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Il criticone musica – “Fantasma” dei Baustelle

Oggi ho il piacere di parlare di un prodotto musicale della nostra terra che raramente ha spazio nei media, e cioè dei Baustelle, la band nata e formatasi artisticamente a Montepulciano. Il pretesto per parlarne è il nuovo album Fantasma, il sesto della loro carriera, uscito il 28 gennaio e già considerato da molti critici come il miglior prodotto italiano di questo inizio 2013 e forse dell’anno intero. Fantasma è quello che tecnicamente si definisce concept: le tracce ruotano idealmente tutte attorno a un unico tema con una discreta continuità di testi e musiche.

Contiene 19 tracce, tutte orchestrali, di cui sei sono interludi strumentali che spezzano il ritmo della “narrazione” e al tempo stesso mantengono alta l’attenzione dell’ascoltatore sul cd, registrato in Polonia e a Montepulciano (curiosità: è stato anche usato l’organo della chiesa di Montepulciano stazione). È un album impegnativo, lo apprezzi di più solo se lo ascolti nella sua interezza, e guarda caso il primo singolo uscito, La morte (non esiste più), è anche il primo della tracklist.

Il tema-concept è, appunto, il fantasma.I fantasmi della nostra modernità, intesi come le proiezioni delle nostre paure e di noi stessi in un mondo che non sentiamo più nostro, proiezioni che “illuminano” tanti ambiti della vita, dalla morte alla fine di un amore, dal disastro ecologico alla guerra. Il tutto immerso in un’ambientazione musicale oscura, esoterica, ansiogena, quasi horror, e infatti alcuni brani citano dichiaratamente le colonne sonore de L’esorcista e de L’uccello dalle piume di cristallo. Quando l’ascoltiamo non possiamo fare a meno di calarci in una dimensione pessimistica e maledetta (pare che Bianconi si ispiri ad Edgar Lee Master e chissà che non sia proprio lui lo “scrittore americano del Novecento” della traccia L’orizzonte degli eventi). Eppure, e qui sta la grandiosità del trio senese, è un pessimismo che lascia sempre uno spiraglio di luce, una speranza di salvezza espressa da chiuse armoniose che hanno un’intensità emotiva devastante. Non aggiungerò più, basti citare un brano di Monumentale (quella che più di altre fa da filo conduttore con gli album precedenti):

Quindi lascia perdere i programmi / coi talenti, i palinsesti, / per piacere non andare a navigare sulla rete, / stringi forte chi ti vuole bene / tra le tombe del monumentale, / trovi Dio, trovi Montale, ed un’opaca infinità.

Poi, si sa, Bianconi ama sperimentare. E allora ecco Cristina, con un andamento western e morriconiano, oppure Il Finale, dove i critici hanno notato un Bianconi quasi inedito con un timbro di voce che ricorda De André e che ha un andamento classicista che sembra un inno nazionale. Il futuro elenca l’angoscia di vivere conseguenze negative di scelte sbagliate, e ci sentiamo tutti in colpa a sentire questi versi, tanto che nella musica assomiglia a un canto liturgico (“il futuro desertifica/la vita ipotetica” con questa allitterazione della t che sembra martellare sulla nostra coscienza). In Radioattività emerge sì il fantasma del disastro ecologico (ripreso da L’estinzione della razza umana), ma è anche un richiamo metaforico all’esigenza di spogliarsi degli antichi valori che accecano e che fanno sì che “siamo troppo avvezzi a stare male, a proteggersi dal sole della radioattività”. Infine la chicca: L’orizzonte degli eventi, un capolavoro della musica contemporanea che si può gustare solo avendo il testo sotto mano (quando la sentirete capirete il perché).

Fantasma è già stato definito l’album della piena maturità dei Baustelle, e vede sia Francesco Bianconi che Rachele Bastreghi in gran forma (amo la voce di costei). Ho notato anch’io che la ricerca di forme nuove da parte di Bianconi è qui ai massimi livelli: le musiche sono più consapevoli e studiate dei ritmi giovanilistici dei brani di dieci anni fa, le citazioni sono sempre più spinte, e la collaborazione con la Film Harmony Orchestra di Breslavia (60 elementi…) non richiede ulteriori commenti. Però anche dieci anni fa Bianconi scriveva album-concept (Sussidiario illustrato della giovinezza, 2000), e Gomma, tanto per citare una canzone, parlava con chirurgica serietà del tema dell’autoerotismo.

Infine una curiosità dell’ultimissima ora: Bianconi è considerato il principe degli snob, e la sua idiosincrasia nei confronti delle cose commerciali come Sanremo o i talent è arcinota (tanto per dire: ha fatto uscire il singolo il 27 dicembre, privandosi volutamente di tutta la fetta di mercato del consumismo natalizio). Bene, Bianconi ha inconsapevolmente scritto una canzone per la vincitrice di X-Factor Chiara (non sapevo chi fosse, ha detto lui), in gara al Festival, canzone un po’ bruttina che ieri sera è stata preferita a quella dei Zampaglione. Già La cometa di Halley (Irene Grandi, vi ricordate?) spopolò a Sanremo, stai a vedere che alla fine un Sanremo lo vince davvero, e chissà che dramma sarebbe per il nostro Francesco.

 

Luca Trippi

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  • Conosco i Baustelle dai tempi in cui, ancora perfetti sconosciuti, suonavano all'Utopia. Li ho ascoltati live e, pur da non esperta, mi ha colpito sicuramente il percorso di crescita musicale. La recensione di Luca Trippi coglie nel segno, evidenziando innanzitutto la novità di un concept album (ormai una rarità nel panorama discografico), lo sperimentalismo e la complessità della scrittura bianconiana (ricchissima di citazioni letterarie e cinematografiche) e comunque l'accessibilità dei suoi testi ad un pubblico più ampio, come dimostra il successo delle canzoni scritte per Sanremo (la più bella e', a mio avviso, “Bruci la città” di Irene Grandi). La scelta di una strategia non commerciale premia, se il prodotto e'di qualità. L'analisi tematica delle tracce che Luca Trippi ci fa capire che, pur nell'atmosfera gotica e nella percezione tangibile delle spire della Grande Madre, una speranza ci sia, come Bianconi esplicita dicendo che, al di la' dell'obnubilamento indotto dai mass media, il contatto autentico con le persone che amiamo può farci intravedere un'ancora di salvezza, sia essa Dio o sia essa Montale (il riferimento al più grande poeta del Novecento non e'per nulla casuale). Leggo sempre con piacere articoli come questo, che valorizzano artisti e personaggi della nostra terra che, non dimentichiamocelo, a discapito della poca attenzione dei media, riscuotono grande successo presso i giovani, perché non tutti ascoltano i fenomeni di “Amici” o le canzonette da una stagione.

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Luca Trippi

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