Grande soddisfazione per gli studenti della classe IV A dell’Istituto Tecnico Commerciale Laparelli di Cortona: una loro ricerca sul tema “Il diritto di voto in Valdichiana dal plebiscito al referendum del 1946” riceverà un riconoscimento ufficiale da parte del Senato della Repubblica. Gli studenti saranno premiati dal Presidente Renato Schifani nel corso di una cerimonia che avrà luogo venerdì mattina e sarà trasmessa sulle reti RAI con inizio dalle ore 10.
Intanto gli studenti, questa mattina, presenteranno il loro lavoro presso la Prefettura di Arezzo. Il lavoro, che è stato realizzato grazie alla collaborazione delle prof. Serena Domenici e Lorena Tanganelli, sarà al centro anche di un’iniziativa pubblica a Cortona, nell’ambito degli eventi per la celebrazione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, il prossimo 12 Novembre a Sant’Agostino.
Ovviamente ci complimentiamo con i ragazzi, e pubblichiamo di seguito un breve “sunto” della loro interessante ricerca:
IL DIRITTO DI VOTO IN VALDICHIANA DAL PLEBISCITO AL REFERENDUM DEL 1946
Il progetto che abbiamo elaborato vuole essere una proposta di riflessione sul diritto di voto dall’unità ai giorni nostri, individuando nel Risorgimento l’origine dei valori democratici dell’Italia contemporanea. Attraverso le ricerche nelle biblioteche comunali e negli archivi storici dei nostri comuni e le interviste a cittadine che hanno votato per la prima volta nel 1946 abbiamo illustrato i risultati di alcune consultazioni elettorali dal plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia al referendum del 1946 in Valdichiana, per poi approfondire l’art. 48 della nostra Costituzione e alcuni aspetti riguardanti il voto ai cittadini stranieri.
Nel nostro lavoro di ricerca abbiamo potuto verificare con orgoglio che la Valdichiana, già dal 1860, aveva un forte spirito unitario e nazionale, infatti la percentuale di voti per l’annessione al regno sabaudo fu altissima, ma non solo: questo spirito unitario, nazionale e repubblicano fu ulteriormente confermato durante il referendum del 1946, dove la percentuale di voti per la repubblica fu tre volte più alta di quella nazionale
Analizzando poi in generale l’evoluzione del diritto di voto in Italia a partire dal 1861, abbiamo constatato che tutte le elezioni che si sono svolte fino al 1924, pur nel loro alto valore storico-politico, non sono mai state pienamente democratiche. Quindi, come ognuna delle conquiste democratiche della nostra Repubblica post fascista, anche il suffragio universale è stato un traguardo difficile da raggiungere, infatti solo nel secondo dopoguerra si arriverà al sistema elettivo a suffragio universale.
Poi con la Costituzione repubblicana, dunque dal 1 gennaio 1948, l’Italia è riuscita a dotarsi di una struttura giuridica riconducibile ai principi del costituzionalismo occidentale e il principio democratico ha trovato finalmente piena attuazione nell’art. 48 della Carta Costituzionale. Ma già nell’art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica, la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” il principio democratico viene posto a fondamento dell’intero assetto costituzionale. Si può quindi affermare che uno stato è democratico quando il popolo ha il diritto e la concreta possibilità di determinare l’orientamento politico dello stato stesso e quando i governanti sono, di conseguenza, sottoposti alla volontà popolare attraverso il voto, che è lo strumento mediante il quale un singolo individuo, attraverso una manifestazione di volontà, concorre con gli altri individui all’assunzione di decisioni politiche all’interno della comunità di cui egli fa parte.
Infatti l’art. 48 spiega che “il voto è un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla Repubblica”. Oggi non è più applicabile alcuna forma di sanzione all’elettore che si sia sottratto al “dovere civico” del voto, poiché l’art.48, 2° co., non ha il significato di stabilire l’obbligatorietà, ma piuttosto il diritto di voto.
Assume, pertanto, rilevante importanza l’attuale dibattito riguardo la possibilità di estendere il diritto di voto ai cittadini stranieri residenti in Italia, poiché la legislazione ordinaria in vigore riconosce il diritto di voto ai soli cittadini italiani, ma lo esclude a coloro che non sono in possesso della cittadinanza italiana.
Oltre un anno fa deputati di tutti gli schieramenti, Lega esclusa, presentarono alla Camera una proposta di legge per riconoscere agli immigrati il diritto di voto amministrativo. Assegnato alla Commissione Affari Costituzionali, finora questo testo non è mai stato discusso, ma gli immigrati in Italia oggi sono quattro milioni e il fenomeno è destinato ad aumentare. L’attribuzione del diritto di voto nei referendum regionali agli immigrati, è, invece, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale, che ha riconosciuto nell’area delle possibili determinazioni della Regioni la scelta di coinvolgere in altre forme di consultazione o di partecipazione soggetti che comunque prendano parte consapevolmente e con almeno relativa stabilità alla vita associata, anche a prescindere dalla titolarità del diritto di voto o anche dalla cittadinanza italiana.
Parimenti, la Consulta ha dichiarato legittima la facoltà dello statuto regionale di promuovere l’estensione del diritto di voto, stante il carattere di natura culturale e politica e non certo normativa di enunciazioni statutarie di questo tipo. Sarà quindi compito della politica mettere in campo politiche di lunga durata che favoriscano il cammino democratico della nostra società.
I.T.C. LAPARELLI CORTONA (AR)
Relatrice: Nika Gjovana
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