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Allarme Mosca dell’Olivo, abbiamo sentito un esperto

Niente sonni tranquilli per gli olivicoltori, anche in Valdichiana. La BACTROCERA OLEAE, meglio nota come mosca olearia torna a minacciare le nostre olive, a soli due anni di distanza da quel tragico 2014 che vide i raccolti completamente falcidiati. Inverni poco freddi, estati troppo umide. Sarebbe questa la causa principale del ritorno della mosca. La tropicalizzazione del clima sembrerebbe alla base delle incursioni sempre più frequenti della BACTROCERA OLEAE.

Dovremo dunque abituarci a convivere con questo killer?

I mutamenti climatici in atto – ci ha spiegato il dott. Leonardo Marchetti, agronomo – influenzano la presenza della mosca olearia e di molti altri insetti  che, in generale, sono diventati più aggressivi e difficili da debellare

Ma ad alcuni olivicoltori, delle nostre parti, certe spiegazioni non paiono bastare. Qualcuno, “tra i denti”, dà la colpa della ricomparsa della MOSCA all’inserimento, anche in Valdichiana, di colture intensive, con filari a spalliera, alla conseguente meccanizzazione delle operazioni di potatura e raccolta, all’installazione di impianti di irrigazione a goccia, alla necessità di trattamenti  con insetticidi più volte all’anno, che, mantenendo pericolosamente umido l’ambiente  dell’oliveto, rischierebbero di favorire l’attecchimento della mosca olearia.

Il tutto in nome di un ritorno economico nella coltivazione dell’olivo che punta alla massima produzione con minimi costi

“La coltura intensiva dell’olivo – ci ha spiegato il dott. Marchetti – occupa, al momento, solo una trentina di ettari in Valdichiana e,in quanto minima, non sarebbe comunque in grado di spostare certi equilibri. Ad influenzare le coltivazioni  è l’ambiente pedoclimatico cioè il complesso delle condizioni fisiche del terreno, dipendenti dalla temperatura e dall’ umidità

Le colture intensive, in realtà, sono la risposta ad una domanda sempre crescente di olio italiano, toscano in special modo, da parte dei mercati internazionali, che la produzione attuale non riesce a coprire. 600 piante per ettaro contro le 200 circa di un oliveto tradizionale. Filari fitti e regolari per favorire la meccanizzazione delle operazioni tagliando le spese di manodopera. Questi i numeri  e le scelte economiche che prevede l’intensivo.

Per rispondere alla richiesta di olio Made in Italy, anche in Valdichiana qualcuno si sta orientando verso l’intensivo. Peccato che le nostre qualità di olive, leccino pendolino ecc.. non si adattino alla coltura intensiva, per cui si deve optare per l’impianto di olive non autoctone, come l’Arbequina spagnola,  che sembra crescere bene  nei nostri terreni.

L’Arbequina coltivata in Toscana – ci ha spiegato il Dott. Marchetti-  sta dando ottimi risultati e l’olio ottenuto ha caratteristiche proprie, dovute all’ambiente, al terreno, che la differenziano dall’omonima coltivata in Spagna

Negli impianti sperimentali si stanno testando anche nuove varietà di olive, frutto di incroci di genotipi spagnoli, greci e italiani. Nel frattempo il paesaggio cambia. Cambia il modo di coltivare e cambia pure l’oliva!!!

E’ questo il futuro che attende l’olivocloltura ?

Gli olivicoltori della Valdichiana auspicano, piuttosto, un programma di valorizzazione e tutela delle qualità autoctone e di un sistema di coltivazione “tradizionale” che è lo stesso dal tempo degli etruschi e che, da sempre, caratterizza anche il paesaggio di questo territorio.

Intanto, il monitoraggio di ARSIA sulla presenza della mosca olearia sul territorio resta costante. I dati sulla presenza della Bactrocera in Valdichiana oscillano intorno al 10% 15% con picchi nel fondovalle dove l’umidità ristagna pericolosamente rispetto alle zone collinari e differenze dovute anche dalla qualità di olive (quelle più piccole e dure resistono meglio, ad esempio, della qualità FRANTOIO agli attacchi de killer!).  Le previsioni meteo variabili e l’alto tasso di umidità presente nell’aria,  non fanno certo stare tranquilli gli olivicoltori. Si continua con i monitoraggi e le trappole ai feromoni. Si ripetono i trattamenti. Consigliati quelli meno invasivi effettuati con prodotti biologici a base di Spinosad che restano fuori dalla pianta, sono ripetibili ogni dieci giorni ed oltretutto non necessitano del patentino per essere acquistati.

Coltivare le olive è faticoso e poco remunerativo e i piccoli agricoltori lo sanno bene. Ma la storia millenaria che racconta un filo d’olio appena franto,  versato sul pane per festeggiare il nuovo raccolto,  ripaga tutti della fatica, dei raccolti persi, delle notti insonni.

Antonietta Lamagna

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Antonietta Lamagna

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