di Fabio Comanducci
È evidente che se un automobilista, che viaggia con la propria vettura in una strada a senso unico, vede molte auto provenire in senso contrario, si deve chiedere subito se è lui che sta procedendo contromano e quindi sarebbe opportuno, per l’incolumità sua e degli altri, che cambiasse senso di marcia.
È questa l’impressione che ho in merito alla scelta fatta dal Comune di Cortona di limitare (almeno finora) alla sola distribuzione dei pacchi alimentari la modalità di aiuto in questo periodo di emergenza anche alimentare, diversamente da quanto applicato dalla stragrande maggioranza dei comuni, compreso quello di Arezzo (nonostante che il sindaco Ghinelli abbia sottoscritto analogo accordo con la Caritas Diocesana, in sintonia con quanto ha compiuto il sindaco di Cortona) che prevedono la distribuzione dei buoni spesa.
L’ordinanza della Protezione Civile prevede infatti al comma 4, lettera A dell’art. 2 la possibilità di acquisire da parte del comune “buoni spesa”, mentre alla lettera B si fa riferimento all’acquisto diretto di beni alimentari e prodotti di prima necessità.
Non voglio entrare nel merito della impostazione generale che si deduce dalla lettura della Delibera di Giunta n. 51, compresa la scelta di liberare (per ora) solamente il 40% del contributo in questa prima fase … lascio ad altri il compito della valutazione di legittimità e di merito.
Mi chiedo solamente: come mai quasi tutti i comuni hanno optato per distribuire anche i buoni spesa?
Provo a dare la mia risposta. Oltre che per una ovvia semplificazione organizzativa e di rendiconto successivo, esiste anche un motivo definirei socio/psicologico secondo me rilevante: la spersonalizzazione dell’aiuto o se preferite la massificazione del sostegno, che comporta la distribuzione dei pacchi alimentari. Normalmente la Caritas, come altre numerose, fortunatamente, realtà di volontariato, opera nel quotidiano a sostegno di situazioni di profondo e continuato disagio, con mezzi scarsi e spesso insufficienti al fabbisogno. L’emergenza continuativa fa sì che la forma più diretta ed immediata di intervento porti a massificare gli aiuti, come avviene quando si fa l’elemosina o si attua la carità in senso laico e non cristiano. Ecco allora la scelta dei pacchi di sostentamento, la distribuzione di cibi caldi e la possibilità data di dormire sotto un tetto e, d’inverno, al caldo.
I 400.000.000 di euro sbloccati dal Governo sono indirizzati, come afferma la Ordinanza, quali risorse da destinare a misure urgenti di solidarietà alimentare, in relazione alla situazione economica determinatasi per effetto delle conseguenze dell’emergenza covid-19. È noto infatti come molte famiglie, usualmente autonome finanziariamente, sono state colpite nella propria liquidità finanziaria da questa situazione, soprattutto nel sud Italia dove è presente una massiccia realtà di “lavoro al nero”. Lo Stato ha destinato questi soldi direttamente ai cittadini che si trovano in stato di necessità individuando gli Uffici dei servizi sociali di ogni comune come tramite di questi finanziamenti. Non siamo in situazione di carità, ma siamo in situazione di diritto ad avere i fondi destinati dalla protezione Civile, in quanto soldi dei cittadini stessi. La mediazione della Caritas e quindi la scelta dei pacchi alimentari è dovuta, secondo me, solo per quelle situazioni di consegna domiciliare, in situazioni in cui i beneficiari non possono/vogliono uscire.
L’uso dei buoni spesa, dal punto di vista soggettivo, dà la possibilità ai beneficiari di:
- Scegliere cosa comprare rispettando una propria dieta alimentare equilibrata e completa (pensiamo al pane e al latte fresco, carne, pesce, verdura, frutta);
- Scegliere quando e dove comprare, nel rispetto delle convenzioni sottoscritte dal comune con gli esercizi commerciali che hanno aderito all’iniziativa;
- Non fare la fila presso le sedi Caritas del Comune o farsi portare i pacchi a casa ove è più difficile rispettare la privacy, soprattutto se la consegna viene fatta da persone riconoscibili nella funzione e il soggetto ricevente abita in un condominio o con case nelle immediate vicinanze. Privacy invece rispettata nei supermercati e negozi ove è prevista la conclusione della spesa, del pagamento e della sistemazione dei beni acquistati nel carrello o nelle buste, nel rispetto della distanza del cliente che precede dal successivo acquirente.
In conclusione, secondo me, con i buoni spesa il soggetto è attivo, è un cliente dell’esercizio commerciale come tutti gli altri che utilizza soldi destinati direttamente dallo stato e quindi propri; chi usufruisce di pacchi alimentari è un soggetto passivo, destinatario di una donazione tramitata da altri (la Caritas nel nostro caso) e privo quindi della libertà di scelta.
Spero di sbagliarmi … mi auguro che la scelta controcorrente fatta dalla giunta del comune di Cortona nei fatti smentisca non tanto il sottoscritto, quanto l’agire del resto d’Italia.