Leggo sui giornali che un Consiglio Comunale della nostra provincia, con voto unanime ha deciso “di appoggiare la campagna di obbedienza civile sull’acqua”, campagna che nei fatti vuol dire una autoriduzione della bolletta di Nuove Acque di circa il 13%, questa sarebbe secondo i rappresentati dei comitati la quota della remunerazione del capitale investito abrogata dal referendum.
La società di gestione sostiene esattamente il contrario e cioè che nella tariffa questa voce non c’è (ognuno tira l’acqua al suo mulino) ma non è questo il punto.
Quello che voglio evidenziare è un altro aspetto, se i cittadini sono costretti ad autoridursi la bolletta significa che Nuove Acque non applica la legge, il capitale di nuove acque è in maggioranza di proprietà dei comuni ergo i comuni non applicano la legge a danno dei cittadini.
Altro ragionamento, chi fino ad oggi ha determinato le tariffe? L’autorità di ambito (ATO), parlo al passato perché l’ ATO non esiste più e dovremo attendere circa sei mesi per avere una nuova autorità regionale in grado di decidere qualcosa . Le bollette sia chiaro non sono definite a capocchia ma derivano in larga misura dal “piano d’ambito” cioè dalle cose che si intendono fare, estensione delle reti, potabilizzatori, depuratori, fogne, se per assurdo si decidesse di non fare nulla le tariffe si abbasserebbero di colpo.
Semmai sarebbe da domandarsi perché, nonostante i buoni propositi, nell’ATO aretina la revisione del piano d’ambito non sia stata fatta prima dello scioglimento, questo in parte avrebbe consentito di rivedere i costi per i cittadini.
I consiglieri comunali che hanno votato quell’ordine del giorno per la autoriduzione delle tariffe dovrebbero farsi queste domande, in ogni caso il risultato finale non cambia quella mozione è rivolta contro se stessi.
Sono anch’io convinto che l’acqua sia un bene comune e che debba essere tutelato dai rischi della commercializzazione, però chi fa l’amministratore dovrebbe sapere che le cose sono meno semplici di quanto spesso possano apparire. Per esempio, se è vero che il referendum ha cancellato le norme sulla remunerazione del capitale investito è altrettanto vero che non ha cancellato il decreto che stabilisce come debbono essere fatte le tariffe, in quella disposizione è prevista la remunerazione del capitale investito, per cui in questo momento si vive in una sorta di limbo normativo.
Qualcuno dirà che è tutta roba da legulei, è vero ma fino a che esiste lo stato di diritto questo si fonda sulle leggi e non sui discorsi.
Quando si agisce senza riflettere e si preferisce cavalcare ogni ventata si rischia sempre di fare brutte figure. Dal punto di vista istituzionale sarebbe stato preferibile un confronto serio dentro i vari consigli di amministrazione o nella assemblea dei soci per riaffermare i sacrosanti diritti dei cittadini. Ma è più facile votare una mozione, si fa bella figura sui giornali e non ci si rompe le scatole più di tanto, qualcun altro poi ci penserà. E’ questo atteggiamento di non assumersi mai in prima persona il carico di responsabilità che porta la politica a scivolare lentamente verso il basso, detto in altre parole se chi deve decidere non decide ne posso fare a meno.
IL SANSEVERO