Vincenzo Salemme chiude la stagione teatrale del Signorelli, a Cortona con la commedia che ha sbancato i botteghini di tutta Italia e che, da fine marzo, è anche un film!
“Una festa esagerata!”, è il titolo della pièce, scritta, diretta ed interpretata da Salemme che, nella scia della tradizione teatrale napoletana porta in scena la comicità straripante della commedia dei fraintendimenti punteggiata dall’amara, malinconica riflessione sull’assurdità del mondo in cui viviamo, di ispirazione eduardiana.
E “una festa esagerata” è proprio quella organizzata, per i 18 anni di Mirea, sulla terrazza di un condominio della “Napoli bene”, dalla famiglia Parascandolo.
Esagerata per il numero di invitati, 84! Per le bomboniere! Per la torta a 18 piani!!! Con tanto di cuoca e cameriere indiano a servire gli ospiti VIP. E regali “esagerati” come l’automobile ricevuta in dono dal neo fidanzato, Bebè!
Una famiglia medio borghese, quella dei Parascandolo, in piena scalata sociale.
Lui, Gennaro, geometra…”quasi ingegnere!”, come precisa sempre la moglie. Un uomo tranquillo, tutto casa e lavoro. Incompreso, nella sua sensibilità, soffocato da una dilagante ignoranza, amareggiato dalla scurrilità e dal torpiloquio, ormai di uso comune, fuori e dentro casa sua.
Lei, Teresa, la moglie, aspirante first lady, intrattiene relazioni con un mondo che non le appartiene ma di cui si sforza di far parte incitando la figlia Mirea a frequentare certi ambienti e fidanzarsi con il figlio dell’Assessore Cardillo, che pur finito in galera per tangenti nei Lavori Pubblici, resta un uomo rispettato e di potere.
Dalla terrazza del condominio dove vivono mostreranno, con la festa straordinaria, la loro posizione sociale a tutto il quartiere, per cui ogni cosa deve essere perfetta!
Sarà una serata rumorosa, che rischia di creare fastidio alla famiglia del piano di sotto, Giovanni e Lucia Scamardella, padre e figlia, ex commercianti di pollame, esempio di quella facciata di convenienza che sono spesso i rapporti tra vicini e che nascondono troppe volte ipocrisie, falsità e profonda invidia.
Ed ecco, a poche ore dalla festa, il colpo di scena, muore Don Giovanni, la figlia è disperata, il condominio si prepara a bardarsi per il lutto. La festa non si può fare più!!!
Sembra quasi “un dispetto”, quello di Don Giovanni: essere morto per “rovinare la festa” al mal sopportato coinquilino!
Ed in effetti….il decesso inaspettato.. porta scompiglio nella famiglia Parascandolo!
Mirea addirittura minaccia di uccidersi se la festa non si farà!
Tocca a Gennaro, andare al piano di sotto e provare a convincere l’inconsolabile Lucia a “far morire” il padre il giorno dopo, per non mandare all’aria il festino, ignaro che ad aspettarlo ci sarebbe stata una Lucia in provocante “deshabillè”, la sua rivelazione di aver avvelenato il padre e il suo stesso suicidio!!
Fraintendimenti, i colpi di scena, giocati con battute divertenti e taglienti, in una recitazione naturale dai tempi perfetti.
Merito al commediografo Salemme per i suoi personaggi ben caratterizzati fin dall’alzarsi del sipario.
Dosati con equilibrio nella loro presenza in scena dal regista Salemme!
Un crescendo di risate a cui si aggiunge la riflessione man mano che la commedia volge alla fine.
Una Compagnia di alto livello, quella che accompagna Vincenzo Salemme, attore, in un turbinio di equivoci, malintesi, provocazioni , con una scenografia, curata da Alessandro Chiti, dalla meccanica semplice ma d’effetto che porta personaggi e spettatori su è giù dalla terrazza alla casa del defunto, per due ore di spettacolo che non ha pause!
Dove troneggia una pila di sedie, mai sfilate per la festa, eppure non c’è una sedia per Gennaro che resta in piedi, per tutto il tempo della vicenda, con l’unico desiderio di potersi sedere “ nu minut !” a guardare “il presepe” che è Napoli (vista dalla terrazza!), chiacchierando col dirimpettaio, Eduardo, testimone dal suo balcone del parapiglia in casa Parascandolo.
E l’invidia, la finzione, sono le protagoniste vere della commedia.
L’invidia per la felicità altrui, che poi, magari, felicità non è!
La finzione che si cela dietro le apparenze, in tutti i personaggi che gravitano intorno alla festa .
Finge il cameriere Filippino, Atzoka (pur di lavorare!), che è di Pozzuoli! Fingono Giovanni e Lucia Scamardella (che non sono padre e figlia ma sorella e fratello), per continuare a percepire la pensione del padre morto che permette loro di sopravvivere.
Sceglie la “finzione” pure Gennaro che, colpito da un infarto, dopo aver scoperto che in realtà gli Scamardella non sono morti ma solo sprofondati nel sonno di un potente sonnifero, decide di fingersi malato e costretto sulla sedia a rotelle, incapace di intendere, per non essere nuovamente coinvolto in una realtà di ipocrisie e falsità.
L’omaggio a Eduardo, nei panni di spettatore delle vicende di casa Parascandolo, dal balcone del palazzo difronte, ci ricorda il Professor Santanna e il suo caffè di “Questi fantasmi!”, poi la voce di Eduardo si fa proprio sentire, in scena, nella famosa citazione del presepe, tratta da “Natale in casa Cupiello!!!
E “casa Parascandolo” ha dei tratti in comune con “casa Cupiello”, che vanno oltre l’ambientazione natalizia del finale di commedia!
Oltre quella fatidica domanda “ Te piace o presebbio?”, che risuona in teatro, nella registrazione originale della voce di Eduardo De Filippo e su cui cala il sipario del Signorelli!
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