“E io vado a mangiare dallo zio Ernesto!!”
Scommetto che se solo avesse un ospitale zio Ernesto pronto ad accoglierlo alla sua tavola anche mio marito alla vista del pranzo che lo aspetta, istantaneamente, senza neanche pensarci su un nanosecondo, se ne uscirebbe con la stessa frase lapidaria pronunciata nell’arcinoto film “la Banda degli onesti” dal figlio di Giuseppe Lo Turco (Peppino de Filippo), il “provetto” tipografo coprotagonista insieme ad Antonio Bonocore (Totò) il più che professionale “portiere di caseggiato” e al “pittore” Felice Cardoni (Giacomo Furia), di quello spassoso film commedia che fu anche, è innegabile, un garbato film verità.
A tratti esilarante, fu infatti quello un lungometraggio che, uscito nelle sale cinematografiche nel 1956, fotografo’ in modo più realistico di tanti altri la poco piacevole situazione economica in cui ancora in quegli anni versavano tante famiglie italiane a causa della miseria procurata loro dalla infausta guerra terminata ormai già da più di un decennio. E, divertendo, rese indimenticabile la capacità del popolo italiano di reagire decorosamente a tale grave difficoltà.
Cambiali da pagare, minacce di sfratto, disoccupazione già in atto o incipiente, la malasorte che affliggeva i tre coinquilini geneticamente troppo onesti per riuscire a portare a completo compimento la loro impresa di “aspiranti provetti falsari”, non aveva niente di diverso da quella che, nel film ma anche nel mondo reale, accomunava buona parte di coloro che vivevano in quel medesimo palazzo, in quello stesso quartiere di Roma come, d’altra parte, in tanti altri quartieri di quella città. Infelice situazione che rendeva i tre protagonisti tristemente simili all’enorme numero di coloro che, in tutto il resto del territorio italiano, riuscivano a malapena sbarcare il lunario
Appetitosi spaghetti alle vongole per cominciare e carne alla pizzaiola in aggiunta…? Sogni ad occhi aperti, fantasie da inseguire come miraggi o, qualche volta, meschine bugie da ostentare ai “compagni di sventure” per distinguersi da loro e confortare così il proprio “ego” ferito.
.
“Weh anche oggi broccoletti e ppatate eh?!” esclamava con tono sarcastico Antonio Bonocore vedendo rientrare a casa Marcella, la figlia del già citato tipografo, con la borsa della spesa carica di quei due unici ingredienti per il pranzo, sempre i soliti, ormai da tempo immemore.
” Piacciono tanto a mio fratello e a mio padre..” rispondeva prontamente la giovane che, punta sul vivo, sperava con questa ingenua bugia di riscattare la dignità della famiglia.
“E non hanno torto…” replicava Antonio con falsa condiscendenza “…broccoletti e patate è un cibo sostanzioso, vitaminoso, corroborante e leggero”.
Scoppiava, a questo punto, insieme alla mia, la risata del pubblico, una risata non priva di una certa dose di compiaciuta cattiveria. Di quel film, che ho visto e rivisto con gran diletto almeno cento volte, quella dei “broccoletti e patate” era ai miei occhi la gag più divertente, quella liberatoria di chi si fa beffe di un pericolo che non può riguardarlo più perché ormai scampato, morto e sepolto.
Da diversi mesi a questa parte, però, nel rivedere quella scena riesco solo a“ridacchiare” o, al massimo, sorridere: un retrogusto un po’ amaro guasta infatti il mio divertimento e non riesco più a dire a me stessa con la stessa punta di nostalgia per i tempi andati : “Temporibus illis…cose andate e ormai lontane anni luce…”
“Temporibus illis? Sicura? Le vacche magre non sono poi così lontane…” il mio personale Grillo Parlante bisbiglia ora alle mie orecchie “e anche i broccoletti non son poi così a buon mercato ultimamente… e, a guardar bene, anche le aringhe, il baccalà, le acciughe, un tempo cibi-soluzione per le mense più umili, costano, eccome se costano!”
