Lunedì 21 maggio, si è tenuta presso la sala civica di Camucia l’assemblea pubblica del Comitato Tutela di Cortona dal tema “Cortona, cavallo di Troia per le biomasse in Valdichiana”. Fra i tanti argomenti trattati, sono stati oggetto di vari interventi anche i due impianti per la produzione di biometano/biogas in costruzione nel territorio cortonese. In qualità di tecnico agronomo, ho fatto parte del team di professionisti, comprendente ingegneri ambientali e geologi, che ha seguito l’iter progettuale e autorizzativo dei due impianti. Vorrei pertanto intervenire per fare chiarezza in merito e per correggere alcune inesattezze espresse dagli intervenuti.
Si dirà che, in quanto tecnico delle committenze dei due impianti, non possa che essere parziale. Lascio al lettore la valutazione in merito. Da parte mia, cercherò di limitarmi ad enunciare i fatti e ad esprimere valutazioni il più possibile oggettive.
Cosa è un impianto per la produzione di biometano?
Il biometano è un biocombustibile gassoso ottenuto dalla fermentazione in assenza di ossigeno (digestione anaerobica) di materiali residui di origine organica, animale o vegetale.
Un impianto di produzione di biometano riproduce quanto avviene negli stomaci di un bovino: la biomassa viene prima triturata, quindi viene inviata ad un digestore dove subisce la digestione da parte dei microrganismi che disgregano la sostanza organica producendo biogas costituito per il 70% da metano e per la restante parte da anidride carbonica ed altri componenti. Il biometano prodotto può essere destinato alla cogenerazione con produzione di energia elettrica che viene immessa nella rete ENEL e calore, utilizzato in loco.
L’intero processo avviene in ambiente perfettamente sigillato e a temperatura controllata.
Le biomasse utilizzabili sono tutte quelle agricole non costituenti rifiuti e in particolare:
colture invernali e primaverili (mais, sorgo, triticale, erbai …)
residui colturali (paglia, colletti barbabietole, …)
deiezioni animali (suini, bovini, avicunicoli, equini)
residui agroindustriali (sanse olearie, vinacce, siero, scarti vegetali, scarti pastifici…).
Il residuo della digestione anaerobica, denominato digestato, viene riutilizzato per la fertirrigazione oppure essiccato e compostato per la produzione di terricci.
Ciò premesso, vado a commentare alcuni considerazioni espresse dagli intervenuti all’assemblea. Non potendo riportare le testuali parole, cercherò di riferire il più possibile fedelmente i concetti espressi.
E’ stato detto che, per motivi di convenienza economica, non verranno utilizzati i reflui zootecnici. E’ VERO, non verranno utilizzati reflui zootecnici, è FALSO che ciò derivi da una scelta imprenditoriale. Il piano di alimentazione dell’impianto del Ferretto, prevedeva l’uso di pollina e liquami suini di allevamenti posti nelle vicinanze. Secondo l’interpretazione che ARPAT ha dato in sede di conferenza dei servizi sulla normativa vigente (Testo Unico sull’Ambiente), l’uso di reflui zootecnici negli impianti di digestione anaerobica, configura il digestato come rifiuto.
Si riporta uno stralcio della delibera autorizzativa:
“..la Conferenza dopo approfondita discussione e con parere unanime, ritiene che le materia fecali che l’Azienda proponente intende utilizzare nel proprio ciclo di produzione di energia elettrica non possano, allo stato ed al momento, ragionevolmente essere qualificate quale biomassa che non rientra nell’ambito di applicazione della parte quarta del D.Lgs. 152/2006 (Sezione rifiuti del Testo Unico Ambiente)”
E’ stato detto che verranno effettuate coltivazioni intensive con incremento dell’uso di concimi e diserbanti. FALSO: è dimostrato che le colture da biomassa favoriscono la riduzione di imput chimici, in quanto si riduce l’impiego di concimi minerali (peraltro sono tutti di derivazione estera!) che vengono rimpiazzati con la distribuzione del digestato e si riduce l’impiego di diserbanti, in quanto la presenza di infestanti assieme alla coltura, non crea problemi, essendo questa destinata ad essere trinciata e insilata.
