Qualche mese fa, esattamente il 15 febbraio, il Parlamento europeo ha approvato un documento strategicamente significativo, la cui portata in termini di conseguenze per i mercati italiani e continentali potrebbe avere effetti a dir poco dirompenti. Si tratta del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), vale a dire un accordo economico e commerciale tra Unione Europea da un lato e Canada dall’altro, firmato peraltro alla fine dello scorso anno, le cui linee operative porteranno inderogabilmente ad una sostanziale liberalizzazione degli scambi commerciali assicurando alle merci dell’altra parte il trattamento disposto a livello nazionale. Tutto ciò – evidentemente – comporta una riduzione o addirittura una soppressione dei dazi doganali sulle merci originarie dell’altra parte e introduce meccanismi di vera e propria astensione dalla adozione o dal mantenimento in vigore di divieti o restrizioni all’importazione di merci o alla stessa esportazione alla vendita per il trasferimento di merci destinate a territori dell’altra parte.
Ci troviamo insomma di fronte ad una nuova riproposizione di accordi bilaterali in cui emergono in maniera pesante forme di deregulation che devono far riflettere tutti quanti. Del resto, il CETA è un accordo a natura mista per la cui entrata in vigore si rende necessaria la ratifica di ciascuno Stato membro secondo le rispettive disposizioni normative nazionali. In Italia è in corso di approvazione la legge di ratifica. Diciamo subito che a fronte di presunti benefici, il CETA introduce sostanzialmente un meccanismo di acritica deregolamentazione degli scambi e degli investimenti che non aiuta il libero commercio e pregiudica fortemente la qualità, la competitività e l’identità dello stesso sistema agricolo nazionale.
Da qui l’esigenza di sensibilizzare non solo le categorie economiche più vicine al settore del commercio o della produzione agricola, ma anche l’opinione pubblica presumibilmente ignara delle conseguenze a dir poco problematiche derivanti dalla ratifica di un siffatto accordo. Alcune Associazioni, come Coldiretti – giusto per fare un esempio concreto – hanno inteso far partire una campagna di mobilitazione dal basso per creare un movimento nel Paese che metta in discussione i presupposti del CETA e riconduca il dibattito politico generale verso temi particolarmente significativi, come la difesa della trasparenza e della equità della filiera italiana in primo luogo.
Coldiretti ha inviato una lettera a tutte le Amministrazioni Pubbliche affinché venisse portato in discussione all’interno dei vari organi (Giunte o Consigli Comunali) questo tema così delicato per il futuro della nostra produzione agricola.
Il Comune di Lucignano, nel corso dell’ultima seduta della propria Giunta, ha inteso approvare un ordine del giorno che conferma la piena e convinta adesione alla battaglia di Coldiretti contro gli effetti nefasti del CETA.E’ un atto di coerenza quello adottato dagli amministratori lucignanesi, che fanno della tutela dei prodotti agricoli un punto dirimente della loro azione. “Vogliamo confermare la nostra linea di difesa e salvaguardia della qualità agricola italiana, così come ribadito in varie occasioni negli ultimi anni. Abbiamo voluto aderire alla iniziativa di Coldiretti, condividendone in toto lo spirito e facendo sentire la voce del nostro territorio, che da sempre intende puntare non solo sul turismo e il patrimonio culturale di cui Lucignano è ormai un punto di riferimento ma anche sulla tutela e valorizzazione delle eccellenze agricole del nostro territorio.” Sono le parole di Roberta Casini, Sindaco di Lucignano, che certificano in maniera puntuale una presa di posizione netta che fa onore all’Amministrazione Comunale ribadisce una scelta di campo a favore della filiera nazionale.
Guido Perugini
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