Sorrido non perché molte delle ragioni che inducono alla indignazione non siano valide. Colpisce per esempio che in Italia un deputato nazionale prenda una indennità mediamente superiore del 30% rispetto ad un parigrado europeo, sorrido perché si tenta di ammantare la “lotta alla casta” con intenti moraleggianti che non hanno ragione di essere. Diciamo le cose come stanno, sta emergendo una colossale incazzatura che deriva essenzialmente da due fattori: la crisi economica e occupazionale e la voglia, legittima di tanti più o meno giovani politici di andare a sostituire i più anziani. Nel primo caso ci sono ormai centinaia di migliaia di persone che non ne possono più, cassaintegrati, disoccupati, precari, famiglie numerose che vedono come fumo negli occhi i “privilegi” della classe politica, senza accorgersi che questo è in gran parte il paese dei privilegi. Come chiamare altrimenti tutte quelle corporazioni, dai farmacisti ai notai, che guadagnano fior di quattrini non per capacità ma perché stanno dentro un mercato protetto, come chiamare altrimenti quei professoroni, spesso orientati a sinistra, con ville da 400 metri quadri che si scagliano contro gli ampliamenti delle case dei comuni mortali, come chiamare se non privilegiati coloro che utilizzano marchingegni più o meno legali per evadere, eludere, sottrarre al fisco centinaia di miliardi di euro l’anno. Probabilmente tra quelli che oggi si scagliano contro la “casta” ci sono anche questi, tutta gente che non credo abbia a cuore il destino dei giovani disoccupati o le sorti dei lavoratori. Dobbiamo dirlo chiaramente nella sdegno collettivo non c’è nulla di morale c’è invece molto di “rivoluzionario”, la necessità cioè di ricostruire un paese su fondamenta diverse che privilegino il merito, la capacità, la voglia di fare, l’equità sociale. E la lotta contro il privilegio dei politici è una parte di questo progetto non il tutto. Chi punta solo il dito sulla politica ha in mente un disegno diverso “cambiare tutto perché niente cambi” come insegnava il vecchio Tommasi di Lampedusa. E poi credo che non sia giusto mettere tutti nello stesso mazzo, qui c’è gente, penso in particolare ai nostri Sindaci che ventiquattro ore su ventiquattro è in prima linea, con costi personali e responsabilità pesanti e lo fanno per ottocento, mille al massimo duemila euro al mese. Non mi pare che si possa in questo caso parlare di casta.
Detto questo vengo al secondo aspetto i giovani in lotta con i vecchi, senza scomodare Edipo, la cosa è abbastanza chiara. Il problema non è solo generazionale, Alfano, Fitto, Bocchino, Orlando, Franceschini, Letta (Enrico naturalmente) non sono dei mammuth, il problema è che la politica è lontana, troppo lontana dai problemi quotidiani delle persone. E in questo senso non mi pare che i “giovani leoni”, di qualunque specie siano, offrano uno spettacolo migliore, in ogni rivoluzione quando il vecchio sostituisce il nuovo insieme agli uomini marciano le idee, non mi pare questo il caso italiano ne tantomeno aretino per restare in casa nostra. Quando Tony Blair (che a me sta simpatico ma a parecchi sta sulle scatole) dette una scossa generazionale al vecchio Labour la dette non solo portando alla ribalta una generazione nuova ma soprattutto una politica nuova che rompeva vecchi schemi e vecchi tabù della sinistra europea. Non vedo in giro tanti “cuor di Leone” in grado di fare questa operazione, anzi si punta al consociativismo, alla ricerca di alleanze di potere, al gradimento dei media in funzione del gradimento popolare, quando invece dovrebbe essere il contrario. Concludendo, quello che sta accadendo è un fatto interessante, attenzione però a non confondere la legge di natura con l’etica, sono due cose distinte e tali devono rimanere. Altrimenti si corre un rischio mortale, vorrei ricordare a coloro che oggi sono “indignati” che tra quelli che lanciavano monetine a Craxi ci sono molti che oggi in parlamento sostengono Berlusconi. Personalmente rimpiango, pur condividendo molto poco delle loro idee, i vari Berlinguer, Moro, La Malfa, Malagodi e perfino udite udite Giulio Andreotti.
IL SANSEVERO
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