Una giornata particolarmente ricca, quella che ha concluso la sesta edizione del Cortona Mix Festival (la prima a programmazione ridotta, concentrata a cinque giorni di metà luglio).
La mattina è stata anche il momento della conferenza stampa di chiusura, che non ha aggiunto niente di particolare a quanto sapessimo già (qui un riepilogo).
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Del dirsi addio è strutturato in quattro tempi (i quattro elementi), perché un libro è tanto più solido quanto più si allaccia a sistemi noti. Ogni romanzo dovrebbe contenere molti libri ed essere una piccola biblioteca ambulante.
Fois è anche sceneggiatore. La differenza tra scrittore di libri e di film sta nel fatto che il romanziere è onnipotente, può inventarsi qualunque cosa, mentre uno sceneggiatore fa parte di una squadra con dei costi da rispettare e delle responsabilità. Fois ammette che preferisce fare il romanziere, e cita a proprio sostegno la frase di Stanley Kubrick secondo cui la prima inquadratura di Barry Lyndon raccontava le prime 68 pagine del romanzo.
Spesso dal romanzo pretendiamo l’adattamento ai tempi televisivi, il che è sbagliato. Il romanzo è il luogo di tutti i sensi, non solo della vista. I grandi classici si rivolgevano a lettori che non si lasciavano influenzare dal solo elemento visivo.
Nel romanzo compaiono alcuni estratti – autentici – da un libro su Leon Battista Alberti scritto da Fois stesso all’età di 13 anni. Di fatto, era un bambino già adulto: ansioso e pieno di aspettative, malinconico ed “eroico” nel senso romantico del termine.
Fois ha concluso leggendo alcuni estratti del romanzo e raccontando aneddoti legati all’insofferenza (bonaria) dei figli nei confronti delle sue velleità di scrittore.
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La situazione politica contemporanea è piena di problemi. Negli anni ‘60 e ‘70 si parlava di differenze tra classi, oggi si è tornati a parlare di differenze di razza, cultura, religione, orientamento sessuale.
Da giovani, afferma lo scrittore, guardavamo con orrore agli adulti (“spero di morire prima di invecchiare”, come cantavano gli Who), ma la situazione è ovviamente cambiata: oggi c’è un nuovo modo di invecchiare. L’immaginazione è pericolosa, afferma Waldo, e la presenza di così tanti pensatori e artisti in carcere nel mondo né è la prova. Bisogna distinguere tra fantasia e immaginazione: la prima è un esercizio mentale sterile, la seconda ambisce a creare verità nuove.
Kureishi è legato al pensiero di Freud e in modo particolare all’opera di Philip Roth: quando negli anni Ottanta fu accusato di parlare negativamente della comunità pakistana di Londra, si rivolse a Roth per chiedergli come comportarsi, visto che negli anni Cinquanta aveva subito gli strali della comunità ebraica newyorkese per Il lamento di Portnoy. “Infischiatene”, gli rispose Roth, consigliandogli anche di dedicarsi ai romanzi più che ai film, per la maggiore libertà che ha il romanziere (il che ci riporta a Fois, guarda un po’).
Kureishi è molto disponibile e si è rivolto al pubblico chiedendo se ci fossero domande, visto che “spesso agli eventi con gli scrittori vanno gli scrittori”.
Pavolini gli chiede in che modo le storie di finzione possono contribuire a rivendicare la complessità della nostra epoca, vale a dire a dissipare i vapori tossici del razzismo. Di fatto, gli risponde lo scrittore, si diventa narratori per raccontare le storie che nessuno racconta, perché servono più idee, più comunicazione e più dialogo.
Kureishi ha votato e sostenuto la campagna di Jeremy Corbyn, idolo dei giovani così come lo era stato Bernie Sanders. Avendo figli di vent’anni, è molto legato ai bisogni e alle esigenze dei giovani, anche perché vede in questo nuovo radicalismo un qualcosa di molto simile alle lotte dei tardi anni ‘60.
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Vorremmo raccontarvi anche di quello che è successo nella festa finale in Fortezza, ma se ci fossimo andati non avremmo potuto scrivere questa mattina… sicuramente si saranno divertiti.
A domani, con le somme di questo sesto Mix!
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