Un testo avvincente di Stefano Massini, drammaturgo italiano tra i più rappresentati in tutto il mondo. Un protagonista azzeccato, Alessandro Preziosi, che si conferma animale da palcoscenico. Un personaggio, Vincent Van Gogh, che affascina e richiama pubblico (particolarmente in questo periodo!), non solo nelle mostre d’arte ma anche al cinema e in teatro.
“Van Gogh. L’odore assordante del bianco”, in scena, in doppia serata, al Teatro Signorelli di Cortona è tutto questo e molto altro ancora!
Un thriller psicologico, come lo ha definito lo stesso Preziosi in diverse interviste. Una indagine sulla pazzia del “genio” Van Gogh. Ma, più ampiamente, l’analisi della natura fragile e irrequieta dell’artista, del suo ruolo nella società contemporanea che, oggi, come nell’800, è incapace di accettare il diverso, ne ha paura, e per questo lo isola.
“Van Gogh. L’odore assordante del bianco” merita un posto d’onore in questa stagione teatrale 2018/19.
Sospeso in bilico su un pavimento obliquo, come quello del suo dipinto “La camera di Van Gogh ad Arles”, rinchiuso in una “gabbia“ bianca, che è la stanza del manicomio di St. Remy, senza i suoi colori, senza tele.
Proibito dipingere per Vincent Van Gogh! Proibito leggere! Proibito ascoltare musica! Sul muro di fondo si riconosce il “Campo di grano con volo di corvi” l’ultimo dipinto dell’artista. Confuso tra il bianco accecante, sembra quasi essere stato “graffiato” sulla parete con le unghie.
Il pittore olandese si trova, così, ad appena 36 anni, a fare i conti col silenzio assordante del bianco di una camera di manicomio. Solo, con i suoi aguzzini, gli infermieri e uno psichiatra isterico, ed un fratello che gli viene in aiuto, in parte frutto della sua immaginazione alterata.
Incalzato da cure obsolete che moltiplicano la sua inquietudine. Solo il Direttore del manicomio, Dottor Peyron, proverà realmente a curarlo, attraverso l’ipnosi.
Sulla targhetta della sua stanza è scritto: “Soggetto tranquillo, socialmente non pericoloso”.
Van Gogh- Preziosi esplora il labile confine tra follia e sanità, tra verità e finzione. I piedi, le mani, tutto il corpo che si contorce in un allucinato delirio e le improvvise apnee delle parole che a volte non riescono ad uscire dalla bocca del pittore-attore. La cura alla sua follia è l’assenza di colore, quello stesso colore che, invece, rappresenta per lui la vita.
Un sofferto viaggio interiore per Vincent-Alessandro in cui l’accompagnano il fratello Theo, Massimo Nicolini, gli infermieri-carcerieri, Alessio Genchi e Vincenzo Zampa, il Dottor Vernon “natura morta” ( come lui stesso lo definisce!), Roberto Manzi, il Direttore della Casa di Cura, dott. Peyron, Francesco Biscione, l’unico che ridarà spazio e voce a Vincent.
Le parole sono quelle di Stefano Massini,” scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” così lo definisce la Giuria del Tondelli premiando il suo testo nel 2005. La regia, equilibrata e efficace è di Alessandro Maggi.
Alessandro Preziosi magnetizza il pubblico e riempie la scena.
La voce poderosa e graffiante.
Trascina gli spettatori fin dentro la mente alterata dell’artista, tra le manifestazioni della malattia e i guizzi di genialità.
E’ lui il baricentro dell’azione drammaturgica. Ingabbiato in uno spazio che Maria Crisolini Malatesta interpreta in maniera suggestiva con la sua scenografia evocativa. Accompagnato, nelle sue torture fisiche e mentali, da pochi suoni, curati magistralmente da Giacomo Vezzani. Rumori di treni, brevi ma assordanti come grida e la sua voce da bambino. Le luci, sapientemente modulate da Valerio Tiberi e Anfrea Burgaretta, sottolineano con efficacia l’atmosfera in scena.
Un’ora e mezza di buon teatro che si chiude, sulle note di “ Dream on” dei Depeche Mode, in una scena che si tinge di giallo, quel giallo tanto amato da Van Gogh, a rappresentare la speranza per l’artista di tornare ai colori e alla vita.
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