La democrazia funziona quando a decidere siamo in due, e l’altro è malato (W. Churchill). La democrazia è sempre, per sua natura e costituzione, il trionfo della mediocrità (I. Montanelli). La democrazia è basata sulla convinzione che nella gente comune ci siano possibilità non comuni (H. E. Fosdick). Chissà perché, leggendo dei 169 simboli ammessi alle elezioni politiche, a cui presumibilmente si aggiungeranno i 34 che dovranno essere modificati, mi è venuto in mente di leggermi la voce “democrazia” su Wikiquote.
No, signori, non sto facendo apologia dei totalitarismi. Solo che anche la democrazia ha i suoi difettucci: in Italia, per esempio, ci fa capire che non siamo un popolo e che non abbiamo un’identità nazionale.
Parto da lontano. I sondaggi annunciano la dispersione di voti in tanti rivoli, nello specifico almeno quattro: Pd+Sel, Monti, Pdl+Lega, Grillo. A cui vanno aggiunti i rivoletti Ingroia e Giannino che potrebbero ancora, a seconda delle varie alleanze, aspirare al superamento del famoso sbarramento per le Camere. Mai così tanti pretendenti al Parlamento come oggi. Non si capisce bene se c’è un’esplosione di idee o un’invasione di cialtroni. Chi se ne intende dice che la colpa è del successo dell’anti-politica che, per sua natura, è dispersiva.
Io andrei più a fondo. Quello che accade in politica, e che ormai non mi stupisce più nonostante la mia giovane età, è esattamente lo specchio di quello che accade nella nostra società: ognun per sé, Dio per tutti. L’erba del nostro orticello è sempre più verde dell’erba Italia. Un individualismo spiccato e accentuato. Un individualismo che ci mette il paraocchi. Un individualismo che si traduce poi in localismo e quindi, in nome del famigerato diritto di espressione, sfocia nel desiderio di imporre il proprio punto di vista. Il bene per la comunità, ormai, non lo considera più nessuno. O forse non l’abbiamo mai considerato.
Se elimini un semaforo per mettere una rotonda ed apportare benefici al traffico, i costruttori di semafori creeranno il partito “Tuteliamo i semafori”. Se costruisci una discarica a Isernia, gli abitanti di Isernia si riuniranno nel Movimento contro la discarica; ma se la costruisci a Campobasso, gli abitanti di Isernia continueranno a produrre rifiuti senza aprir bocca.
In politica, si preferisce creare una lista nuova, “vendere” i propri voti al miglior acquirente, magari fare copia e incolla dal programma dell’avversario, pur di non scendere a compromessi con lui. Pur di non aprire il dialogo. Pur di non capire che solo attraverso una larga maggioranza alle Camere è possibile governare un Paese, quindi risolvere i problemi (a meno che non si voglia fare un colpo di stato, ma allora che democrazia sarebbe?) Anche gli americani sono individualisti, forse anche più di noi, ma gli americani hanno capito che al di sopra della libertà individuale c’è la libertà di un popolo. Che il bene di un Paese viene prima dei nostri capricci. Quanta differenza culturale c’è tra un abitante dello Utah e uno di Miami? È abissale, eppure nessuno là si sogna di creare delle liste “Salvate i culi delle spiagge della Florida” o “La neve del Colorado è la più bianca di tutte”. E in America c’è la democrazia, mica la dittatura.
E intanto, mentre il Pd spende i soldi ricavati dalle primarie per appiccicare i lenzuoli 6×3 e mentre Berlusconi ha fatto pace con Santoro, ci avviciniamo all’ennesima elezione politica che non porterà nulla di nuovo, un eterno ritorno delle solite facce e dei soliti schemi che non smuoverà di un dito il lago di stagnazione economica e culturale in cui ci troviamo. Anzi, un elemento nuovo c’è: saranno le prime elezioni dell’era Facebook e Twitter.