E’ in questi giorni in libreria ‘La cucina aretina. Storia e ricette’ il libro di Guido Gianni, frutto della ristampa di Orme Editore diretta da Franco Muzzio. “Partendo dalla situazione territoriale e agricola originaria, intorno all’anno 1000, Guido Gianni ci racconta una cucina figlia, come tante altre affascinanti, di grande povertà e di grande ingegno in una Toscana che ricorda, più che altre, quella contadina aspra e sordida dei romanzi di Federigo Tozzi – scrive nella presentazione del libro Marco Guarnaschelli Gotti – da questo suolo colturale duro, magro e discreto nasce tanto più sorprendente la pianta di una cucina piena non solo di carattere, ma di complessità e finezze che andranno ad arricchire, tramite i traffici ecclesiastici di Avignone, anche il corpus storico della cucina francese”.
“Questa collana, ideata da Franco Muzzio, rappresenta nel suo insieme l’opera più vasta e dettagliata sul senso ‘etimologico’ della cucina italiana – sottolinea Alfredo Pelle, Accademico Italiano della Cucina – il corpus di oltre quaranta volumi di cui si compone è un viaggio a ritroso in quelle tradizioni gastronomiche che, seguendo la verità storica, non si distinguono per la categoria istituzionale e politica di ‘regione’, ma per quella più veritiera di terre e territori, di un sentire gastronomico identificativo di una gens, di un senso e di un linguaggio comuni capaci di resistere alla morsa del tempo. La nostra identità gastronomica affonda le sue radici in tempi assai remoti, in secoli e millenni di influenze e commistioni storico-culturali che hanno contribuito a formare una tradizione unica e, insieme, estremamente complessa. È una tradizione fatta di regole, riti e credenze, laddove le regole determinano la costituzione e la preparazione dei piatti, e i riti – non di rado vincolati al senso religioso – il loro impiego. Ogni ricetta porta con sé i codici identitari, le motivazioni geografiche, ambientali e sociali che ne hanno favorito l’affermazione. Ogni ricetta è il frutto di una storia, di un passato narrato che ne ha legittimato la creazione e la permanenza nel quadro della tradizione”.
Claudio Zeni