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Elezioni, assenteismo e… politica

Mi dispiace che Andrea (Vignini) non sia stato eletto perché lo stimo colto onesto e capace e poi perché da lui, che incontro abitualmente, mi sarei sentito rappresentato direttamente nelle istituzioni, che sento estranee, come tutti. E qui secondo me sta il punto da esaminare. Come detto da tutti il risultato più evidente delle ultime elezioni, anche nella nostra zona, è l’aumento del numero dei cittadini che non sono andati a votare, cui se, come secondo me è opportuno fare, si somma il numero di quelli che hanno espresso un voto di esclusiva protesta contro la classe politica presente, si raggiunge una cifra che testimonia in maniera chiara e drammatica il dissenso della cittadinanza verso il modo in cui viene governata.

Il cittadino è ormai, per fortuna, abbastanza consapevole del fatto che il “politico” dovrebbe avere un solo fondamentale compito, quello di rappresentare nelle istituzioni di governo, dal Comune alle Assemblee Internazionali, la sua volontà, e che egli è un suo “dipendente” opportunamente stipendiato con il denaro che egli versa all’erario, e che per questo ha il dovere di consultarlo prima di prendere decisioni e aggiornarlo sull’esito del suo lavoro.

Erano i partiti, nel passato tempo della immaturità di massa, a indicare ai cittadini quel che andava fatto e su acritica base ideologica chiedevano loro il voto; i tempi sono oggi cambiati: sono i cittadini ad avere idee, giuste o sbagliate che siano, su quel che andrebbe fatto e su queste pretendono di scegliere persone capaci di farlo. Se, come avviene, vedono che i “politici” non si adeguano a questo cambiamento, smettono di votarli e ciò è pericolosissimo perché mina nel medio periodo l’impianto della democrazia rappresentativa, in un momento storico molto complesso e per questo pericolosissimo, senza che si scorgano all’orizzonte forme alternative di gestione della società diverse da quella autoritaria, che ovunque in Italia e nel resto delle democrazie comincia ad affacciarsi.

Vista l’attuale organizzazione sociale ritengo che soltanto i partiti possano e debbano intervenire su questo punto nodale, e, per essi, vista l’inefficace ed esile relazione che hanno con la loro base, i loro dirigenti, che operano nelle realtà locali, come, per esempio, a Cortona e nei paesi limitrofi, trasformando le strutture territoriali da macchine elettorali in sistemi di reale rappresentatività della volontà dei cittadini; ma purtroppo a me sembra che i nostri dirigenti politici, anche se consci del problema, siano lontani dall’affrontarlo senza dannose retoriche, cominciando ad operare concretamente in tale direzione, forse anche perché hanno timore che tale cambiamento li escluda dai meccanismi del “potere”, conquistato con anni di faticosa “gavetta”.

Sia la base allora a scuoterli, perché non ci sono alternative, se crede nella democrazia: meglio utilizzare l’esistente, piegandolo al proprio volere, piuttosto che cercare di abbatterlo senza alternative reali.

Redazione

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