{rokbox title=| :: |}images/ninazilli.jpg{/rokbox}Seconda serata ieri sera per la quarta edizione del Play, ovvero il festival che ha sostituito (fra la delusione di molti e i sospiri di sollievo di altri) Arezzo Wave. La politicizzazione non era mancata la prima sera, col concerto degli schieratissimi 99 Posse, una delle band simbolo del ‘movimento’ post G8 ormai alquanto demodè, ma che ancora vanta alcuni accaniti sostenitori sicuramente esaltati da questa esibizione. I 99 diventeranno per gli ex-no global quello che Guccini è stato per gli ex-68ini? Può darsi, sicuramente hanno carisma e grinta, anche se la loro musica non riesce più a sfondare e vendere come un tempo. Di Guccini non possiedono però la finezza e la sagacia verbale. Dicono più o meno le stesse cose, ma in modo più esplicito e rabbioso.
Se Guccini componeva accompagnandosi col lambrusco, loro hanno (idealmente) sempre pronto il casco anti-manganellata della polizia, e il palco diventa l’occasione per un lungo comizio in musica. Ma Meg dov’è finita? Comunque della prima serata il migliore è stato Brusco, uno da rivalutare
Nina Zilli ieri sera: adattissima alla combinazione con la notte rosa con la sua femminilità leggera e un po’ svampita (da shopping compulsivo insomma, anche se poi dal palco esterna stima a ‘le donne di una volta, quelle che hanno lottato per i diritti bruciando reggiseni’). E’ una delle novità più interessanti del panorama italiano attuale, ma soffre del male comune un po’ a tutti gli artisti moderni: sentita una canzone l’hai sentite tutte. E’ un po’ la Amy Winehouse italiana, sicuramente più brava della rivale Giusy Ferreri, ma piazza gli stessi vocalizzi con le stesse parole sulle stesse note per un’ora e mezza. Ma come detto è un male comune un po’ a tutti: una volta gli artisti da disco a disco (e spesso anche dentro lo stesso disco) erano irriconoscibili. Cambiavano volto e ti stupivano. Adesso sai cosa compri e sai cosa aspettarti. Senti il singolo in radio e di conseguenza sai che tutto il resto del cd sarà su quella falsariga. Limite degli artisti, ma probabilmente anche dei produttori che hanno poca fantasia, e forse pure limite della grande tecnologia, con la quale si uniforma e raffredda un po’ tutto. Insomma: un’artista da shopping per il corso, cioè quello che la maggior parte della gente (40mila, scrivono i giornali….) ha fatto ieri sera, limitandosi a stazionare 10-15 minuti massimo davanti al palco tanto per dire “l’ho sentita”.
Stasera i Purple, domani i Litfiba. Un festival di vecchi. Ma di vecchi leoni. Chi potrà spendere i 30 euro sicuramente non resterà deluso, anche se sui Purple i rimaneggiamenti rispetto alla formazione originale (mancano Blackmore e Lord, cioè la chitarra e l’organo hammond che hanno fatto la storia del rock) influiscono pesantemente, così come l’ugola consumata da 40 anni di birre e sigarette del vocalist Ian Gillan. Sui 30 euro c’è poco da dire: sono i prezzi normali di concerti di questo tipo. Preferiamo il gratuito ma forse, in proporzione, è meno accettabile dover sganciare 20 carte per i comunque ottimi Baustelle domenica sera.