Salutiamo con piacere la nomina di Andrea Fabianelli ai vertici della Associazione Industriali di Arezzo, finalmente un riconoscimento istituzionale che la Valdichiana non è solo filari di vite maritata, buoi, grano e girasoli ma rappresenta una realtà fatta di tante cose, compresa l’industria. La Fabianelli è una di quelle aziende che hanno contribuito alla storia economica della vallata, il pastificio è partito a metà dell’ottocento e da allora la produzione non si è è più fermata. Perfino nei momenti più complicati anche quando ne ha avuta l’opportunità il gruppo Fabianelli non ha mai voluto abbandonare Castiglion Fiorentino e la Valdichiana comprendendo, prima di altri l’importanza del territorio, della cultura che esso esprimere, del valore aggiunto del marchio “Toscana”.
Mi pare che il Presidente Fabianelli abbia le idee ben chiare, specialmente sulle priorità: formazione, infrastrutture, credito,servizi, rapporto aperto con la Pubblica Amministrazione, tutto questo in un quadro che rimetta al centro il settore manifatturiero. Quest’ultimo punto non era e non è scontato oggi prevale la tesi che si può fare a meno dell’industria che è brutta, sporca e cattiva, peccato che il CENSIS dica cose diverse. Per esempio che il 19% del valore aggiunto industriale della Toscana viene dalla provincia di Arezzo e che su scala provinciale il 25% di questo valore viene dal manifatturiero. Numeri importanti che se non sono uguali si avvicinano molto a quel mitico, che di mitico ha ben poco, Nord Est. Credo che il neo presidente, con le sue parole, abbia dato il via a una bella sfida, sfida che non coinvolge solo le imprese ma un po’ tutta la società aretina, per prime le istituzioni. Dobbiamo essere onesti, manca ormai da parecchio tempo una visione culturale e strategica sulle cose da fare, ognuno tira l’acqua al suo mulino: ci sono i campioni della terziarizzazione, quelli del turismo che sopravanza l’industria, quelli del ritorno alla terra, quelli che propugnano la soft economy e quelli che preferiscono l’hard (economy non fraintendiamo), quelli che farebbero carta straccia delle regole che tutelano il territorio e quelli che la crescita la vedono come belzebù.
Il fatto che vi siano così tante idee ma nemmeno un progetto serio la dice lunga sul fatto che occorra ripristinare una cabina di regia seria che non si pieghi alle mode del momento e dia una direzione di marcia sicura. I segnali che arrivano non sono belli, la crisi c’è e si sente, i soldi pubblici sono sempre di meno, la ricerca del consenso immediato frena i “pensieri lunghi”, cioè quelle idee che producono risultati dopo qualche tempo ma che non danno frutti immediati.
Ed allora che fare? Mi pare che un recente intervento del vicepresidente della rete dei comitati chiarisca in parte questo dilemma , Paolo Baldeschi dice “L’industria avanzata vuole ambienti vivibili e non devastati”, detto in altre parole la Toscana vince se punta non solo sulla qualità dei prodotti, dell’ambiente, ma mette al servizio dell’impresa tutta la sua storia e tutta la sua tradizione. E’ questo un argomento che sarà discusso a Montepulciano nella tre giorni organizzata dalla fondazione Symbola. Credo davvero che si lavori meglio in Toscana che nel Nord est, terra di capannoni e di prefabbricati cresciuti anche nelle vicinanze delle ville palladiane. E’ corretto dire che non servono nuove aree industriali in assenza di progetti, “limitare il consumo di suolo!” è la parola d’ordine una e categorica dell’Assessore Regionale Marson. Però è altrettanto vero che quando i progetti ci sono e qualche imprenditore ha voglia di investire le Istituzioni devono rispendere in tempi brevi senza lungaggini burocratiche, senza piantare paletti inventati in omaggio alla pratica del “non fare” e del “non prendersi le responsabilità”.
IL SANSEVERO
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