Inflazione galoppante, rate del mutuo in aumento vortiginoso, carburanti alle stelle, pensione che si svaluta di giorno in giorno, riuscirò a cavarmela avvicinandomi almeno in parte ai quei virtuosismi di gestione finanziaria familiare di cui proprio in quei lontani anni ‘50 era stata capace mia madre che ogni giorno si produceva in “performances economiche” da manuale grazie alle quali si era guadagnata l’appellativo di “campionessa indiscussa di economia domestica” titolo coniato ironicamente per lei dai miei fratelli che, mutuando scherzosamente dal gergo sportivo quell’espressione, evitavano così di tacciarla troppo apertamente di spilorceria?
Ricordi che sembravano sbiaditi dal passare del tempo si affacciano così alla mia mente: vividi, proprio come i flashback di un film:
“Anto, se domattina quando ti svegli io non ci sono non ti preoccupare, rimani buona a letto e aspettami. Dovrò uscire presto presto per andare al mercato.” “Non posso svegliarti a quell’ora” aggiungeva per anticipare le mie frignucolose e consuete richieste di portarmi con sé. “mi devo spicciare se voglio trovare le cose migliori e spendere meno. Ti prometto che faccio in un lampo..”.
Era quello, più o meno, il periodo in cui si svolgevano le vicende del film e quella era la frase che la mamma era solita rivolgermi al momento di accompagnarmi a dormire ogni venerdì sera, il giorno precedente al mercato settimanale.
Ed erano quelle le parole che ripeteva con fare ancor più persuasivo ogni volta che durante il pomeriggio precedente era serpeggiata tra le casalinghe la voce che il mattino successivo, in quella piccola piazza della città che i cortonesi chiamano Pesceria, sopra lo stesso banco di marmo su cui nei giorni di vigilia si era soliti esporre appunto il pesce da vendere, sarebbe stato invece smerciato un “Sant’Antonio”, un vitello cioè che, per un incidente occorsogli o altra causa non imputabile a malattia, gli allevatori erano stati costretti a macellare anzitempo e la cui carne, perciò, sarebbe stata venduta di molto sottocosto.
In queste occasioni, per la verità abbastanza rare, a me pareva che le mamme, solo se particolarmente amiche tra di loro, si comunicassero la notizia ammiccando e sottovoce come se avessero da confidarsi l’un l’altra un oscuro messaggio cifrato.
Io le osservavo attonita: “perché tanti segreti?” mi chiedevo intrigata da quell’atteggiamento che mi appariva inspiegabile e, curiosa come una scimmia, bramavo di partecipare anche io all’ “evento” del mattino dopo per poter finalmente capire qual’era il motivo di tanto tramare.
Quella circospezione, ora lo so, era un modo discreto per darsi ad intendere che quello del mattino seguente era un avvenimento da divulgare il meno possibile.
E ora, solo ora che le famose vacche magre cominciano veramente a intravvedersi all’orizzonte, capisco la necessità assoluta di tanta riservatezza: per mamma & colleghe fare in modo che la notizia non divenisse di dominio pubblico era essenziale se si voleva arginare la concorrenza delle altre massaie e il fare una levataccia era un sacrificio da farsi ben volentieri considerato che, grazie a quel “Sant’Antonio”, almeno per un giorno, finalmente, niente broccoletti e patate a casa loro!
Per la mia mamma, come per tante altre casalinghe dell’epoca, spaccare la lira in quattro diveniva poi un’attività da mettere in pratica “scientificamente” in occasione del mercato settimanale del sabato mattina.
Anche in quel caso bisognava uscire ad ore quasi antelucane, ma non bastava.
Saper scegliere quali erano i migliori tra i polli, anatre, faraone, conigli, piccioni, che, ancora vivi, e con le zampe legate, penzolavano a testa in giù dalle mani delle signore loro allevatrici, richiedeva di armarsi di tutta la maestria ereditata dalle rispettive madri, nonne e bisnonne, e non solo.
Era infatti anche indispensabile una abbondante dose di scaltrezza nel saper trattare sul prezzo e non guastava affatto una certa faccia tosta nel mettere in pratica almeno le seguenti 3 tecniche di base che la secolare esperienza sul campo aveva dimostrato essere molto d’aiuto:
1) palpare sfacciatamente ed insistentemente nel petto e nelle cosce gli animali offerti in vendita per capire quali tra di loro fossero i “più in carne”,
2) soffiare tra le loro piume per scoprire dal colore della loro pelle se gli stessi erano veramente stati cresciuti a granturco, l’alimento principe perché le loro carni risultassero gustosissime dopo la cottura;
3) obbligare quei poveri animali, a spalancare la bocca (in modo dire il vero molto poco garbato) per verificare se nel loro gozzo si intravvedevano eventuali resti di cibo diverso da quello dichiarato.
