Questo è l’unico paese dove si festeggiano le bocciature, un giornale locale titola “il comune boccia i supermercati” e poi a seguire dichiarazioni di “viva soddisfazione” di categorie economiche e rappresentanti istituzionali. Le motivazioni sono più o meno sempre le stesse: protezione dei piccoli negozi, salvaguardia dei centri storici, questioni paesaggistiche. Ma siamo davvero sicuri che la qualità dei centri storici e dell’economia locale debba per forza basarsi su misure protezionistiche?
Più passa il tempo e meno sono convinto, perché troppo breve è il passo dalla necessaria tutela al fermo totale di ogni iniziativa, basta vedere quello che succede in molte parti della nostra provincia: appena un imprenditore prova a mettere fuori il naso partono i blocchi, con il risultato che si scoraggiano gli investimenti e si impoverisce il territorio.
La traduzione più immediata è la perdita graduale di posti di lavoro e la diminuzione del reddito e quando la gente non ha soldi in tasca l’economia locale soffre.
Sarebbe interessante chiedere ai nostri commercianti quanto ha pesato in termini di calo delle vendite la chiusura di aziende storiche e la mancata riconversione di settori ormai decotti.
E’ solo un esempio per dire che le ragioni della crisi stanno forse da un’altra parte, si pensa davvero che la soluzione ai nostri mali sia mettere i bastoni tra le ruote agli investimenti nella media e grande distribuzione?
Per molti questa è la soluzione più semplice perché consente di evitare altre risposte forse un po’ più scomode, la qualità dei centri storici è data infatti dal recupero residenziale, dalla regolamentazione del traffico, dalla qualità della vita, se c’è tutto questo la persone ritornano e vivono anche i commerci.
Voglio fare un altro esempio su come il dibattito sia falsato da troppi luoghi comuni: in tanti predicano una ripresa della agricoltura, e segnali interessanti esistono, c’è davvero un ritorno, percentualmente ancora debole ma significativo, di giovani imprenditori alla terra.
Ma questo vuol dire, almeno in una prima fase aiuti, sostegno e soprattutto una politica dei mercati e dei marchi che ancora dalle nostre parti stenta a decollare.
Un solo appunto: parecchi di coloro che predicano non riescono a distinguere una zappa da una vanga, ad alcuni di questi, ben sistemati in comodi uffici con riscaldamento d’inverno e aria condizionata d’estate, non farebbe male andare a pulire una stalla oppure zappare gli ortaggi. Sono convinto che cambierebbero almeno in parte le loro teorie, è facile parlare degli altri, lo è un po’ meno quando si deve mettere in discussione se stessi ed il parassitismo intellettuale ( a quali costi per la collettività?) che prospera in questo paese.
E’ semplice seguire le mode a prescindere dalla realtà, non a caso in troppo pochi sottolineano che la forza del nostro tessuto produttivo è sempre stata quella di un mix di economie: piccole e medie imprese, agricoltura, commercio e negli ultimi anni turismo. Fare a meno di una delle gambe rende instabile il tavolino ed è quello che sta accadendo con le politiche dei veti incrociati: qualcuno prima o poi dovrà decidere cosa fare e non limitarsi a direzionare la barca laddove soffia il vento in quel momento.
IL SANSEVERO