Riceviamo e pubblichiamo la lettera che Elena, moglie di Fabrizio Meoni, ha scritto in previsione della mostra che verrà inaugurata domenica prossima a Castiglion Fiorentino, dedicata al ricordo del marito scomparso
Sono passati 10 anni dalla “nascita” al cielo di mio marito Fabrizio Meoni. Sentirlo ancora vivo e in mezzo a noi, mi fa immensamente piacere. Penso sia giusto ricordarlo perché, senza peccare di modestia, dovremmo tener viva nella memoria la testimonianza di una persona di tale spessore morale. Fabrizio ha sempre amato il suo territorio e la sua gente, orgoglioso di essere di Castiglion Fiorentino.
Per i suoi meriti e, grazie a lui, questa città è stata conosciuta nel mondo.
Un chiaro e forte senso di appartenenza lo ha dimostrato anche rimanendo sempre fedele al nostro locale Moto Club, proprio quel Moto Club che oggi porta con orgoglio il suo nome.
Tocca a noi non dimenticare il suo magnifico esempio di vita, promuovendo iniziative che possano servire da stimolo per le generazioni future e, non dimenticare mai il bene che, direttamente o indirettamente, ha fatto a questa città.
Il mio affettuoso ringraziamento va a tutti coloro che si sono adoperati alla realizzazione di questa Mostra con tanta passione, forza ed impegno.
Questo evento ci permetterà di continuare le azioni di solidarietà iniziate da Fabrizio, portando avanti progetti che donano speranza agli ultimi, quelli che abitano le periferie dei nostri interessi.
Un sentito grazie lo porgo ancora a coloro che daranno il loro generoso contributo con l’acquisto delle foto esposte. I ricavi realizzati serviranno a consolidare i progetti della “Fondazione Fabrizio Meoni Onlus”.
Se avrete pazienza di leggere, proverò a spiegarvi chi era Fabrizio Meoni e perché aveva scelto di offrire il suo sostegno ai bambini dell’ Africa.
Alcuni di voi, amici, colleghi, appassionati di moto, hanno conosciuto un aspetto del suo carattere. Noi familiari, avendo condiviso tanto insieme a lui, siamo i primi testimoni della sua vita.
Fabrizio è stato un uomo completo, affidabile e vero sotto tanti punti di vista. Un uomo che guardava molto alla sostanza dei fatti e pochissimo all’apparenza.
Vedeva nella famiglia il fulcro della società ed aveva un grande amore per essa e per i suoi figli in particolare.
Quando era a casa, come diceva lui, “faceva per tre” avendo cura di noi e riservando grande attenzione alla qualità del tempo trascorso insieme.
Aveva gran senso dell’ humour, era sempre scherzoso, sorridente, ed anche nelle difficoltà sdrammatizzava sempre. Ancora oggi, quando devo affrontare problemi importanti, ritorno a lui con la memoria, penso a cosa avrebbe fatto, a come avrebbe reagito… e così vado avanti.
Metteva grande e costante impegno nel lavoro nel quale credeva, e dal quale cercava di trovare i mezzi materiali che gli consentivano di dedicarsi alla sua vera passione: l’amore per la “moto”.
Le gare motociclistiche lo hanno portato spesso lontano da casa, ma anche a distanza, l’amore familiare lo ha ogni volta sostenuto ed incoraggiato. Lo abbiamo sempre appoggiato per dargli tutta la serenità possibile, necessaria per affrontare gare a così alti livelli.
Per conseguire i massimi risultati sportivi nel mondo dei Rally (tra cui le due vittorie consecutive alla Paris-Dakar), ha dedicato ben 14 anni della sua vita, facendo immensi sacrifici ed impegnandosi costantemente con tenacia.
Il suo carattere determinato, grintoso, ostinato, unito ad un po’ di fortuna e all’allenamento continuo, senza mai un segno di resa nonostante le avversità, gli hanno permesso di raggiungere i massimi risultati nel suo sport, diventando il numero UNO al Mondo.
