciare sedie vuote o rifiutare confronti diretti è un errore enorme. Tutto sicuramente vero, ma ritorno alla domanda precedente: il duello, nell’interesse di chi va a votare, è utile?
I problemi sono due. Il primo è la formula. Minutizzando gli interventi, blindando spazi di risposte e repliche, riducendo i giornalisti a meri esecutori di un magro compitino si ottiene a mio avviso un solo risultato: tanta noia.
Allo stesso tempo lasciando campo più libero lo scontro si riduce ad una mera enunciazione di slogan e a un esercizio dell’arte oratoria e della capacità di sovrapporsi all’altro o di freddarlo con brevi battute. Una specie di incontro di boxe, o al massimo di scherma, dove prevale quello col carattere più forte e capace di dare i pugni (o le stoccate) migliori. Ma sono pugni (o stoccate), non sono idee, proposte, programmi, volontà, valori, cioè le cose che dovrebbero contare davvero in politica e secondo cui sarebbe giusto scegliere.
Col duello molto spesso non vince il migliore, ma quello che resta più simpatico e che ci sa fare di più. Questa è la tragica verità, ma non è detto che costui sia il più bravo, poi, ad amministrare.