Scritto da Eduardo De Filippo nel 1960, “Il Sindaco del rione Sanità”, capolavoro in tre atti, torna in scena con la regia di Mario Martone ed approda, a oltre metà stagione, al teatro Signorelli di Cortona.
Il sipario si apre sul soggiorno di una casa moderna dove gli arredi trasparenti, le luci bianche, il ferro della porta d’ingresso e della ringhiera del balcone, riflettono un ambiente freddo, piuttosto asettico, quasi da sala operatoria.
E’ la casa di campagna del “boss” napoletano Antonio Barracano.
La spettacolo non inizia sul palcoscenico, ma in platea. Due colpi di pistola interrompono il giovane “ palummiello” e il suo “rap” a San Giovanni a Teduccio, periferia di Napoli.
Un ragazzo, “ ’o nait” gli ha sparato, per una questione di interferenze di potere tra quartieri, ma non ha l’animo di lasciarlo a terra ferito e lo porta a Terzigno, in quella casa di Don Antonio Barracano, per farlo medicare.
Il palcoscenico prende vita.
Il tavolo del soggiorno diventa un lettino operatorio e “il professore”, braccio destro di Barracano e chirurgo, entra in scena insieme agli scagnozzi del boss, al figlio adolescente Gennarino, alla cameriera.
Poi compare lui Antonio Barracano, tuta nera da palestra con cappuccio, fisico asciutto e muscoloso da quarantenne.
Fa gli addominali sulla panca mentre lo ragguagliano sulla sparatoria tra “palummiello” e “’o nait” e sugli appuntamenti della giornata che trascorrerà, come sempre, a dirimere liti, ristabilire la giustizia, la sua giustizia in una realtà dove “il potere” e “il rispetto” sono per Antonio Barracano e non per lo Stato!
E’ evidente fin dalle prime battute come, l’incontro tra il regista napoletano e Eduardo, abbia prodotto un adattamento autenticamente “martoniano” dell’opera di De Filippo!
Dove per “martoniano” si intende una attualizzazione del teatro eduardiano, rivolto principalmente ai giovani, che si propone di riavvicinare le nuove generazioni al teatro e ad un grande drammaturgo!
Don Antonio Barracano, 75enne “capofamiglia” del rione Sanità, l’uomo a cui rivolgersi per avere giustizia e protezione nella Napoli del 1960, ha meno di 40 anni nella Gomorra contemporanea di Martone ma è come se ne avesse il doppio!
Si muore presto, oggi, nella malavita o si finisce in galera!
Il capolavoro di Eduardo si conferma attualissimo nella sua indagine sulle contraddizioni che attraversano la società, quella dell’interland napoletano in particolar modo, lacerata, oggi come 60 anni fa, dal confronto irrisolto tra legalità e criminalità.
Ecco, dunque, che Martone abbassa drasticamente l’età dei personaggi di Eduardo per calarla nella realtà dei nostri giorni!
Insieme a Don Antonio e alla moglie Amanda anche i figli, Gennarino e Geraldina, sono giovanissimi (Geraldina ha 9 anni, Gennarino è appena adolescente!)e così pure tutti i personaggi che gravitano intorno a loro.
Spariscono i tre atti previsti da De Filippo e la vicenda di Barracano si consuma in due ore teatrali dove la recitazione è serrata, gli eventi concitati!
Lo spettatore ne è travolto, rischia perfino di non sapere più dove sia il giusto, se nella legalità o nella illegalità!
Il napoletano “stretto” , con cui si esprime la povera gente (la “gente ignorante” dice Barracano!) “dei quartieri”…che non sa neppure parlare italiano, in quel rione Sanità degli anni sessanta, diventa con Martone un napoletano più comprensibile!
Un po’ per venire incontro al pubblico, un po’ perché il tempo di Gomorra è anche tempo di “connessione”, di “social” di “rap”!
Spariscono anche le lunghe pause di Eduardiana memoria!
L’approccio, di Mario Martone, all’opera di De Filippo è, per sua stessa affermazione, improntato ad una separazione dell’Eduardo- drammaturgo dall’Eduardo-attore.
Martone cerca l’ incontro con il testo, con lo “scrittore sociale” Eduardo De Filippo.
La recitazione di Eduardo De Filippo-attore, piramidale, incentrata sul capocomico, dove i molteplici personaggi della storia hanno un senso solo nel riferimento continuo al protagonista, dove anche le lunghe pause confermano la centralità del primo attore, non è confermata nella rilettura “martoniana”.
“Il Sindaco del rione Sanità” che abbiamo visto in scena, ieri sera, al Signorelli puntava ad una recitazione corale dove tutti i personaggi rivendicano un ruolo fondamentale nella storia, seppur ruotando attorno ad un Antonio Barracano- Francesco Di Leva, che a dispetto dell’età si conferma nel suo ruolo accentratore, di “boss”.
Ci ha creduto fermamente, Carolina Rosi, moglie di Luca De Filippo, nel Martone della maturità, affidandogli la preziosa commedia e accettando che ha metterla in scena fosse la stessa EDIEFFE, la compagnia teatrale del compianto marito (oggi diretta da lei!), in collaborazione con il Teatro Stabile di Torino e di NEST di Napoli.
E la Compagnia teatrale non delude le aspettative del regista e del pubblico.
Ci sono attori d’esperienza ma anche giovani attori, qualcuno all’esordio, provenienti dall’esperienza del NEST, Napoli Est Teatro, un laboratorio d’arte nato un a decina d’anni fa proprio in quel quartiere di San Giovanni a Teduccio (che Martone volutamente inserisce nel dramma), dal coraggio di Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo, Carmine Guarino Giuseppe Miale di Mauro, Giuseppe Gaudino e Andrea Vellotti che ristrutturarono una palestra abbandonata trasformandola in uno spazio teatrale, per dare speranza ad un quartiere “difficile” e a ragazzi che vivevano “la strada”.
Per Mario Martone, un ritorno alle origini, alla sua esperienza di giovane liceale all’Umberto I di Napoli che con alcuni amici fonda, a fine anni 70, Falso Movimento, un gruppo che guarda all’arte, alla musica, alla danza al cinema, come ispirazione nella ricerca di un nuovo linguaggio teatrale.
Antonio Barracano, muore, accoltellato da un “un uomo perbene!” nel tentativo di dirimere una lite tra padre e figlio, che rischiava di degenerare in un’ assassinio.
Rifiuta di andare in ospedale per tutelare la sua famiglia da eventuali future ritorsioni.
Per Eduardo una morte, quella scelta da Barracano, che è anche una sorta di liberazione per il settantenne boss, logorato dal potere e da quella sensazione di “girare a vuoto” che è il rischio del suo ruolo di Sindaco.
Per Martone una morte inevitabile per amore della famiglia!
Ma Eduardo ci tiene a ribadire il valore delle legalità e nonostante la promessa estorta dal Sindaco al “professore” di firmare un referto di morte per collasso cardiaco, chiude la sua commedia con il Dottore Della Ragione che dichiara la morte di Antonio Barracano per ferimento.
Martone sceglie di chiudere, invece, il sipario su una domanda “Ma come è morto?” che lascia tutto in sospeso negando, forse, allo spettacolo la speranza di un agire coscienzioso!