«Abbiamo notato come con l’irrigazione a goccia e a spruzzo si distribuiscano volumi di adacquamento maggiori, probabilmente dovuti all’uso poco efficiente degli impianti utilizzati. Il valore dell’acqua di qualità come elemento di valorizzazione di un prodotto agricolo per il basso impatto sull’ambiente probabilmente non è ancora compreso». È la conclusione di un lavoro di analisi dei dati sull’irrigazione, che ha riguardato anche la Valdichiana, condotto da Graziano Ghinassi docente di Idraulica Agraria all’Università di Firenze e presentata a Expo Milano nell’incontro “L’invaso di Montedoglio per un sviluppo ecocompatibile della Valdichiana” organizzato dal Consorzio 2 Alto Valdarno
Water footprint per frutta e ortaggi. L’obiettivo del convegno è stato quello di sviluppare un progetto volto allo sviluppo dell’irrigazione per incrementare e qualificare le produzioni agrozooteniche utilizzando la grande disponibilità di risorsa dell’invaso di Montedoglio e valorizzazione tramite certificazione WF-ISO 14046 (water footprint) delle produzioni della Valdichiana irrigate con l’acqua di questo invaso. Ed è stata l’occasione con il professor Graziano Ghinassi per fare il punto sui metodi di irrigazione, su quelli che consentono di ridurre gli sprechi di acqua e favorire rese elevate in quantità e qualità. L’analisi parte dal 2005, quando ancora non c’era l’acqua di Montedoglio per irrigare la Valdichiana.
Troppi sprechi di acqua prima dell’arrivo dell’acqua di Montedoglio. «Nel triennio 2005-2007 è stato svolto il progetto di ricerca S.E.Agr.I.T., cofinanziato da Arsia Regione Toscana e condotto da un gruppo di lavoro costituito da tre dipartimenti dell’Università di Firenze (Ingegneria Agraria e Forestale, Agronomia, Economia), dal Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione-Dagae dell’Università di Pisa, dagli Enti Tecnici delle Organizzazioni professionali (Iripa, Erata, Cipa-AT) e da Urbat. Per la Valdichiana, la superficie agricola utilizzata (Sau) irrigata del campione era di 316 ettari su una Sau irrigabile di 846 ettari (37%). Le colture arboree, quasi esclusivamente fruttiferi, occupavano il 4% della Sau irrigabile del campione, i seminativi il 21%, le ortive l’11% e le floricole meno dell’1%. Sul 59% della superficie irrigata del campione operavano i sistemi a pioggia (fissi 10%, mobili 1%, movimento continuo 34%, semoventi ad ala avvolgibile 14%) su seminativi, ortive e arboree. Sul rimanente 41% i sistemi localizzati (goccia con tubo 4%, goccia con manichetta 32%, spruzzo 5%) su ortive, arboree, seminativi e floricole».
Invasi privati e pozzi, troppa energia utilizzata. L’indagine ha messo in evidenza come «l’approvvigionamento dell’acqua, sempre autonomo, avveniva in gran parte da piccoli invasi aziendali (68%), pozzi (22%) e corsi d’acqua (10%), ricorrendo a pompe per la messa in pressione con una potenza installata totale sulle aziende campione stimata in circa 900 kW. Riguardo agli abbinamenti coltura/sistema irriguo sulla SAU irrigata, la microirrigazione a goccia con manichetta veniva praticata su orticole (26%) e seminativi (7%), con tubo su arboree (8%). La pioggia su seminativi (51%), orticole (6%) e arboree (2%). Nel complesso, sui 316 ha di Sau irrigata del campione sono stati distribuiti 507.287 metri cubi di acqua, per una media unitaria di 1607 m3/ha».
Gestione non corretta degli impianti, la microirrigazione ha maggiori sprechi. «Disaggregando il dato per metodo di irrigazione, si osserva che i volumi più elevati sono stati quelli microirrigui a spruzzo (2671 m3/ha), seguiti dalla goccia (1902 m3/ha) e dalla pioggia (1339 m3/ha)». Caratteristica comune anche ad altre aree della Toscana, ha portato a pensare che «tecnicamente, questo significa che i sistemi localizzati, potenzialmente efficienti, venivano utilizzati in maniera non corretta portando a inefficienze che invece si sarebbero potute evitare Ma nonostante sprechi di acqua anche molto elevati, il giudizio di autovalutazione prevalente sull’irrigazione aziendale è stato “buono” da parte dei titolari delle aziende agricole».