Ah..se un animalista dei giorni nostri si fosse trovato a passare di lì…!
Ad un scorta enorme di pazienza dovevano ricorrere, d’altra parte, le aspiranti venditrici: schierate in gran numero soprattutto di fronte a Palazzo Vagnotti ma anche in Piazza Signorelli, vedevano pararsi di fronte a loro, una dopo l’altra, le massaie cortonesi che, dopo aver “tastato” e ispezionato a lungo e con molta poca delicatezza i “prodotti delle loro fatiche”, sentenziavano altezzosamente che gli animali loro offerti erano alternativamente: ossuti, così smunti da sembrar malati, cresciuti senza conoscer granturco o addirittura “vecchiotti e dalla carne certamente dura”.
Era una tattica quella della “denigrazione” che sottendeva una strategia ben precisa: aver la scusa per rifiutare la merce offerta, recarsi dalla produttrice successiva, e poi da un altra e un’altra ancora, fino a che, palpeggiati tutti gli animali da cortile offerti nella piazza e individuato con un ulteriore giro (o anche due) quello che secondo la loro stima meglio soddisfaceva il rapporto qualità/prezzo, ritornare finalmente sui propri passi e, sempre fingendo di esser sprezzanti e riluttanti all’acquisto, cercar di strappare lo sconto maggiore.
La stessa serafica tolleranza occorreva alle/agli ortolane/i e fruttivendole/i che esponevano le loro merci dall’inizio alla fine di Via Benedetti alle/ai quali veniva contestato che i loro prodotti, per non esser abbastanza freschi e/o per esser stati colti troppo o troppo poco maturi, non valevano affatto il prezzo che per essi veniva richiesto.
Era un rito che in quelle piazze si ripeteva ad ogni mercato e ormai da tempo immemore, una prassi che ogni volta poteva andare avanti per delle ore perché talvolta il fastidio di aspettare le decisioni delle potenziali acquirenti, il disappunto per le critiche ingiuste rivolte alla loro merce e la paura di tornare a casa con gli animali o con gli ortaggi invenduti non sempre spingevano coloro che volevano vendere ad accettare i ribassi pretesi dalle casalinghe cittadine, anzi: talvolta, il dispetto provato otteneva l’effetto contrario e tra le ripicche e i tira e molla le contrattazioni si protraevano all’infinito .
E’ per tale motivo che la sottoscritta, seguendo la propria indole naturale che fin dalla più tenera l’ha sempre spinta a schierarsi sempre e comunque in difesa di quelli che, esseri umani o no, appaiono i più deboli, le rare volte in cui la mamma accettava di portarmi con sé al mercato divenivo per lei un vero impiccio. Non potendo infatti fare a meno di sentirmi solidale sia con quegli sfortunati rappresentanti del mondo animale che, già destinati a finire arrosto nel giro di poche ore, dovevano prima sopportare di esser sottoposti ad una mattinata di “palpaggi selvaggi” e per di più a testa in giù, e non riuscendo neanche ad evitare di fraternizzare con le loro proprietarie secondo me ingiustamente criticate, passata neanche una mezz’oretta dall’inizio delle contrattazioni, cominciavo diventare irrequieta e a stiracchiare sempre più insistentemente la gonna della mia genitrice per farle capire che era l’ora di decidersi a scegliere e interrompere così, finalmente, quello che a me pareva un esercizio di vero sadismo.
Non capivo ancora, come amaramente comincio a capire ora, quanto può rendere taccagni e puntigliosi l’assoluta necessità di risparmiare.
“Se la mamma oggi aveva in borsa mille lire e per il pranzo del giorno ha comperato 1 Kg di pane spendendo Lire 111, poi 3 hg di pasta al costo L. 160 al kg, 3 hg di fagioli secchi a L. 156 al g., 4 uova per cui sono state necessarie 72 lire per ciascuna coppia, 3 hg di carne che al Kg costa Lire 949, un litro di latte – 68 Lire al litro – e, spendendo lire 79 un etto di burro e L. 127 per un litro di vino, quanti soldi ha speso la mamma? Se il babbo, operaio, guadagna 43.000 al mese, quanti soldi rimarranno alla famiglia per la spesa dei giorni successivi se in quel mese la mamma dovrà acquistare anche un paio di scarpe per vostro fratello al prezzo di L 3.500, quattro etti di lana per confezionare un maglioncino per voi a lire 5.000 all’etto? (1) Istat prezzi anno 1956)” chiedevano gli odiati problemini che la maestra ci dava da risolvere.
