Riprendiamo il filo di quella “epopea” che erano i Veglioni di Carnevale, organizzati a Cortona tra la fine degli anni ‘60 e gli anni ‘70 e, lasciando alla penna ironica e puntuale di Antonella Scaramucci il racconto modaiolo e godereccio dell’EVENTO di Carnevale, ci spostiamo nei bar de centro storico, all’alba del dopo-festa e della Quaresima, dove gli irriducibili del “gran galà”, seppure sgualciti e stremati dalle danze, si ritrovavano per mangiare le “spolette del Banchelli”, ultimo definitivo addio agli eccessi del Carnevale e unica consolazione all’inizio della “penitenza” quaresimale.
La tradizione della “spoletta del Banchelli” non è sparita, fortunatamente, come è accaduto invece alle feste del Martedì Grasso al teatro Signorelli, e si ripete rigorosamente, ogni anno, solo per i quaranta giorni della Quaresima, rendendo più che mai atteso quel mercoledì delle Ceneri quando, dalla pasticceria Banchelli, si spande su Rugapiana il profumo del dolce quaresimale, annunciato dal cartello appeso fuori alla porta del locale.
Riaccesi i riflettori su Carnevale a Cortona negli anni del boom, è d’obbligo, dunque, ripercorrere la storia di questa “dolce consolazione” alle privazioni della Quaresima che Giovanni Banchelli, nonno di Gianni si inventò nel secondo dopoguerra, partendo dal riciclo di impasti lievitati avanzati.
Non affannatevi a cercare le “spolette” in giro per le pasticcerie, nemmeno in quelle toscane, la “spoletta” è un dolce tipico cortonese, esclusivo della Quaresima, per cui è solo qui a Cortona, dal Banchelli, che potrete gustarlo, nei 40 giorni che separano il Carnevale dal Giovedì santo.
Solo la famiglia Banchelli ne custodisce la ricetta originale che si è stata tramandata dal nonno Giovanni a Emilio a Gianni, fino ad Elias.
Incontrando Gianni Banchelli, per farci raccontare la storia della “spoletta” e provare ad estorcergli la ricetta, il primo pensiero è andato al laboratorio di Vicolo della Scala, dove dal 1930, generazioni di Banchelli hanno sfornato dolci per un pubblico locale e internazionale. Dove Giovanni, Emilio, Gianni hanno regalato capolavori di pasticceria anticipando mode e tecniche di pasticceria con una lungimiranza ed una professionalità di rara valenza.
“Ricordo chiaramente- ha detto Gianni Banchelli- quegli anni e quei Veglioni di Carnevale al teatro Signorelli- erano giorni di grande lavoro anche in laboratorio. Si preparavano i buffet per le famiglie che preferivano ordinare la cena dei palchi. Una intera economia si muoveva intorno a quell’evento e poi in bottega si preparavano le spolette. La pasticceria apriva prestissimo, il mercoledì delle Ceneri e, finito il Veglione, molti venivano a mangiare le spolette appena sfornate!”
“Qualcuno ricorderà anche- prosegue Banchelli- che i preti distribuivano le spolette ai ragazzi del Seminario o dell’Oratorio che si offrivano di accompagnarli nel giro delle benedizioni pasquali per le case!” “Era una gara a fare da aiutante! E tutti aspettavano con ansia il momento in cui ricevevano la spoletta!”
“La ricetta di mio nonno- racconta Gianni- nasceva dalla necessità di utilizzare la pasta di riporto avanzata. Prevedeva nell’impasto zibibbo e pinoli. La difficoltà di reperibilità dello zibibbo ci ha portato, negli anni, a sostituirlo con l’uva sultanina che ne garantisce il gusto. I pinoli, invece, si aggiungono solo su specifica richiesta. Il burro ha sostituito lo strutto. Per il resto le modifiche apportate negli anni alla ricetta tradizionale hanno riguardato esclusivamente la morbidezza e la digeribilità della spoletta. Personalmente ho puntato sull’uso di lieviti naturali rispettando i processi di lievitazione rigorosamente in mastello di legno, come facevano mio nonno e poi mio padre, che garantisce un calore uniforme all’impasto.”
“La ricetta prevede lievito madre, farina, zucchero, miele, panna, burro, buccia di limone e arancia, uva passa, pinoli, arancio e cedro candito. Terminate le lievitazioni, l’impasto viene diviso in filoni, poi paline e infine prende la forma tradizionale della spoletta.”
Inutile dire che in tanti hanno provato, sul territorio, a riprodurre le spolette di Banchelli, con risultati ben lontani dall’originale. La ricetta è gelosamente custodita in famiglia e, anche a noi, Gianni ha raccontato il procedimento, elencato gli ingredienti, niente di più…
“Come ogni prodotto artigianale- ci spiega Gianni Banchelli- anche la spoletta, realizzata a mano, garantisce una qualità che la macchina non può riprodurre. I tempi ridotti di una produzione “industriale” non giovano all’impasto che è qualcosa di “vivo” e dal cui “ritmi” è condizionato il lavoro del pasticciere. Non viceversa!”
Resta, dunque, il piacere dell’attesa della Quaresima, a Cortona per mangiare la “spoletta di Banchelli”. Un’attesa impagabile, ancor più apprezzata di questi tempi in cui tutto è reperibile sempre e subito!