Lo sappiamo tutti, nei paesi di provincia si soffre di etnocentrismo. Cioè quel meccanismo mentale per cui tendiamo a vedere il mondo solo con gli occhi del nostro modo di pensare, e per questo motivo a volte facciamo fatica a comprendere le culture altrui. Per esempio, c’è un che di intrigante nella lontananza antropologica e linguistica fra i nostri due Castiglione, Castiglion Fiorentino e Castiglione del Lago.
Che sono distanti fisicamente appena 30 chilometri, ma che sembrano appartenere a due mondi diversi. Ci riflettevo anche domenica scorsa di ritorno dalla giornata conclusiva Festa del tulipano, tradizionale evento folkloristico che l’Associazione turistica Pro Castiglione organizza ogni anno, dal 1956, a metà aprile. Una festa che ha un’origine curiosa e per certi versi leggendaria – è nata nel dopo guerra quando un gruppo di olandesi scelse i terreni in riva al Trasimeno per coltivare i bulbi dei tulipani – ma che nella sua realizzazione è simile a molte altre. Come evento in sé infatti, l’apice è rappresentato dalla sfilata di carri allegorici, gruppi storici, bande musicali e sbandieratori per le vie del paese; il tutto chiuso da un simpatico e molto rudimentale (senza offesa) Palio del tulipano dove le cinque contrade si sfidano in una corsa fra “barelle” a forma di tulipano portate in spalla da giovani “barellieri”.
Una festa come tante – direbbe l’etnocentrico -, che si protrae per una settimana intera con iniziative culturali e folkloristiche di corollario. Di caratteristico c’è il centro storico addobbato di fiori che regala uno scenario colorato, spettacolare ed allegro. Di apprezzabile c’è l’ottima organizzazione, e mi vorrei complimentare con tutto lo staff che ha fatto crescere l’evento negli anni. Evento che attira gente. Tantissima gente. Complice anche un sole straordinario e sorprendente, domenica la cittadina umbra è stata letteralmente invasa. Difficile quantificare il numero di spettatori, di sicuro alcune migliaia. Eppure la Festa del tulipano è ingiustamente poco conosciuta da Terontola in qua e attira un bacino d’utenza proveniente soprattutto dall’Umbria, mentre erano tantissime le gite organizzate da lontano.
Cosa c’entra Castiglion Fiorentino in tutto questo? C’entra perché, con mia somma sorpresa, arrivato al lago dopo quasi 40 minuti di fila e 20 minuti di camminata a piedi mi sono accorto che si doveva pagare il biglietto d’ingresso. 7 euro intero, 6 euro ridotto, gratis per gli under 12. Ogni piccolo accesso al centro cittadino era presidiato da volontari. 7 euro per cosa? Per vedere cinque carri composti con petali di tulipano, due bande provenienti da fuori città e una corsa di cinque aggeggi di legno portati da ragazzini con le sneakers ai piedi. No, aspetta, questo è quello che risponderebbe l’etnocentrico. Io rispondo così: 7 euro spesi benissimo per assistere alla gioia di una comunità in festa, per assaporare l’atmosfera che si respira, per fermare il tempo e vivere nel presente un qualcosa di storico. E pazienza se i visitatori camminavano appresso ai figuranti o sbatteva sulle spalle dei musici, pazienza se il Palio in sé sembra quasi una corsa a piedi fra amici (o forse è questo il bello).
Quali reazioni si avrebbero se si facesse pagare per vedere il Corteo storico del Palio dei rioni, che al contrario di quello dell’altro Castiglione è formato tutto da cittadini doc che lo preparano 365 giorni all’anno? L’ipotesi è stata paventata tramite mezzo stampa dal presidente della Commissione palio Rossano Gallorini, ma si tratta per il momento di una semplice idea che difficilmente avrà realizzazione a breve. Ma mi immagino già la reazione: grosso polverone politico e sociale e il fuggi fuggi dal Palio – cosa che avviene tutt’oggi perché finito il Corteo storico centinaia di spettatori se ne tornano a casa disdegnando quello che dovrebbe essere il nucleo centrale del Palio, cioè il Palio stesso, solo perché si paga l’ingresso. In un paese che ama la sua festa, mettere un biglietto unico per assistere a Corteo e Palio darebbe un senso più unitario alla manifestazione, aiuterebbe gli organizzatori in un momento di crisi e forse qualche spettatore a cui piace solo il Corteo resterebbe anche per il Palio “tanto ormai ho pagato”.
Al di là dei proclami di facciata, e al di là dei nuclei storici dei Rioni (il cui operato è encomiabile) quanto “sente” davvero il Palio la comunità castiglionese? Sarà solo una coincidenza se il Palio “inizia a Cozzano e finisce a Montecchio”?