Fabrizio è stato, e credo rimarrà per sempre, un esempio positivo di grande sportivo con una fortissima carica di umanità. Non dobbiamo dimenticarlo, per noi e per i nostri giovani.
Le odierne e future generazioni, di sportivi e non, dovrebbero tener presente la sua testimonianza. Un uomo, campione di grande lealtà sportiva e di correttezza, un uomo che ha saputo arrivare in cima senza ricorrere a scorciatoie o, all’uso di sostanze dopanti.
In una società smarrita e senza più “memoria”, tocca ad ognuno di noi, soprattutto ad ogni castiglionese, la gioia, l’orgoglio e l’impegno di mantenere vivo il ricordo di Fabrizio Meoni.
Ogni figlio, ogni giovane, dovrebbe conoscere ed apprezzare il messaggio di un ragazzo comune, semplice, ma determinato; un ragazzo che con fatica è riuscito a trasformare in realtà il suo sogno per la moto facendo salire, lui e il suo paese, sull’olimpo del mondo.
Per me, come per molti, la sua eccezionalità sta nel fatto che, nonostante la sua fama sportiva, è sempre rimasto una persona genuina e attenta nei confronti del prossimo.
L’Africa, i Rally, ma non solo: Fabrizio si commuoveva ogni volta di fronte a quei bambini e ragazzi africani che mancavano di tanto, ma mai di sorrisi!
Amava ripetere: “se nasci in mezzo alle dune, alla sabbia, il tuo destino terreno è già segnato”… da qui il suo desiderio di aiutare.
Proprio nella “sua Africa”, come ben sapete, si è concretizzata la sua solidarietà.
Fabrizio, riservato come era, mai avrebbe voluto far conoscere le sue opere di bene, ma l’amore per il suo “padre spirituale”, Arturo Buresti, lo convinse ad “aprirsi” diventando testimone al servizio degli ultimi, dei più poveri.
Padre Arturo gli diceva: “tu sei famoso, ed il buon esempio può essere utile per chi non ha voce, per coloro che non hanno nessuno che li aiuti a far valere i propri diritti”.
E’ stato vero. Moltissime persone, come tante gocce, si sono unite per formare un mare di solidarietà.
Il mondo ha bisogno di buone notizie che coinvolgano ed aggreghino. Servono persone che, accomunate dagli stessi valori, si uniscano per migliorare le condizioni dei più deboli.
Certo, per me è dura accettare la morte di mio marito, l’uomo con il quale sono cresciuta, e spesso mi interrogo su come devo spendere la mia vita. Sicuramente a far la mamma nel migliore dei modi, ma, pensando a lui, mi sembra non sia abbastanza. C’è una domanda che sempre mi ripeto: dalla morte di Fabrizio, quale impegno possiamo prendere e cosa possiamo fare di positivo, noi, affinché il suo dramma non sia stato vano?
Dal punto di vista della famiglia e della solidarietà è tutto abbastanza chiaro.
Invece mi chiedo: riguardo alla sicurezza di questi Rally e per i piloti, si sta facendo tutto il possibile? Le aziende investono in ricerca per la sicurezza? Fanno il massimo per evitare che si ripetano morti del genere?
Oppure l’uomo viene ancora messo in secondo piano pensando solo alla ricerca dei profitti, per poi piangere a fatto compiuto?
Vorrei che le aziende e i piloti lavorassero in squadra, che si prodigassero uniti per arrivare al top degli standard di sicurezza.
Se ciò servisse anche a salvare una sola vita sarebbe stato raggiunto lo scopo, senza dover versare altro sangue invano.
Fabrizio a volte diceva: “morire facendo ciò che ami… è bello!”.
Dio vuole che ognuno metta a frutto i propri talenti e che si realizzi come persona.
Lui ha vissuto una breve, ma piena esistenza, quella di uomo generoso, leale, attento e rispettoso: vorrei che la sua luce non andasse dimenticata.
Elena Cerini Meoni