Sulla Menchina si potrebbero scrivere di getto tante cose: che era buona, che per tutti era una madre, una sorella, un’amica, una complice. Ogni persona che l’ha conosciuta ha certamente nel cuore una storia, un episodio, un momento della sua vita in cui la presenza della Menchina le è stata di sostegno e di aiuto. E’ tutto vero, ma la sua carica umana non era che un tassello di una personalità molto più complessa e articolata, che la vita professionale e sociale ha consentito di esprimere in maniera piena ed evidente.
La Menchina è nata come ostetrica condotta, e già nei primi anni della sua attività, al di là delle competenze professionali, esprimeva quella marcia in più che la rendeva un sicuro punto di riferimento per svariati problemi delle donne e delle loro famiglie. Manifestava già quella che oggi si chiama comunemente “empatìa”, cioè capacità di rendersi emotivamente ed umanamente partecipe degli stati d’animo del suo interlocutore, tanto da trasmettere istintivamente fiducia e speranza per una possibile soluzione del problema.
Ma la Menchina non si limitava a saper ascoltare, comprendere e trasmettere fiducia. No, lei agiva, e sapeva agire. Energica, pratica, concreta. Con la cessazione delle condotte ostetriche, è entrata nei servizi sanitari comunali, e successivamente alla USL. E’ entrata in un momento di transizione, quando c’era da riorganizzare la sanità territoriale: i dirigenti disponevano, lei dal suo studiolo dove ora sono i Vigili urbani cercava di far partire tutto un ingranaggio complesso e per certi versi farraginoso che la costringeva a dover mediare fra Medici condotti, Ufficiale sanitario, Servizi sociali, Scuole, Amministrazioni pubbliche e quant’altro. Organizzò in prima persona la Guardia medica comunale, con sede nel suo ufficio (e dove sennò?), trovò i medici che occorrevano convincendoli con telefonate piene di frasi dolci e appellativi affettuosi, ricostituì la Medicina scolastica non solo dalla cabina di regia, ma partecipando in prima persona alle visite e tranquillizzando con il suo sorriso i bambini un po’ più irrequieti e timorosi. La stessa cosa riusciva a fare somministrando le vaccinazioni: sapeva mettere a proprio agio bambini e genitori.
Per lei i mansionari e le “competenze” erano aria fritta: quando riteneva che un’iniziativa fosse utile, si impegnava con tutta se stessa per realizzarla, a costo di scontrarsi col mondo intero. Un esempio per tutti: in un paese distante dagli ospedali e con popolazione prevalentemente anziana fare le analisi del sangue significava sottoporsi a lunghi e disagiati spostamenti; idem per ritirare le risposte. Bene, in meno di un mese riuscì a trovare la collaborazione del Responsabile del Laboratorio Analisi e della dirigenza dell’allora USL 24.
E tutti i venerdì mattina lei stessa, accompagnata da un’infermiera, prendeva la Panda di servizio
e si recava a fare i prelievi. Il venerdì successivo riportava i referti. Pioggia, neve o vento. Senza guadagnarci in denaro, ma con l’intima soddisfazione di aver realizzato qualcosa di utile per gli altri. La Menchina era così, e di episodi altrettanto belli molte persone potrebbero essere testimoni.
Si è impegnata molto anche nella prevenzione oncologica, e a questo riguardo si può dire che il destino è stato crudele con lei, colpendola proprio con questa malattia in uno dei suoi affetti più cari. Un immenso dolore che ha condizionato in modo importante il resto della sua vita.
Ma nel nostro animo resta l’immagine della Menchina attiva, instancabile, determinata, ma anche sensibile e affettuosa, e comunque insostituibile punto di riferimento per tutti, colleghi o persone comuni, che hanno avuto la fortuna di incontrarla lungo la loro strada.
Giuseppe Ruggiu e CALCIT Valdichiana
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Grazie Menchina.