La Compagnia il Cilindro per il dodicesimo anno organizza il Festival Europeo di Musica e Danza Popolare. L’appuntamento è atteso ma non scontato, e quindi un merito particolare va riconosciuto a tutti i componenti che si affaticano per molti mesi intorno a una serie di impegni logistici e burocratici la cui soluzione è ineludibile per poter ben ospitare oltre cento persone e allestire almeno due serate in altrettante piazze della Valdichiana. Quest’anno Foiano il 12 agosto, e Cortona il 13, alle ore 21,30, con il loro pubblico collaudato, faranno da palcoscenico per i 3 gruppi ospiti che vengono dal Belgio, dalla Repubblica russa del Kabardino-Balkaria e, domesticamente, da Termoli (CB).
L’espressione “Pas d’la Yau”, dalla quale ha tratto il nome il gruppo belga, significa “al di là dell’acqua” ed è anche la definizione colloquiale per il popolo che vive a nord del fiume Haine. Il gruppo, fondato nel 1983 in Quevaucamps, attualmente è composto da un centinaio di soci suddivisi in vari gruppi più piccoli che praticano danze, canti e musiche tradizionali di Vallonia e Fiandre.
Il gruppo folk nazionale della Repubblica autonoma russa Kabardino-Balkaria (situata ai piedi del Caucaso), è stato fondato nel 1988 da giovani talenti formatisi presso la National Dance School Nalchik. La cultura tradizionale di questa terra è di origine antichissima e si è formata nel corso di molti secoli. Il folclore è ricco e variegato e offre una molteplicità di danze che si rifanno alla vita reale del popolo, a volte vertiginose e appassionate, a volte dolci e liriche, altre volte del tutto gioiose. Uno degli elementi più caratteristici delle coreografie è il ballo sulle punte eseguito da uomini con un controllo perfetto sul proprio corpo.
Il Gruppo Folclorico Marinaro di Termoli ‘A Shcaffètte in Molise prende il nome dalla quota parte di pesce (‘A Shcaffétte) contenuta in un piccolo paniere di vimini, che spettava al pescatore dopo la giornata di lavoro. ‘A Shcaffétte è uno dei pochi gruppi in Italia ad esprimere il folclore tipico marinaro e ha ricevuto riconoscimenti non solo dal pubblico ma anche da studiosi di tradizioni popolari italiani ed europei. Invitato alla cerimonia ufficiale di apertura delle Universiadi di Zagabria (allora in Jugoslavia) nel 1987 in rappresentanza dell’Italia, ha ottenuto il primo posto tra 40 gruppi europei ed extraeuropei che eseguivano danze di lavoro, con la sua coreografia più rappresentativa: ” ‘U balle du Stremmature”.
Il Cilindro, che farà da cerniera fra i vari gruppi, ha una storia di oltre 40 anni e nel 2004 ha avuto la lungimiranza di pensare a una uscita dai confini locali autoassegnatisi (e che sono, peraltro, la sua stessa, nobile, ragione sociale), guardando alle esperienze culturali non solo italiane ma europee. Così, il Festival annuale è diventato il momento in cui la Compagnia osserva il mondo e si dichiara disposta all’accoglienza, allo scambio, alla conoscenza umana e sociale. Il Festival è un’indagine molto efficace sullo spirito dei popoli eseguita mediante lo strumento dell’arte, ma anche una fonte di ispirazione e di miglioramento. Da alcune edizioni, infatti, l’esibizione del Cilindro non è più una semplice sequenza scollegata di canti e balli preceduti da un annuncio, è diventata piuttosto un happening in cui, ai canti e ai balli della nostra terra si affianca la recitazione. La sensazione dello spettatore è quella di una drammaturgia in atto, di una vera e propria messinscena che attinge, più o meno consapevolmente, a modelli di maggior respiro e fama, come Monticchiello per esempio, il quale nel suo Teatro Povero da sempre spreme la modernità dentro il setaccio della tradizione locale. Di questo nuovo approccio ideato dal Cilindro – e dai componenti giovani in particolare – beneficia la comprensione tanto dell’antico che della modernità, lo spettacolo che ne sorge non è una effimera e antiquaria rianimazione di tradizioni già morte, cosa che sarebbe perfettamente inutile, ma la perpetuazione delle stesse attraverso procedure espressive più coinvolgenti e vitali. Quest’anno il tema era quasi obbligato: il cibo. Ossessione e feticcio dell’uomo contemporaneo e notizia di prima pagina fin dal giorno dell’inaugurazione dell’Expo di Milano, l’atto del mangiare, il cibo e la sua preparazione saranno affrontati dal Cilindro nel loro valore storico e antropologico su un palco che ricostruirà virtualmente i suoni, i colori e gli odori di un mercato di paese di 30, 50, 100 anni fa.