L’acqua di Montedoglio e la nuova agricoltura. Poi è arrivata l’acqua di Montedoglio e i prelievi vengono misurati. I dati forniti dal Consorzio 2 Alto Valdarno per il periodo 2012-2015 si possono interpretare alla luce dei risultati del progetto S.E.Agr.I.T. Pur non essendo ancora disponibili gli abbinamenti coltura/sistema di irrigazione, sembra confermato che i volumi unitari di adacquamento più elevati si abbiano dove è diffusa l’irrigazione delle arboree da frutto (Distretto 21), generalmente a goccia o spruzzo. Seguono le orticole (Distretto 7) e i seminativi (Distretto 1), dove prevale l’irrigazione a pioggia.
Acqua come elemento di valorizzazione di una coltivazione. «Spesso si delega ai sistemi ritenuti efficienti il compito di usare bene l’acqua – continua Ghinassi – ma questo non solo non è possibile, ma è anche un errore molto grave perché la prestazione di un sistema dipende soprattutto da come lo si usa. Il valore dell’acqua di qualità come elemento di valorizzazione di un prodotto agricolo per il basso impatto sull’ambiente probabilmente non è ancora compreso», commenta Ghinassi. «I dati del progetto di ricerca 2005-2007 dicono che fino a quel momento l’approvvigionamento di acqua per l’irrigazione era autonomo e proveniva in gran parte da pozzi e piccoli invasi, con oneri prevalentemente di tipo energetico legati alla messa in pressione dell’acqua. Non abbiamo molti dati sulla qualità di quell’acqua, ma ci risulta che non mancassero elementi di criticità. In generale, più la qualità è scarsa, più si tende ad utilizzare volumi maggiori per ridurre l’impatto sulla coltura. Ma alla lunga questo può portare a effetti collaterali anche gravi sulla coltura stessa, sul suolo, sulle falde, sui corpi idrici superficiali, sull’ambiente in generale».
Acqua di buona qualità, minori sprechi, minor impatto. «Con l’arrivo dell’acqua di Montedoglio, di qualità elevata, non dovrebbe essere più necessario utilizzare volumi eccedenti i fabbisogni reali. Il problema semmai sta nelle abitudini consolidate, sempre dure a morire. Per questo sarebbe opportuno un intervento diretto sull’utenza da parte degli Enti che operano sul territorio, affinché si sviluppi una consapevolezza fatta di sensibilità e competenza. Sensibilità verso la risorsa acqua e verso l’ambiente, competenza nella scelta dei metodi di irrigazione e nel loro uso efficiente, oltre che efficace. Ecco quindi che la scelta del metodo di irrigazione e, soprattutto, del suo uso, diventa fondamentale per l’impronta d’acqua, la water footprint, che sarà tanto più bassa quanto più elevata sarà l’efficienza d’uso dell’acqua di irrigazione».
Dal Consorzio il contributo per un’agricoltura di qualità. «Il Consorzio non è soltanto difesa idraulica del territorio e manutenzione ordinaria, ma anche stimolo per valorizzare e promuovere una agricoltura di qualità», commenta il presidente Paolo Tamburini. «Lavoriamo sui distretti irrigui per una agricoltura che punti su orticole e frutticole come pesche, mele e pere. Usare l’acqua di Montedoglio è un vantaggio non soltanto per la qualità, è quasi del tutto esente da nitrati e altri inquinanti come le atrazine, ma anche perché evita il depauperamento ambientale visto che in Valdichiana sono presenti qualcosa come 30/40mila pozzi. L’importante è che gli agricoltori operino una rivoluzione colturale e culturale e venga dato loro il supporto tecnico e scientifico necessario. Il Consorzio 2 Alto Valdarno è disponibile e pronto ad accettare la sfida e dare il proprio contributo».