Articolo di Marco Scaramucci
Chissà se vi sarà mai successo di camminare per le rughe di Cortona, nei viali del Parterre, o magari di passeggiare in qualche stradina della nostra amata collina e, assorti in pensieri più o meno seri e con lo sguardo rivolto in basso, per puro caso scorgere un orecchino, una perlina, un ciondolino o altro ancora, lì per terra, seminascosto.
Sì, probabilmente sì, ma quello che a me è capitato di trovare sicuramente non è cosa da tutti i giorni: mi , sono infatti imbattuto in un oggetto molto particolare.
Era il Luglio del 2016 e, anche se non stavo passeggiando ma stavo lavorando in alcuni campi non lontani dal Monastero delle Contesse di Cortona, la mia attenzione fu catturata da qualcosa che era in parte nascosto nel terreno vicino a un olivo.
Fu così che vidi e strinsi tra le mani per la prima volta quell’oggetto che poteva sembrare una semplice medaglietta per forma e dimensioni, ma che in realtà, una volta ripulita, si dimostrò qualcosa di differente, un oggetto che oltre a dei numeri e dei nomi custodiva un segreto..
Era una piastrina di riconoscimento militare, una di quelle consegnate ai soldati che combatterono durante il II° conflitto mondiale negli anni 1940-1944, perché le tenessero sempre con sé quale segno di riconoscimento.
“Chissà in quale modo sarà arrivata a Cortona’” mi chiesi immediatamente e la voglia di saperlo mi spinse immediatamente a cercare di scoprirlo.
La piastrina aveva l’appiccagnolo mancante e un angolo inferiore piegato, ben brunita e con tutte le lettere leggibili:
“ 22129 (94) C.
TIBURZIO GINO DI LUIGI E DI CASASOLA MARIA
CLASSE 1922
PALAZZOLO”
Il nome e il cognome del soldato, quelli di suo padre e sua madre, l’anno e il luogo della sua nascita erano chiari. Dovevo invece scoprire cosa significavano quelle cifre.
Dopo qualche ricerca tutto è divenuto comprensibile: il primo numero in alto a sinistra corrisponde alla Matricola del militare, quello tra la parentesi identifica il Distretto Militare, in questo caso quello di Trieste. La lettera “C.” che segue indica la Religione Cattolica.
Non nascondo che toccare un pezzo di storia, oltre che un oggetto personale di un soldato, mi dava una certa emozione, chissà quel pezzetto di metallo quante ne aveva passate prima di arrivare nel nostro Comune.
Subito ho pensato a quanto sarebbe stato bello poter avere le piastrine dei miei avi.
E allora, visto che quella trovata non aveva incisi i nomi dei miei nonni e che sicuramente da qualche parte viveva una famiglia ignara della esistenza di questo oggetto appartenuto al loro caro, perché non tentare di ricercare i parenti del nostro Gino per riconsegnargliela?
E’ iniziata così la mia ricerca, ed è stato naturale provare subito inserendo i dati in Internet dove, dopo qualche tentativo, ho trovato un sito amatoriale in cui era pubblicato l’ Albo d’Oro dei Soldati di tutti i Comuni di Udine. Credevo che la mia ricerca fosse finita perché tra i nomi citati negli elenchi di questo Albo veniva citato un Gino Tiburzio: si trattava però di un suo omonimo.
Non mi sono scoraggiato ed ho continuato a cercare.
Nel 2017 dopo vari tentativi infruttuosi ho finalmente scoperto che Orazio Tiburzio, titolare di una carpenteria metallica di cui in Google avevo trovato i numeri telefonici, poteva essere un suo figlio residente ad Udine. Ma quei numeri telefonici non erano più esistenti perché la sua carpenteria era oramai chiusa da qualche anno.
Non mi sono dato per vinto e nel 2018 sono riuscito ad avere uno scambio di e-mails con il Centro Documentale del Distretto Militare di Udine. Il responsabile dell’ufficio era riuscito a trovare nei documenti i nomi di due figli di Gino. Non era però riuscito a trovare il modo di contattarli.
Ancora lo stesso problema che mi perseguitava.
Non restava che una cosa da fare, visto che neanche i vari tentativi fatti durante il 2020 avevano portato novità: cercare nell’elenco telefonico online tutti i Tiburzio di Udine e telefonare a ciascuno di loro.
Ho provato a farlo e alcuni di loro hanno risposto, ma nessuno di questi, purtroppo, era un parente di Gino.
Mi vedevo già costretto a rinunciare quando, in un forum Internet, ho appreso che una persona che aveva intenzione di restituire una piastrina ai discendenti del soldato cui apparteneva, postando l’immagine dell’oggetto su Facebook, aveva ritrovato i familiari di questo nel giro di poco tempo e aveva così potuto consegnare loro il ricordo del loro avo.
E’ stata questa informazione a imprimere una svolta alla mia ricerca: ho infatti contattato privatamente alcuni partecipanti del gruppo Facebook di Palazzolo dello Stella “Sei di Palaçûl se….”, e una di loro, Ophrys Apifera, alias Giovanna Gazzola, appassionata di ricerche genealogiche, gentilmente si è resa disponibile ad aiutarmi e, insieme allo scrittore e storico Silvio Bini di Palazzolo, è riuscita a scoprire i nomi dei tre figli di Gino: Renato e Virgilio che abita in Francia, Orazio e i suoi figli: Moreno e Sara.