La sua voce che con tono stentoreo ci dettava la detestata tiritera ritorna insistentemente a riecheggiare nelle mie orecchie. Mi accade sempre più spesso, anzi, praticamente ogni mattina e per esser più precisa, la sento, tuonante, ogni volta che uscendo da un negozio, dopo aver pagato, il mio occhio, incredulo, cade sullo scontrino fiscale per accertarmi di aver capito bene. E’ soprattutto lo scontrino che ritiro dopo aver acquistato pane a rendermi fortemente perplessa. Il cibo dei poveri, lo chiamavano…
“E olio, riso, caffè, patate, salumi, zucchero, verdura, salsicce, quaderni, pennini, fiammiferi, ecc..ecc..ec.. Chissà quante altre cose che non comparivano nei rompicapo aritmetici che noi bambini dovevamo risolvere ma che erano necessarie per la vita quotidiana delle famiglie avrà dovuto comprare quella mamma!” mi dico ripetutamente da qualche mese a questa parte, da quando cioè, sempre a causa delle vacche magre in arrivo, condivido e comprendo sempre meglio le ansie “calcolatorie” della famosa “mamma dei problemi”nei cui panni ogni giorno di più mi sento perfettamente e angosciosamente calare.
Mai come di questi tempi, infatti, la mamma (che ora sarei io) uscendo ogni mattina con 50 euro per fare le piccole spese quotidiane – visto che le grandi scorte settimanali le ha già fatte al supermercato dove però, pagando col Bancomat, non ha la triste occasione di vedere le banconote uscire materialmente dal proprio borsello e sparire per sempre passando direttamente nelle mani della cassiera -, la mamma, dicevo, ritorna a casa praticamente “al verde” o, ben che vada, con qualche spicciolo.
Sentirmi disorientata nel tempo e identificarmi con Marlène o Marcella, le protagoniste femminili del film sopracitato, ma anche e soprattutto con le innumerevoli donne che nella realtà hanno dovuto mettere insieme il pranzo con la cena negli anni difficili della seconda guerra mondiale ed in quelli successivi, ormai sta diventando una cosa pressoché costante: ora come allora, a causa della guerra e di coloro che, ora come allora, non si stanno facendo scrupoli di costruire la propria fortuna grazie a, i prezzi stanno lievitando a dismisura.
Un nuovo film che sa tanto di vecchio e che potremmo intitolare “Nulla di nuovo sotto il sole”?
Penso proprio di sì..
Ma siccome la storia non si fa con le opinioni personali e neanche con i semplici ricordi, per averne conferma mi sono affidata a due fonti che hanno un valore di veri e propri documenti storici l’uno per la situazione nazionale, l’altro per quella locale:
1) le Tabelle Istat dei prezzi medi al Consumo in Italia dal 1861 al 1965 che includono, ovviamente, anche gli anni di quel tristissimo periodo (1).
2) le informazioni riguardanti il nostro Comune e dintorni raccolte e registrate dal puntuale cronista del passato cortonese Raimondo Bistacci, alias “Farfallino”, nella sua “Cronistoria dei fatti bellici accaduti in Cortona dalla venuta dei tedeschi fino al 31 gennaio 1945”. (2)
Chiunque può accedere, come ho fatto io, al sito Internet dove, tra le mille altre informazioni statistiche, le più disparate, potrà consultare i resoconti pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica nella loro completezza (1).
Pensando però di evitarvi una fatica e sperando di esservi utile da esse ho estrapolato per voi il prospetto, “ruspante” nella forma ma fedele alle risultanze storiche, che vedete sotto e che contiene i dati relativi ad alcuni prodotti, per brevità solo ad alcuni, limitandomi, sempre per brevità, solo ad ad alcuni degli anni compresi nel periodo immediatamente precedente lo scoppio del conflitto mondiale e fino al 1965.
