Monte San Savino è patria della ceramica, dove le botteghe artigiane delle famiglie Lapucci e Giotto perpetuano e trasmettono di modellare questa nobile arte da padre in figlio. Ceramica d’uso quotidiano, quella savinese, da sempre interpretata in ambiente povero e che ha sempre privilegiato la produzione di manufatti ceramici di quotidiana necessità, quali gli utensili da cucina e il laterizio.
E tra i primi, tra i più ricercati dai turisti, “principe” del souvenir primeggia lo “scaldino”, in altri luoghi chiamato “veggio” o “caldano”, un manufatto atto a contenere la brace che si doveva mantenere accesa per un giorno. Smaltato, con vernice rossa o nera, di forma più o meno tondeggiante e con un manico a ponte, lo scaldino savinese si presenta sempre semplice o elaborato, con applicazioni di mascheroni e di girali o traforato, ma alcune volte, unico nel suo genere, con un fischio di terracotta posto sul manico. Talvolta i fischi sono due, posti sull’ansa o sul corpo, abbellimento simbolico e materiale della festa in uno strumento di uso quotidiano, ma anche utile e funzionale per il servigio che offriva. Oggi, sugli scaffali delle botteghe artigiane del paese, la scaldino col fischio, fa bella mostra, tanto che l’annuale fiera locale, è divenuta la fiera dello scaldino col fischio. E lo scaldino, che del focolare domestico era un’appendice a Monte San Savino, per la valente maestria delle botteghe artigiane che lo forgiano e lo modellano, viene oggi acquistato ed apprezzato in case dove adesso il fuoco a legna non è più essenziale.
Claudio Zeni
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