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Girifalco: Primavera con tante mostre, primo appuntamento venerdì con le opere di Quintilio Bruschi

La Fortezza come vero e proprio padiglione per esposizioni: questa identità del Girifalco si rafforza sin dai prossimi giorni con l’avvio di una stagione primaverile che vedrà ospitate presso la rocca cortonese un gran numero di mostre che combinano diverse forme di arte ed espressività.


Il 5 aprile si parte con la prima inaugurazione: protagonista la collezione privata della famiglia Bruschi, “La Vecchia India”, comprensiva di alcune delle opere lignee più espressive di Quintilio Bruschi, che verrà esposta nei saloni del primo piano antistante il cortile interno. E’ prevista l’installazione di 19 sculture di dimensioni che vanno dagli 80cm a oltre 3 metri, oltre a 8 bassorilievi.

Le opere di Bruschi saranno esposte fino al 5 maggio.

Nel frattempo la Fortezza ospiterà altri appuntamenti, “riempiendosi” di arte in ogni suo angolo:
– le opere di Renè Van Bakel, una mostra fotografica dedicata al ritratto intitolata “The Etruscan Spirit”, che prenderà il via il 12 Aprile fino al 15 Giugno
– le opere pittoriche di Sarah Miatt, nel periodo dal 19 aprile al 2 maggio
– la mostra fotografica “Arancioni nel Mondo” di Francesco Arancioni, che prenderà il via il 27 Aprile per concludersi poi il 26 Maggio.


Quintilio Burschi, la cui mostra sarà inaugurata venerdì 5 Aprile alle ore 17.30, è un artista contrassegnato da una creatività spontanea e singolare, che consente di inquadrarlo nell’ambito dell’arte naïf, istintiva e priva di una vera tradizione, rafforzata da un’esperienza di vita assolutamente unica.


Quintilio nacque in una famiglia contadina di Cortona il 2 marzo 1912 e trascorse l’intera vita nel cuore della Valdichiana: prima a Cortona, poi ad Acquaviva di Montepulciano, dove morì novantenne nel 2002. Lasciò Cortona all’inizio degli anni ’30, per recarsi al Forte Santa Caterina di Verona, dove fu artigliere e responsabile di un deposito di armamenti. Durante la guerra combatté in Libia, dove fu ferito gravemente e fu costretto a rimpatriare. 
Bruschi iniziò a scolpire e a disegnare solo nel 1970, all’età di 58 anni. Prima di allora non aveva mai lavorato il legno, eppure una mattina decise di procurarsi scalpello e mazzuolo e cominciò a lavorare il primo pezzo di legno che gli era capitato sottomano, finché non riuscì a creare una figura intera che avrebbe donato in seguito a papa Paolo VI.
Grazie alla scultura, Bruschi riuscì a liberarsi delle proprie angosce, rielaborandole e trasformando la realtà in un mondo immaginario. L’arte gli permise di superare una profonda crisi depressiva che molto probabilmente risaliva alla ferita subita in guerra.
Bruschi realizzò imponenti sculture in rovere, noce, ciliegio, ma utilizzò anche vecchi copertoni di automobili, ritagli di latta e cartone.
Tra i suoi soggetti più frequenti, gli autoritratti e le raffigurazioni di donne e uomini da lui definiti «delle prime epoche» che richiamano le tradizioni artistiche di popoli esotici, come i totem delle tribù indiane, l’arte precolombiana e le raffigurazioni scultoree dell’isola di Pasqua.
In vita, Bruschi ottenne encomi, articoli, recensioni, buoni giudizi da parte dei critici e apparizioni televisive. Poté mettere in mostra la propria arte in città come Torino, Bolzano, Bari e Palermo.

Ufficio Stampa

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