PREZZI MEDI AL CONSUMO in Italia
tratti da:
https://www.istat.it/it/files/2011/03/sommariostatistichestoriche1861-1965.pdf
( Tav. 93 pagg 119 e seguenti)
(lire al kg salvo diversa indicazione)
-
1937
1939
1942
1944
1945
1946
1947
1948
1953
1956
1965
PANE
1,73
2,06
2,24
12,34
24,24
37–
73–
93–
107–
110–
134–
UOVA (AL PEZZO)
0,48
0,55
1,76
14,65
22—-
21–
34–
33–
35–
36–
39–
LATTE (A LITRO)
1,11
1,26
2,20
12,67
27—-
40–
62–
75–
78–
79–
115–
PASTA
2,52
2,62
3,16
23,02
41,86
66–
121–
133–
154–
160–
196–
FAGIOLI SECCHI
1,94
2,65
5,24
53,51
101–
151–
189–
139–
176–
156–
257–
PATATE
0,60
0,69
1,61
19,53
33–
39–
50–
34–
48–
56–
86
CARNE BOVINA
10,51
10,61
16,41
161—
298–
388–
776–
796–
902–
1.008
1.592
CARNE SUINA
10,81
9,92
19,80
—
—
—
797–
815–
843–
1.514
1.778
OLIO OLIVA
8,08
8,33
14,39
236—
308—
406–
582–
508–
485–
807-
773-
VINO
1,70
2,20
4,81
31,O6
61–
72–
101–
105–
11O–
127–
145-
BURRO
15,15
17,45
27,18
390–
715–
780–
1.282
1.298
1.201
1.211
1.500
RISO
1,63
1,98
2,30
34,85
78–
120–
232–
152–
130–
131–
167–
ZUCCHERO
6,19
6,69
7,82
81,89
262–
357
382
364
263
259
231
LANA IN MATASSE
68,29
92,02
124,60
—
—
5.330
6.114
5.564
5.380
5.170
6.015
SCARPE UOMO
52,26
63,97
86,08
—
—
3.555
4.638
4935
5.098
5.O57
6.051
PETTINATO
INVERNALE UOMO
70,04
90,90
144,14
—
3.354
5.834
4.896
4.911
5.547
5.719
6.992
FIAMMIFER
(SCATOLA)
O,23
O,25,
O,30
—
–
4–
6,13
10,08
15–
15–
30–
PENNINI
0,75
0,81
1,13
—
—
35
35
35
39
39
48
INCHIOSRO
4,79
5,07
6,58
–
–
244
244
290
371
371
426
Si può forse sperare che accadesse qualcosa di diverso a Cortona?
Non credo proprio anche se della situazione che ci riguarda più da vicino, quella del nostro Comune, dal testo del nostro Farfallino non possiamo ricevere notizie in merito se non a partire dal 10 settembre 1943 perché è solo da quella data che il puntuale cronista cortonese ha cominciato a redigere pressoché quotidianamente il suo “diario” rendendoci così partecipi dei principali fatti bellici che stavano accadendo in zona, vicende di cui lui stesso si era trovato ad esser testimone o di cui si era premurato scrupolosamente di accertare la veridicità ritenendole degne di esser ricordate.
Da quel giorno in poi, però, leggendo la sua cronaca circostanziata e vivida non solo avremo l’impressione di percepire con le nostre stesse orecchie gli allarmi antiaerei che angosciavano i giorni e le notti dei cortonesi e di sentire anche il fragore causato dai bombardamenti avvenuti nella campagna e nei paesi limitrofi e si imprimeranno per sempre nella nostra memoria i soprusi, le violenze, gli stupri, le ruberie e gli eccidi che anche da noi a quel conflitto hanno fatto da corollario, ma avremo anche un resoconto accurato e puntuale dei prezzi delle merci in costante aumento, dei calmieri adottati dalle Autorità peraltro quasi sempre elusi furbescamente e delle gravi difficoltà vissute dalle famiglie del territorio a procurarsi merci essenziali per la vita quotidiana come ad esempio sale, zucchero, cipolle e fiammiferi. Derrate di cui, anche allora, qualche personaggio di pochi scrupoli faceva incetta costringendo la povera gente a ricorrere al mercato nero:
“1 settembre 1944, venerdì: vengono arrestati due macellai di Camucia perché vendevano la carne congelata anziché al L. 42, come il calmiere, a L. 70 al Kg.”
