La Giornata Internazionale della Donna arriva in Italia nel 1922, 13 anni dopo la sua prima celebrazione negli Stati Uniti. A istituirla fu il Partito Socialista americano, nel 1909, che il 23 febbraio organizzò una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Le manifestazioni per il suffragio universale si unirono presto ad altre rivendicazioni dei diritti femminili, facendo così nascere la necessità di una data fissa per celebrare la donna, soprattutto per ricordare la continua lotta per la difesa e la tutela dei propri diritti.
Non tutti sanno, però, il vero significato e la vera nascita di questa festa. L’8 marzo 1917 le donne della capitale russa guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra così che questa data è rimasta nella storia ad indicare l’inizio della “Rivoluzione russa di febbraio”. La connotazione fortemente politica della Giornata della Donna, l’isolamento politico della Russia e del movimento comunista, contribuirono alla perdita della memoria storica delle reali origini della manifestazione. Così che nel dopoguerra si iniziò a far circolare la leggenda della morte di centinaia di operaie in un rogo in una fabbrica a New York, facendo probabilmente riferimento all’evento avvenuto il 25 marzo del 1911, all’incendio della fabbrica Triangle, nella quale morirono 146 lavoratori, tra cui alcune donne. In Italia fu l’UDI (Unione Donne Italiane) che riportò in auge questa celebrazione nel 1945, mentre a Londra l’Onu depositava un documento “Carta delle donne” contenente la richiesta di parità di diritti e lavoro.
Ulteriore segnale dell’arretramento culturale del nostro Paese su certe tematiche, ricordiamoci che in quell’anno ancora le nostra connazionali non avevano diritto di voto. Ho voluto fare tutto questo percorso storico per sottolineare l’importanza di questa festa, negli ultimi anni vissuta più come momento goliardico che di riflessione.
Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di violenza e femminicidio, fenomeni dilaganti nella nostra società. Donne barbaramente uccise solo in virtù del fatto che sono donne, oggetti, così come i media ci definiscono e ci mostrano. Senza una nostra dignità e autonomia, soprattutto per l’aumento costante della disoccupazione femminile; ed è per questo che siamo sempre più legate al nostro uomo, accentando di tutto, anche gesti di violenza. Le nostre fragilità emergono sempre più, facendole diventare più evidenti e importanti delle nostre forze e capacità. Ci consideriamo trasparenti, anche ai nostri occhi, figuriamoci come ci possono vedere gli altri. E in tutte queste insicurezze il silenzio delle istituzioni è assordante, non viene fatto niente, anzi si distrugge l’esistente.
Parliamo ad esempio dei centri antiviolenza e le case rifugio. Luoghi importantissimi per l’accoglienza e l’aiuto delle donne in difficoltà, e spesso, dei loro figli. Sono ormai solo 32 centri in Italia che si possono permettere una accoglienza seria all’interno delle strutture. Il problema è quando anche queste ultime oasi nel deserto chiuderanno i battenti, per mancanza di fondi, chi si occuperà delle donne che subiscono violenza? Chi proteggerà i bambini dal genitore violento? In virtù di queste e altre mille domande, che continuamente sorgono spontanee quando parliamo di donne, mi chiedo se abbia senso festeggiare domani!
Concludo questo sfogo con un ricordo a Daniela e Margherita, le due dipendenti della Regione Umbria tragicamente uccise da un folle; a loro e a tutte le vittime di questo 2013 voglio dedicare questo 8 marzo!
Oggi il mondo celebra la Giornata Internazionale della Donna, diffondiamo quindi il messaggio che i diritti delle donne sono una responsabilità di tutto il genere umano; che lottare contro ogni forma di violenza nei confronti delle donne è un obbligo dell’umanità; che il rafforzamento del potere di azione delle donne significa il progresso di tutta l’umanità.
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