E’ stato detto che il digestato è un materiale altamente inquinante. FALSO: come attestato da fonti autorevoli (Gruppo Ricicla dell’Università di Milano, Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, ecc.) il digestato costituisce una matrice organica stabilizzata, igienizzata e pulita, di alto valore agronomico, con buone proprietà fertilizzanti ed ammendanti. Distribuendo il digestato nei terreni di provenienza delle biomasse, si va a riportare su questi gli stessi elementi della fertilità sottratti con la coltivazione.
E’ stato detto che alle Conferenze dei Servizi sono stati convocati solo quattro enti. FALSO: tutta la documentazione progettuale degli impianti è stata prodotta a tutti gli enti aventi titolo, ventisei per l’impianto del Ferretto, diciannove per l’altro impianto, che sono stati tutti convocati alle Conferenze dei Servizi. Gli enti che non hanno partecipato direttamente alle conferenze, hanno quasi tutti inoltrato nulla-osta, alcuni a seguito di richiesta di integrazione, fra cui per l’Umbria, relativamente all’impianto del Ferretto, Regione, Provincia, Comune di Castiglione del Lago, Soprintendenza, ASL, ARPA.
E’ stato detto che non sono state correttamente informate le Soprintendenze. FALSO: ci si è attenuti scrupolosamente a quanto prescritto in sede autorizzativa. Per l’impianto del Ferretto è stata data comunicazione di inizio lavori alla Soprintendenza della Toscana e dell’Umbra. Per l’impianto del Riccio, si è provveduto a nominare l’archeologo che dovrà sovrintendere i lavori e ne è stata data comunicazione alla Soprintendenza per la Toscana.
E’ stato detto che obiettivo delle aziende proponenti è speculativo e non ambientale. SINGOLARE pretesa. E’ come affermare che svolgere un’attività di impresa o una qualunque attività lavorativa per ritrarne un reddito è criminale o, quanto meno, biasimevole.
E’ stato detto che questi impianti vengono realizzati solo grazie agli incentivi, senza di questi non si farebbe nulla. VERO: in generale, senza aiuti il settore delle rinnovabili non sarebbe mai partito. In Germania, il biometano è stato avviato da anni grazie all’incentivazione.
“Un paese che crede davvero nelle energie rinnovabili, che investe in uomini e risorse nella ricerca di settore per trovare la vera alternativa al nucleare, destinato ad uscire di scena nel 2020.
Questa è la Germania che si prefigge un obiettivo ambizioso entro il 2050: arrivare al 60% di energia e all’80% di elettricità prodotte da fonti rinnovabili, in particolare biomassa, la fonte più utilizzata (70%), seguita da fotovoltaico ed eolico.
Il numero di impianti in Germania ha superato i 7.100 con una potenza installata di circa 2.700 MW e ben 3,7 milioni di nuclei familiari che utilizzano elettricità da biogas” (Il Sole24 ore – 30 gennaio 2012)
E’ stato detto che il Comune di Cortona ha deliberatamente confinato l’impianto ai limiti del territorio comunale. FALSO: l’ubicazione degli impianti è stata scelta dalle aziende proponenti, senza interferenza alcuna. Pertanto un impianto sorgerà al confine con il Comune di Castiglione del Lago, l’altro in pieno territorio comunale.
In conclusione, ringrazio gli organizzatori per avermi invitato, tramite face book, a partecipare all’assemblea. Mi rammarico tuttavia che, nonostante avessi espresso più volte la disponibilità a presentare al Comitato i due progetti, non sia stato convocato. Forse avrei potuto contribuire a garantire una migliore informazione. Ritengo che fare cattiva informazione (mi riferisco agli impianti a biometano e non entro nel merito degli altri argomenti dibattuti), al di là delle cause perseguite, giuste o sbagliate, non sia un buon servizio alla cittadinanza e si finisca col perdere credibilità su tutti i fronti.
Gianfranco Rossi Agronomo