“24 ottobre 1944, martedì: vengono sequestrate a Cortonicchi Adelmo della Fratticciola 1850 scatole di fiammiferi e 125 chili di zucchero che vendeva a mercato nero, e a certo Cosci di Perugia 20 quintali di cipolle”.
Non c’era bisogno però che il nostro “reporter di guerra” arrivasse a riferirci episodi di tale gravità per renderci conto di quanto critica potesse essere comunque, anche in assenza di biechi profittatori, la situazione economica prodottasi nell’arco di quegli anni, di quanto anche da noi i prezzi dei prodotti alimentari più comuni fossero aumentati e di quanto continuassero a crescere in maniera esponenziale addirittura nel giro di pochi giorni, per immaginare le penose ristrettezze che affliggevano le famiglie le cui scarsissime risorse economiche, in assenza degli uomini impegnati al fronte, dovevano molto spesso essere gestite da donne sole.
E perché non abbiate ombra di dubbio in merito, saltando qua e là nel testo riporterò a titolo esemplificativo alcuni dei passi del diario del nostro Raimondo, solo alcuni che ho scelto tra quelli che evidenziano il costo della vita comprendendo le poche righe che danno informazioni sui salari riservati agli operai e ai manovali delle imprese edili dell’epoca, forse allora le più attive nel territorio a causa della necessità della ricostruzione, per dar modo anche a voi di riflettere su quale poteva essere il potere d’acquisto di un salario durante quel triste periodo:
8 ottobre 1943: “Estinto il calmiere si hanno i seguenti prezzi di generi alimentari: Uova L. 12 la coppia, oca L. 45 al chilo, polli vivi da L. 120 a L. 160 al paio, castrato o pecora L. 40 al chilo, mele 6 al chilo”
29 ottobre 1943
Giungono in Cortona 1000 quintali di patate provenienti da Ferrara e vengono vendute a L. 4, 50 al Kg e un vagone di mele che vengono vendute a L. 8-10 e 12 al Kg.
7 Novembre 1943
Dopo circa un mese e mezzo giunge il sale che viene distribuito a tessera nella ragione di grammi 200 per persona
18 novembre 1943
Giunge un vagone di cavolelle e un vagone di cipolle da Ferrara
13 gennaio 1944
Suona l’allarme alle ore 9,30 e termina alle ore 14,45. In piazza non si vende nulla ad eccezione di rape(pulezze) a una lira il mazzo, poca insalata e mele a L. 20 il Kg. Si chiede per l’olio il prezzo di L. 150 il chilo.
26 febbraio 1944, sabato
Non si vende carne di vitella da 15 giorni non si trova nulla. Il cavolo fiore lo portano via i tedeschi, le cipolle costano L. 7 al Kg., i conigli 150 al paio. Niente allarme.
28 febbraio, lunedì:
Tempo coperto e freddo. Suona l’allarme alle ore 11 e termina alle 11,25. Si vende il luccio del lago a L. 70 al kg.21 luglio 1944
21 Luglio 1944:
...Il Comune stabilisce i prezzi della carne bovina ed altri come segue: bue e vacca:polpa l. 60 al kg, magro con osso l. 55, lesso 40. Inoltre ad ogni individuo deve essere dato 1o grammi di grasso al prezzo di Lire 40 al kg. Prezzo degli erbaggi: cipolle secche L. 7 al Kg, fagioli L. 15 al kg, fagiolini L. 15 al Kg. Pomodori L. 15 al kg, patate L. 5 al kg. Frutti:pesche prima qualità L. 20 al kg, albicocche L. 20 al Kg, pere L. 10 al kg, ciliege a L. 15 al Kg, susine L. 10 al Kg, mele prima qualità lire 8.
Giovedì 17 agosto 1944:
si riattivano alacremente strade e ferrovie. gli operai lavorano per gli inglesi a L. 60 al giorno. Da oggi l’ocio o ciucio costa a peso morto e le uova Lire 20 o 22 la coppia
Lunedì 28 agosto: vengono aumentate le paghe agli operai dai vari impresari: muratori l. 10 all’ora, manovali L. 8 all’ora
11 settembre 1944, lunedì: ...gli operai cortonesi e della campagna che lavorano per gli inglesi assommano a circa 300 e hanno una paga giornaliera di L. 70
19 settembre 1944, martedì: viene venduto dagli inglesi il latte in polvere proveniente dall’America a L. 60 al Kg, soltanto per vecchi e bambini, brodo in polvere per minestra a L. 30 al Kg. e scatolette di minestrone con carne e vegetali a L. 56,50 ciascuna
23 settembre, sabato: Viene applicato il calmiere nei polli a L. 70 il Kg, vivi. I contadini alla spicciolata riportano indietro i polli, abbandonano il mercato e li vendono per le vie di campagna a lire 100 al chilo.
