In vista della serata del Mix Festival di venerdì 5 Agosto, nella quale vedremo all’opera in Piazza Signorelli, con ingresso gratuito, Dj Ralf, Samuel dei Subosnica e il cortonese Federico Grazzini abbiamo fatto una chiacchierata (con l’ormai fatidica formula delle ‘dieci domande‘) proprio col nostro concittadino, per capire meglio i contorni di un momento che si prospetta fra le più interessanti del Festival e scoprire un po’ la sua storia artistica e i suoi progetti.
Ralf, Samuel dei Subsonica, Federico Grazzini… tre background molto diversi per una collaborazione senza dubbio originale, che incuriosisce molto. Com’è nata l’idea di questa serata ‘a tre’?
Nasce insieme a Luca Baldini, e alla possibilità tecnica di realizzare un “silent set”. Quando ci siamo ritrovati a progettare una serata che rispecchiasse la musica da ballo contemporanea, ci è sembrato interessante andare a pescare in acque diverse, ecco così Ralf che è l’icona del modo Club e Samuel che rispecchia il crossover tra dance pura e live contaminato.
Puoi darci qualche anticipazione su come si svolgerà la serata e su cosa sentiremo?
Certo, e con piacere. Voglio spiegare bene di cosa si tratterà, perché la parte stimolante dell’evento sarà quella che all’apparenza può sembrare di contorno. Per un festival con un concetto preciso come il Mix, la mia idea era quella di uscire dallo schema della solita serata, ormai vista e facilmente reperibile, in cui il dj mette i dischi, la pista balla, e stop, quindi ho chiesto la possibilità di usare gli spazi del Teatro Signorelli per un workshop, un incontro con chiunque voglia interagire. Dico interagire e non partecipare, perché li protagonista di quella parte sarà la platea, ovvero, noi tre saremo nel palco, dove spiegheremo il percorso che ci ha avvicinato alla musica, e Damir Ivic, un bravo giornalista del settore, farà da “moderatore” con il pubblico che avrà la possibilità sia di chiedere che di raccontare, in modo di avvicinare artista e spettatore, e dando la possibilità di togliersi qualche curiosità nella maniera più diretta, e in verità più semplice, che molto spesso è resa difficoltosa dai tempi e le distanze di un evento standard. Questo si svolgerà nel tardo pomeriggio, prima della serata vera e propria, che si svolgerà in 2 tronchi, il primo con i nostri set alternati, il secondo con una selezione in contemporanea, dove, attraverso le cuffie che verranno fornite agli spettatori, si avrà la possibilità di selezionare l’artista da ascoltare. In quel frangente, chiamato Silent Disco per l’assenza di rumore al di fuori delle cuffie, insieme a Ralf e Samuel abbiamo deciso di spaziare tra la pista e il resto del nostro tempo, quindi non sarà suonata soltanto musica rivolta alla pista, ma anche, ad esempio, quello che ascoltiamo sotto la doccia, o quando ci rilassiamo sul divano, o in macchina e così via…
Per te al Mix è un ritorno dopo la serata, a nostro avviso bellissima, insieme all’Orchestra Regionale della Toscana di alcuni anni fa, una delle cose più coraggiose e ben riuscite mai viste a Cortona. Che ricordi hai di quell’esperienza? E’ stata utile nel tuo percorso artistico e creativo?
Il motivo del ritorno è proprio la particolarità delle performances, diverse sia tra di esse, che da quelle che normalmente svolgo nei locali e nei festival prettamente musicali. Il Mix Festival, come è chiaro nel nome, deve cercare l’incastro tra le diverse forme d’arte, e le sfumature più rare delle esibizioni.
Quella con l’Orchestra Regionale della Toscana è stata un’esperienza unica, non solo per me, ma anche per quel genere di fusione; mi spiego, era stata provata l’orchestra ad accompagnare l’arrangiamento dei dischi scritti dal dj, era stato visto il dj integrato all’interno dell’orchestra come un elemento, ma nessuno aveva mai provato a “catturare” un’orchestra intera nella naturalezza della sua esibizione, e stravolgerla fino a portarla in un mondo che apparentemente è lontanissimo come quello elettronico. Ringrazio ancora il maestro Daniele Rustioni per la lungimiranza e la disponibilità, per me è stato davvero importante.
Il tuo background musicale dove parte? Puoi raccontarci i tuoi inizi come Dj e con quale musica e quali locali sei cresciuto?
Ho toccato il primo mixer a Radio Foxes, nella prima metà degli anni 90, non da professionista, avevo 13/14 anni, ma perché stavo accompagnando mio padre a una riunione nella sede della radio, che adesso non c’è più, ma curiosamente ho sognato di recente. E’ stato magnetico, ho chiesto se potevo tornare a fare pratica e li ho preso confidenza con gli attrezzi del mestiere, cosa che ho continuato a fare al Tuchulcha prima e Route 66 poi. Il primo direttore di una discoteca che mi ha affidato una residenza stagionale è stato Luigi Angori al Crocodile di Monte San Savino, non avevo ancora una macchina, mi accompagnavano i miei amici più grandi, e a seguire da li sono passato dai vari locali della zona fino ad arrivare al Dochshow a Bologna, da lì il giro si è allargato ed è nato qualcosa di nuovo.
