La violenza maschile sulle donne è da alcuni anni, non molti per la verità, oggetto di dibattiti, manifestazioni e impegno. Nonostante ciò l’intensità del fenomeno non è diminuita, e attraversa tutti i Paesi del Pianeta in maniera trasversale. Nessun Paese ha sconfitto questa piaga, neanche il più emancipato come l’Islanda. Le donne islandesi hanno però dalla loro una legislazione che garantisce molte politiche di ‘sostegno’: per esempio i congedi parentali alla nascita del bambino sono molto generosi, la madre ha diritto a tre mesi di congedo non trasferibili, e il padre lo stesso. Poi i genitori hanno altri tre mesi che possono dividersi a seconda delle necessità.
Questo sistema riconosce uguale importanza ad entrambi i genitori fin dalla nascita ed elimina la discriminazione, ancora presente in molte società come quella italiana, che rende più difficile per le donne in età fertile trovare un impiego.
Di fronte a questo problema non possiamo però assestarci in posizioni soltanto rivendicative e creare da sole la ‘questione femminile‘, con le donne viste come gruppo sociale portatore di uno svantaggio e la conseguente identificazione della donna con il corpo, la sua cancellazione come persona e infine l’esclusione dalla polis.
Continuare a crucciarsi di fronte all’esclusione non porta cambiamento e dovremmo prendere coscienza che va cambiata la rappresentazione del mondo tutta declinata al maschile, perché abbiamo interiorizzato un modello che non è nato dalla nostra mente.
Stiamo assistendo alla chiusura dei centri antiviolenza per mancanza di finanziamenti, allora dovremmo cominciare a sperimentare nuove forme anti-violenza, cominciando a cambiare anche le chiavi di lettura del fenomeno. Proviamo a guardare oltre la devianza e la patologia individuale e accettiamo il fatto che la violenza porta in sé il residuo di una società patriarcale. Chiediamo insistentemente che non venga strumentalizzato lo stupro per parlare di sicurezza pubblica in termini di scontro di civiltà. E smettiamo di essere ipocriti parlando di politiche di tutela familiare, quando sappiamo bene che è proprio in famiglia che avvengono la maggior parte delle violenze.
La violenza sulle donne resta un tabù nella nostra cultura, è quindi necessario un grande sforzo per non lasciare le donne senza gli strumenti che le possano aiutare a sottrarsi alla violenza fisica e psicologica. Ed è altrettanto importante aiutare gli uomini a capire da dove nasce questa ‘ombra’…
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