Ho già parlato dell’attività del maestro Pier Luigi Galli su queste pagine in occasione della mostra cortonese all’Oratorio di San Francesco dell’estate 2017. L’occasione che si presenta a chi, entro questa domenica [AGGIORNAMENTO DEL 15/06: la mostra è stata prorogata fino a domenica 24 giugno 2018], passerà dalle parti di Arezzo, è ancora più interessante, in quanto è in corso, nell’atrio d’onore della Provincia, una retrospettiva sull’intera carriera del pittore cortonese, intitolata “Le forme di una vita”.
Nato a San Gemini (Terni), Galli è in attività dagli anni ‘60, dopo l’apprendistato nello studio di Gerardo Dottori a Perugia e gli studi di metallurgia all’Istituto Superiore di Terni. Nel 1963, all’età di vent’anni, entrò nella bottega orafa della Gori & Zucchi di Arezzo, dove poté proseguire la formazione nella cesellatura, modellazione, lavorazione e fusione dei metalli. Riporto questi dettagli non tanto per un puntiglio biografico, ma perché aiutano a capire la poliedricità di questo artista: ad Arezzo non aspettatevi di vedere solamente olî e pitture, in quanto la sua ricerca artistica ha toccato anche materiali, tecniche e forme distanti dal dipinto su tela. Non (solo) pittore dunque, ma artista a tutto tondo.
Galli ha fondato con il critico Pier Francesco Greci l’Accademia dei Quindici, cenacolo artistico aretino, e ha partecipato a numerose mostre e concorsi dal 1969, anno della sua prima personale (Galleria “La Scaletta” di Arezzo). Quella in Provincia non è la sua prima antologica, in quanto ne era già stata allestita una nel 2013 a San Gemini. Due anni dopo, l’artista cortonese ha ricevuto un riconoscimento Per una vita dedicata all’arte da parte del circolo “Gino Severini” di Cortona, presieduto dalla figlia dell’illustre pittore, Romana Severini.
“Le forme di una vita” è stata curata da Giuseppe Simone Modeo, dalla cui bella presentazione estraggo alcune riflessioni:
Il maestro Galli riesce […], con la poesia della sua pennellata, con il vibrato dei propri colori, a dare flusso vitale a forme e cose che da inanimate improvvisamente vivono sentimenti, affetti, passioni e piaceri. In buona sostanza, Galli riesce a trasmettere a cose e forme apparentemente inanimate la leggerezza e la profondità dello Spirito. […] Di fronte a queste opere, siamo tutti fermi in un momento, in un unico palpito, in un unico tempo di fronte all’esigenza di calare il bello dal mondo delle idee al mondo dell’esperienza.
L’ingresso propone una sintesi efficace di una parte della retrospettiva (le opere degli ultimi anni): Pinocchio e busti di figure femminili in forma plastica e dipinti su tela. La materia che protrude dal quadro come cosa viva, per poi rientrarci e confondersi (si noti lo specchio che riflette il burattino nel quadro in basso a destra). Pinocchio, che è materia inerte ma allo stesso tempo spirito vivo e attivo (quanti significati potremmo dargli?). Specchi e fondali metafisici. Racchiudere la vitalità su materiali di per sé inespressivi: è il miracolo della creazione artistica, anche se ci pensiamo di rado. (Ci ho fatto pensato di recente, leggendo un’uscita di Urania: Cosmocopia di Paul DiFilippo. Nel libro si parla di un artista che si ritrova in un mondo alternativo dove la pittura neanche esiste, perché non si ritiene possibile rappresentare la realtà multidimensionale su supporto bidimensionale. Noi ci riusciamo, dai tempi delle grotte di Lascaux, ma non si tratta di una cosa scontata, e il grande merito degli artisti è ricordarcelo).
“Le forme di una vita” prosegue nell’atrio d’onore. Si tratta di una mostra plurale, con andamento a spirale per quanto riguarda la produzione pittorica. Tra le opere dei primi anni, si scorge una dicotomia tra forma e interiorità che trova espressione anche in modo creativo: segnalo in particolare il dipinto con il fondo metallico che traluce dietro le pennellate (lux ab imo corde, viene da pensare) e la composizione che emerge da strappi su un fondo nero e bianco (i fiori, i colori, la bellezza artistica fuori dalla finestra: ciò che è bello salta fuori solo lacerando le pieghe della realtà in bianco e nero).
Più avanti è collocata la produzione metafisica di Galli, della quale può essere menzionata la piazza assisana che richiama De Chirico. La figura umana compare di rado nelle opere dei primi anni, per poi emergere con l’avvento delle “nature vive”, attraverso le peculiari forme antropomorfe di vasi con specchi nella parte alta.
Spesso i dipinti parlano d’amore, di un amore idealizzato e incorporeo, da Afrodite Urania piuttosto che Pandemia. Forse il dipinto che ho apprezzato maggiormente appartiene a questa categoria: si tratta dei due amanti senza volto (o meglio, con volto, perché riflettono e sono fatti di nuvole, cioè della vita in movimento) che fuoriescono da uno strappo iperuranio tra le stelle, una traccia a mo’ di cometa che libera materia viva e natura pulsante, quasi fosse un Big Bang dei nostri giorni.
Metamorfosi, commistione tra naturale e antropico, tra vita consapevole e anima mundi, tra eucarioti e procarioti: gli sguardi in forma di foglia del dipinto qua sopra, su un bicolore da terrecotte dellarobbiane, sono espressione delle intuizioni più recenti di Galli, che anche durante la mostra continua a buttare giù idee e progettare nuove opere.
Si potrebbe continuare a lungo con questa descrizione, perché la mostra propone creazioni altre dai dipinti: sculture, porcellane, incisioni su pelle e metallo, stampe e litografie. Ma verrebbe meno il gusto della visita, che non potrebbe mai essere sostituito da qualche resoconto scritto o fotografico.
Pier Luigi Galli
“Le forme di una vita”
Antologica a cura di Giuseppe Simone Modeo
Atrio d’onore della Provincia di Arezzo
fino al 17 giugno
orari 10,00-13,00 e 14,30-19,30