A metà degli anni 90, non c’era scaffale di libreria a Chicago, dove vivevo, che non mi riportasse ad apprezzare quella terra da cui me ne ero andata: la mia Toscana. E ciò che mi irritava era che per spiegare dove si trovasse Arezzo, dove riferirmi a Cortona, in una strana triangolazione con Firenze e Siena. Era poi il 2003 quando, senza comunicazione mirata di alcun genere, la Fiera dell’Antiquariato di Arezzo incrementò l’attenzione della stampa internazionale, e vide crescere il pubblico anglosassone che non solo visita le bancarelle col fare curioso di chi girella, ma anche acquista pezzi con il gusto capace di trasformare oggetti e arredi in appunti di viaggio.
D’un tratto Cortona, sebbene già nota ai viaggiatori raffinati, è diventata l’ombelico del mondo, e in meno che si possa pensare, i terrazzamenti e le insenature collinari, sotto il fruscio discreto delle frasche di olivo, hanno ispirato uno stile di vita, lento e ammiccante, fatto di verde, azzurro e grigio delle mura secolari, di buon vino, e cibo semplice: un format che si addice ad un territorio naturalmente dotato di un allure da dolce vita.
Il grande merito mi dicono i saggi anziani del posto, fu di un sindaco per aver intuito che il giacimento di ricchezza di Cortona era la sua conservazione, e con solido spirito di avanguardia prevedeva il turismo come grande risorsa.Di fatto i cortonesi sono stati da sempre avezzi alla presenza degli studenti americani, ma non si sono resi forse conto del ciclone Tuscan Sun che li stava ulteriormente graziando. Dire nel mondo Tuscan Sun significa dire CORTONA , e, che la cosa piaccia o meno, solo la liberalità di una mente americana riesce a concretizzare la magica visione che di cultura si vive. Il grande successo non è stato solo un calendario di eventi, ben programmati e di grande risonanza mondiale, per la notorietà dei nomi.
Si è trattato di un vero progetto che dall’inizio alla fine non lascia niente al caso e all’improvvisazione, neppure sponsor e bilancio, insomma mai niente di banale, dove le arti del nostro bel paese vengono vissute e trattate con estrema serietà , e non con il senso del festival degli sfigati. Come non esultare all’inebriante coinvolgimento tanguero di una Martha Argerich? Come non esultare ad un concerto che da una piazza come tante altre, porta una piccola città ancora oggi in giro per il mondo sulle corde di un violino? Tutto questo ha avuto un impagabile effetto benefico che si è diffuso e adagiato su ogni singolo cittadino, su ogni singolo metro quadrato di proprietà, su ogni singolo scontrino delle attività commerciali, al pari o quasi degno di Capri, Portofino, Taormina, solo nelle colline sul mare giallo dei girasoli della Val di Chiana. Senza pregiudizio alcuno, non si può paragonare Tuscan con Mix, programma che mi ricorda “tanto per far qualcosa dopo cena, come se si andasse a teatro per digerire”
Ma di certo, e oso citare il detto andreottiano, mi sa tanto che si sia colta un’occasione per interrompere qualcosa che non avrebbe mai lasciato spazio alle modalità di una politica ormai destinata solo al fallimento di sé stessa. Certo, un americano cosa condivide della politica locale? Apprezzabile lo sforzo di sponsor di alcuni imprenditori, magari non proprio locali, ma vogliamo mettere davvero a confronto la macchina da guerra di comunicazione che Wissman e chi per lui ha dimostrato di essere capace metter su con gli interessi a sostenere le centrali a bio masse che danneggiano in maniera altrettanto evidente un territorio vocato al turismo come quello del cortonese? Non so quanto siano opportune frasi come “finchè ci sono io lui qui non torna” o “aspetto solo che quella certa situazione fallisca”
Purtroppo sembra che per il primo cittadino frasi simili siano abbastanza frequenti, probabilmente perché come abitudine generale di quella stessa politica, pensa che il suo mandato non abbia mai termine. Magari i cittadini pensano: non vedo l’ora che se ne vada. Presunzione? Permalosità? Questione di principio? Senso di onnipotenza? Di certo un altro mandato di sindaco non gli sarà tecnicamente possibile, nel frattempo speriamo che i danni da scelte personalistiche siano limitati, e che entrambi Wissman e Vignini abbiano la disponibilità a dialogare nel rispetto di una città che è stata la scenografia e il motivo di qualcosa di magico e bello, e di cui tutti, ma proprio tutti hanno beneficiato.