25 aprile, festa della Liberazione. Come ogni anno si commemorano i partigiani e tutti gli uomini che hanno contribuito attivamente alla liberazione del nostro Paese. Ci dimentichiamo però dell’altra metà della Resistenza: le donne. Ma è proprio durante la seconda guerra mondiale che le donne prendono consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo nella società e attraversano una volta per tutte la linea di confine tra sfera privata, dove fino a quel momento erano state relegate, e sfera pubblica.
Questo passaggio è facilitato anche dal fatto che la seconda guerra viene vissuta come totale. Non esiste più una separazione tra i due mondi, come invece marcato nella prima, ma lo scontro si realizza in ogni luogo. Si assiste per la prima volta all’intervento delle donne nella lotta armata, non per ordini ricevuti dall’alto, ma spontaneamente per reazione individuale, anche per una evoluzione culturale e una preparazione politica sempre maggiore.
Anche per le partigiane la scelta nasce dopo l’armistizio dell’8 settembre: una scelta difficile, rischiosa ma che viene fin da subito percepita come determinante per il futuro. Alcune decisero di far parte di quella resistenza attiva armata (come Carla Capponi), altre come Alba de Cespedes di quella passiva, cioè di una Resistenza fatta di silenziosi sabotaggi, e chi decise di fare la “staffetta”.Ovunque, purtroppo, le donne subirono violenze e tante di esse morirono.
Qualunque fosse stata la scelta fatta, il contributo apportato fu comunque immenso, anche se questo ruolo non fu subito capito, tant’è che quando il 25 aprile si tenne la sfilata della Liberazione a Roma con tutte le squadre di partigiani le donne non furono invitate: era ritenuto indecoroso, osceno, non si poteva accettare la promiscuità, non era etico per loro usare le armi. Fu così che sfilarono solo le crocerossine, perfettamente rientranti nello stereotipo di angelo del focolare.
Quante furono le donne che parteciparono alla seconda guerra mondiale è difficile stabilirlo. Molte di loro per reticenza, paura e timore non compilarono la domanda di pensione. Ma a tutte loro e alle 19 medaglie d’oro va il mio ringraziamento, perché grazie al loro impegno e alla loro forza di volontà siamo arrivate ad avere il diritto al voto sia passivo che attivo, grazie a loro siamo passati da soggetti storici invisibili a visibili, grazie a loro oggi io sono qui a scrivere questo articolo.
Concludo invitando tutti i lettori e le lettrici a leggere le motivazioni del conferimento delle medaglie d’oro, verificando la differenza di linguaggio usato per gli uomini e per le donne. Le partigiane sono “martiri della Patria”, cioè vittime passive e solo di rado si parla di loro come eroine combattenti per la libertà del loro Paese. Anche quello, purtroppo, era un modo per tornare a relegarle nuovamente nella loro sfera privata.
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Grazie per aver ricordato il ruolo di tante donne nella Resistenza. Una lettura così piana e priva di retorica è quello che ci vuole per conoscere una parte importante della nostra storia comune. Quanti libri ed esperienze (Tina Anselmi, Teresa Mattei e con loro tante altre) di cui far tesoro in tempi difficili come questi