24 agosto 1944, domenica: Non viene venduta la carne ai macelli e poco vi è da mangiare…gli inglesi cercano uova che pagano Lire 25 la coppia e vino bianco
,1 Ottobre1944, domenica…. Viene tolto il supplemento del pane alle donne e agli uomini di fatiche medie, viene lasciato soltanto agli operai che lavorano nelle ditte e aziende . La razione del pane ai cittadini è di grammi 200 a testa.
4 ottobre mercoledì 1944 Vengono trasportate da Sansepolcro 500 quintali di patate che vengono venute in Cortona a Lire 14 al Kg.
7 ottobre1944, sabato: Al mercato si vendono pochi polli e molti incettano le uova per le vie di campagna. Non viene venduta la carne di nessun genere. Le uova costano L. 26 la coppia.
8 ottobre, domenica: Non si trova più l’olio neanche a L. 700 al fiasco. Non si trovano più fiammiferi, rara qualche scatola al mercato nero col prezzo di L. 10 e 20 ciascuna, non si trova più né cuoio, né gomma per risuolare le scarpe
11 ottobre 1944, mercoledì: Vengono vendute 180 chilogrammi di anguille di grossezza media a L. 70 al Kg. Data la mancanza di carne e generi alimentari si termina la vendita in 3 ore.
13 ottobre 1944,venerdì: ….Al mercato di Castiglion Fiorentino il maiale nei macelli costa L. 220 al g e la salsiccia a L. 250 al Kg
14 ottobre 1944, sabato: mercato deserto di pollame, conigli e uova. Si vende il maiale a L. 240 il Kg. Le uova che costano L. 30 la coppia vengono vendute nascostamente.
18 ottobre 1944, mercoledì: Dopo 2 mesi di sospiri, si dà agli appalti di sale e tabacchi una scatola di fiammiferi di legno per famiglia. I fiammiferi, dato l’estremo bisogno si vendono a borsa nera a L. 30 la scatola.
19 Ottobre 1944, giovedì: Non si vende niente da cucinare ad eccezione della carne di maiale a L. 23 l’etto, cioè a L. 230 al Kg. Il pesce non viene più.
28 ottobre 1944, sabato: al mercato i polli vengono venduti a L. 200 il Kg, a peso vivo, le uova a L. 40 la coppia e il maiale a L. 300 il Kg. Manca il sale alla popolazione.
11 Novembre 1944 sabato: avendo il Municipio in molti generi alimentari ed altri, al mercato non viene portato nulla. Le uova vendute da nascosto costano L. 50 la coppia: Ecco il calmiere.
Governo Militare Alleato:
Listino prezzi massimi:
Pane al Kg. L.5, pasta alimentare L. 7, farina di frumento L. 5, olio commestibile L. 43 al Kg, patate L. 10, fagioli L. 20, latte alimentare L. 8 al litro, uva fresche L. 15 ciascuna, zucchero L. 16, vino nostrano gradi 12 L. 20, marsala gradi 16-17 L. 150 al Kg, vermouth l. 200, marsala all’uovo L. 200, moscato di Sicilia L. 200, cognac locale L. 350, pomodori da serbo L. 12 al Kg., pere L. 16, mele L. 14, cipolle L. 10, aglio L. 20, castagne marroni L. 20, carni bovine, pecora-castrato L. 100, pecora L. 80,agnello L. 140, pollame,tacchini, oche peso vivo L. 100, peso morto L. 130, galline, peso vivo, L. 140, peso morto L. 170, conigli peso vivo L. 75, peso morto L. 100, pesce fresco, frittura di lag L.50, frittura di fiume L. 45, persico grosso L. 60, anguilla L. 80, legna da ardere al q.le L. 80, carbone L. 320 ecc.
