Sembra di essere ritornati al 1948, al tempo del bellissimo film di Vittorio de Sica “Ladri di biciclette” che racconta la triste storia di Antonio Ricci, un disoccupato, che trova lavoro come attacchino comunale ma che per lavorare deve possedere una bicicletta. Proprio il primo giorno di lavoro, però, mentre tenta di incollare un manifesto cinematografico, la bicicletta gli viene rubata. Antonio rincorre il ladro, ma inutilmente. Andato a denunciare il furto alla polizia, si rende conto che le forze dell’ordine per quel piccolo e comune furto non potranno aiutarlo.
Anche la cronaca odierna ci segnala decine e decine di furti di questo mezzo ritornato necessario, specialmente nelle grandi città, per raggiungere il posto di lavoro, per muoversi, per fare sport e addirittura per turismo (nell’anno 2020 sono state vendute in Italia oltre 2 milioni di biciclette).
Secondo un censimento effettuato dal Comune di Milano non meno di diecimila ciclisti pedalano quotidianamente, dato accertato attraverso l’uso di semafori conta-ciclisti di cui oltre quattromila a Pescara, Paestum e Brindisi. A quanto pare, siamo diventati (con o senza bonus) un popolo di santi, poeti, navigatori e ciclisti.
Ricordo che circa quattro anni fa a Cortona, nella sala del consiglio comunale, si tenne un convegno sul turismo lento: dai cammini al turismo in bicicletta. Secondo i dati forniti dalla Fiab (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), ogni anno oltre sette milioni di stranieri entravano dal Brennero in Italia. Un dato significativo per lo sviluppo turistico del nostro Paese. Cosa abbiamo fatto noi per intercettare questo considerevole flusso turistico?
Dopo i buoni propositi e l’interesse scaturiti durante il convegno tra i presenti, gli operatori e gli amministratori, poco o nulla è stato fatto: il centro storico non dispone ancora di luoghi attrezzati e sicuri per il ricovero delle biciclette (alcune delle quali arrivano oggi a valere a circa 10-15 mila euro) né di luoghi a basso costo per ospitare i ciclisti (il nostro ostello è stato messo in vendita anziché essere utilizzato a questo scopo) e mancano le piste ciclabili.
Anche se in Italia subiamo un ritardo abissale nei confronti di città come Parigi, Berlino e Madrid, al momento però qualcosa di nuovo e positivo si sta muovendo.
Nel P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) infatti sono stati stanziati oltre 600 milioni per le piste ciclabili ben 400 dei quali sarebbero destinati per la costruzione di ciclovie turistiche, fondi che andrebbero sommati ai 370 milioni messi in bilancio e non spesi nell’anno 2020. Nell’ultima legge finanziaria, inoltre, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile ha appena fatto sapere che sono previsti, e già disponibili da spendere ben 400 milioni per la ciclabilità.
Credo perciò che sia giunto il momento di realizzare progetti a livello della nostra vallata utili ad offrire collegamenti sicuri ed interessanti tra i vari centri considerato che i “sali e scendi” della Valdichiana sono unici e meravigliosi.
Si cominciano a vedere cifre non indifferenti dalle quali partire per riconsiderare l’intero settore e favorire lo sviluppo di quel modo di muoversi che è stata una delle nostre prime conquiste: riuscire a pedalare passando dal triciclo alla bici con le due ruotine posteriori e finalmente alla bicicletta, il mezzo che è il vero simbolo di libertà, fatica e salute.
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