Ho cercato immediatamente di contattarli, ma forse perché pensavano si potesse trattare di una specie di truffa, non avevo ricevuto risposta.
A metà Febbraio però, dopo vari tentativi andati a vuoto, grazie alla Signora Felicina De Candido che ci ha fatto da tramite, ho parlato al telefono con Sara che ha così conosciuto la storia della piastrina del nonno.
Sara è rimasta molto stupita del fatto che l’avessi trovata a Cortona. Non sapeva proprio spiegarsene il perché.
Per me stata una vera gioia parlare con lei e ancor più emozionante è stato il ricevere la foto del nonno in uniforme da Paracadutista che lei mi ha inviato per farmi conoscere come era lui all’epoca.
Ho saputo sempre da lei che Gino era nel Corpo dei Paracadutisti e che durante la guerra era sopravvissuto alla esplosione di una polveriera.
Il giorno dopo la telefonata, con mia immensa soddisfazione, la piastrina era in viaggio verso casa dove, sarebbe arrivata dopo pochi giorni.
Non ero però ancora del tutto soddisfatto.
Secondo me, infatti, a questa storia iniziata lontano nel tempo e nello spazio mancava ancora un ultimo tassello: perché la piastrina di Gino era a Cortona?
Il paracadutista di Palazzolo aveva forse perduto la piastrina mentre, chissà perché, era qui a Cortona? Oppure qualcun altro, chissà perché, era entrato in possesso della sua piastrina?
Quale era stato il legame tra la nostra città e Gino ?
Questo era il segreto custodito da quella piastrina. Segreto che, a questo punto, ero molto curioso di svelare.
Le ipotesi potevano esser molte e, mentre continuavo ad indagare qui a Cortona, anche a Palazzolo dello Stella l’amica Ophrys Apifera ha pubblicato un post nel gruppo di quella città per scoprire qualcosa in più:
https://www.facebook.com/groups/585545834869319/permalink/3931453716945164
Il tentativo di Ophrys ha avuto buon esito: Giovanna ha infatti ricevuto un messaggio da uno dei bisnipoti francesi di Gino che ci ha scritto che il nostro militare era un uomo buono, amato dai nipoti che adoravano fargli visita, un nonno affettuoso che aveva sempre caramelle nelle tasche per offrirle ai bambini piccoli.
Anche Renato, uno dei figli di Tiburzio mi ha contattato e anche con lui ho fatto una bella chiacchierata al telefono.
Nonostante lui sapesse poco del periodo militare del padre perchè Gino non amava raccontare le cose accadutegli in guerra, ha comunque cercato insieme a me di ricostruirne la storia. Ricordava che il suo babbo stava risalendo l’Italia dalla Sicilia e che l’incidente di cui Gino era rimasto vittima, lo scoppio della polveriera, era legato al bombardamento di Cassino del 1944.
E’ quindi probabile che il nostro Paracadutista, sicuramente ferito e gravemente ustionato, durante il suo viaggio di ritorno verso il Friuli, abbia fatto tappa presso l’Ospedale da campo Militare di Cortona, quello che, così come afferma Ezio Marcelli nel libro “ Le Contesse di Cortona Oasi G. Neumann” era stato allestito nell’allora Collegio del Monastero delle Contesse.
Da questo libro sappiamo infatti che in questo Monastero, posto poco al di fuori del Centro Storico di Cortona, dal 10 giugno 1942 fino all’11 maggio 1945, fu utilizzato come accampamento, come Ospedale e come centro di smistamento e che qui si alternarono, secondo le varie vicende del conflitto, prima soldati Italiani e Tedeschi e poi Inglesi e indiani.
Si può quindi presumere che in questo Ospedale da campo cortonese siano stati gettati via gli indumenti che Gino indossava e insieme ad esso, involontariamente, anche la sua piastrina, e può darsi che il tutto, insieme all’immondizia e altre cose da gettare, sia andata a finire proprio in quel campo dove io mi sono trovato a lavorare.
Prima di salutarmi, Renato ha anche citato una frase di Gino:” In guerra non ci sono eroi”.
Ed ecco così che piano piano, dal ritrovamento inaspettato di quella piastrina, insieme agli aneddoti e ai ricordi, e all’aiuto di tutti coloro che ho citato, è affiorata la soluzione che mi ha permesso di trovare il tassello che mancava per ricostruire il segreto ben custodito dalla storia che con emozione ho avuto l’opportunità di vivere e raccontare.
Vorrei dire GRAZIE a tutti quelli che sono stati coinvolti in questa storia o che hanno contribuito con le loro informazioni e il loro aiuto a raggiungere i discendenti del Paracadutista Gino, a ricostruirne le vicende e onorarne la memoria.
Infine un GRAZIE anche a lui, a Gino per tutto quello che ha fatto e passato, a lui che involontariamente ha dato inizio a tutto questo, e al quale mi sono davvero affezionato.
Sono sicuro che da lassù ci abbia sorriso.
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