Si interrompono qui, dopo l’adozione del calmiere, le informazioni che nella sua “Cronistoria” il nostro Raimondo Bistacci ci dà in merito al costo della vita locale, ma “ tutto il monfo è paese e se tanto mi dà tanto…”, diremmo noi cortonesi..
Le già citate statistiche ISTAT non ci permettono affatto di illuderci in proposito né lasciano presumere che una volta terminata la stramaledetta guerra almeno i prezzi dei generi di prima necessità abbiano più minimamente interrotto la loro folle corsa in salita. Anzi!
Nel 1956, lo stesso anno di uscita del film, un Kg di pane era infatti arrivato a costare ben 6.316 volte di più rispetto al suo costo nel 1937, cioè due anni prima che i venti di guerra si alzassero a scuotere i destini del mondo.
La pasta costava nel 1956 6.249 volte di più che nel 1937 e 7.400 volte in più si dovevano pagare le uova. Di 7.000 volte era aumentato il prezzo del latte, e ben di 13.905 volte la carne suina. La carne bovina aveva un prezzo di 9.400 volte superiore e l’olio 9.900. Di 7.251 volte al metro era poi cresciuto il prezzo della stoffa per un abito da uomo, di 7.470 un kg di lana, con cui in ogni casa venivano confezionati ai ferri calze, calzini, canottiere, maglioni per grandi e piccini. 9.576 volte in più si era costretti a pagare un paio di scarpe da uomo.
Ritornate alle tabelle già pubblicate sopra, fatevi due calcoli e vedrete se racconto falsità.
E cosa allora, se non broccoletti e patate, ci si sarebbe potuto permettere alle tavole di operai, mezzadri, artigiani, cortonesi o no, se si considera che sempre nell’anno di uscita del film, anno in cui i disoccupati si contavano ancora a milioni, in cui era ancora molto atto era il numero di coloro che erano costretti ad emigrare all’estero, gli operai dell’industria e agricoltura potevano contare su uno stipendio medio che difficilmente raggiungeva le 40.000 lire e anche lavoratori considerati privilegiati perché tra i maggiormente remunerati come i dipendenti dei Ministeri non riscuotevano che 56.000 Lire al mese se erano uscieri, poco più di 64.000 se erano “applicati”, o L. 287.0000 giù di lì se erano Direttori Generali? ( nota 1 ISTAT“Retribuzione di alcune categorie del personale civile dello Stato”– tav. 99 pag. 129)
Aveva pertanto proprio un bel da fare la mamma dei problemi, in qualsiasi parte d’Italia vivesse, moglie di un operaio o di un impiegato avrebbe fatto poca differenza, a far quadrare i conti del modesto bilancio familiare!
Non credo, a questo punto, sia necessario aggiungere nient’altro perché sia chiaro il pessimismo cosmico che giorno dopo giorno, ora dopo ora, notiziario dopo notiziario, mi fa veder sempre più nero, insieme al mio, il futuro di tutti quelli che, come me, dalle conseguenze di un’economia gravemente compromessa da un contesto politico che se non possiamo formalmente definire di guerra, ma che nella sostanza a me pare tanto simile ad una tale congiuntura, non hanno assolutamente niente da guadagnare ma solo molto, moltissimo da perdere.
Riuscite ora a comprendere perché, facendo di necessità virtù, mi sto tristemente rassegnando ad apprezzare un cibo sostanzioso, vitaminoso, corroborante e leggero come broccoletti e patate?
PERCENTUALI DI AUMENTO PREZZI PERIODO 1937 – 1956 ORDINE DECRESCENTE
GENERI ALIMENTARI |
ABBIGLIAMENTO |
13.905,.. % CARNE SUINA |
9.576,.. % SCARPE UOMO |
9.900,.. % OLIO |
7.470,.. % LANA |
9.400,.. % CARNE BOVINA |
7.251,.. % STOFFA ABITO UOMO |
7.893,.. % BURRO |
|
7.400,..% UOVA |
|
7.017,.. % LATTE |
|
6.316,..% PANE |
|
6.249,.. % PASTA |
|
5.786,..% FAGIOLI |
|
4.084,..% ZUCCHERO |
1) https://www.istat.it/it/files/2011/03/sommariostatistichestoriche1861-1965.pdf
2) Cronistoria dei fatti belliciavvenuti in Cortona dalla venuta dei tedeschi fino al 31 Gennaio 1945 Editore Calosci Cortona – Giugno 1984