C’è una figura che ritieni fondamentale più di tutte nel tuo percorso di crescita?
Non una, ma più di una, tutte importanti e tutte in maniera diversa. Se nasci a Cortona in quel periodo, non puoi non riconoscere un ruolo a Jovanotti, ho scritto solo Jovanotti senza Lorenzo Cherubini perché al tempo al quale mi riferisco era il Dj che era il primo pomeriggio in televisione, che riempiva le radio con le sue canzoni, e che ha un po’ sdoganato una figura che fino a quel momento stava chiusa dentro a una cabina di regia. Ho avuto l’onore e il piacere di dividere diversi anni dopo con lui il palco in piazza Signorelli durante il Dance Vintage Festival e quello è un dei ricordi incancellabili che porto con me. Ralf è quello che ha aperto la strada del djing attuale, frequentando da cliente i locali della zona e della riviera romagnola ho sicuramente in lui un punto di riferimento dietro ai piatti. Blade del gruppo Jestofunk è il primo che non solo ha stampato il mio primo disco, in collaborazione con Roberto Manfreda dal quale ho imparato tanto, ma ha fatto si che partecipassi ad alcuni dei suoi progetti. Stefano Stylophonic Fontana, conosciuto ai tempi del Docshow è quello che ha acceso la scintilla che ha fatto si che lasciassi tutti i lavori che stavo facendo per dedicarmi alla musica a tempo pieno, non so nemmeno se lui sà questa cosa, ma io ricordo esattamente quel momento. Alex Neri è stato senza dubbio la mia nave scuola, un po’ dietro ai piatti del circuito internazionale, un po’ in studio, dove per anni abbiamo collaborato sia per le nostre produzioni da club, sia insieme a Marco Baroni per la band Planet Funk, dove mi è stata data la possibilità di partecipare ai live durante i due anni del tour di Lemonade, il mondo visto dal palco dei live è un altra tappa indimenticabile, quando all’MTV Mobile Day a Bari abbiamo lasciato il palco a Moby mi sono tremate le gambe.
Il mondo dei DJ è, per sua natura, costantemente a cavallo fra l’innovazione tecnologica e l’attaccamento alle radici…fra vinile e digitale tu da che parte stai?
Vinile, non perché disdegno il digitale, che uso costantemente, cerco e ricerco innovazioni, e porto sempre di più nei miei set, ma semplicemente perché tutto è nato li, si è svolto lì, si svolge li e… profuma! Ho una puntina tatuata, non posso dire altro che vinile.
Che differenza c’è fra essere un DJ, una definizione che da profano mi pare labile e un po’ abusata, e un vero DJ producer?
Ho sempre detto che la figura del dj e quella del producer sono due figure parallele, non necessariamente legate. Adesso devo un po’ ritrattare, ovvero, lo sviluppo tecnologico che ha semplificato l’accesso agli strumenti del djing rischia di inflazionare la figura del dj inteso come mettidischi, che adesso ha accesso rapido, semplice ed economico alla musica attraverso la rete, a questo punto diventa importante integrare il ruolo di produttore per dare spessore e contenuti originali alla performance, l’unica maniera di avere un set caratteristico è quella di produrre, direttamente o attraverso una propria etichetta, del materiale da proporre in esclusiva.
Sappiamo che lavori molto e con grande successo… di tutte le tappe della tua carriera c’è qualcosa di cui vai particolarmente orgoglioso?
Lo Zooproject di Ibiza lo sento come un figlio, alla fine di questa stagione compirà 10 anni e vederlo crescere ancora mi riempie d’orgoglio. A dire il vero sono tante le cose che vorrei citare, il Womb di Tokyo, il nuovo Unusual Suspects a Ibiza che mi ha regalato il mio primo cartellone 6metri per 3 nell’isola, il concerto coi Planet Funk alla Liberty parade in Romania, dove non vedevo la fine della folla, potrei continuare per un bel po’, mi fermo a fatica.
Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi progetti futuri?
Ho appena aperto la mia nuova label Ubuntu, più che una label un laboratorio che coinvolge anche pittori, digital designer e tanti altri artisti. Sono al lavoro anche per far diventare Spazio/Tempo, che nasce quest’anno con il Mix festival, un format ripetibile da riproporre con sempre pìù persone coinvolte.
Chiudo con la domanda fatidica che si fa a tutti i musicisti… se dovessi ritrovarti su un’isola deserta con i tuoi piatti da DJ, che dischi vorresti avere con te?
Fuori dal club mi piace ascoltare tante cose, sintetizzando dico Radiohead, Talkin’ Heads, Stevie Wonder e un bel valigione di vinili di mostri sacri del funk.
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